Esce “La piramide”, raccolta di duetti tra l’ex Denovo e molti suoi amici e colleghi. L’ultima registrazione di Battiato tra Carmen Consoli, Mario Venuti, Enrico Ruggeri, Patrizia Laquidara, Morgan, Jò Giovanardi, Brando Madonia e Giada Colagrande. «È il disco della vecchiaia» scherza l’ “alieno”. I retroscena del progetto

«Tutto è nato da un brano scartato al Festival di Sanremo» racconta Luca Madonia, seduto nel divano della sua villa a Catania, parlando dell’album “La piramide” che uscirà in digitale il 29 novembre e in fisico a metà dicembre. «Avevo scritto un duetto per Giada Colagrande, una cantante che mi aveva incuriosito ascoltandola in un disco esoterico. Giada è anche un’attrice ed è la moglie dell’attore americano Willem Dafoe. Il brano venne presentato due anni fa a Sanremo». Una canzone perfetta per il pubblico dell’Ariston, con un crescendo coinvolgente e un ritornello arioso e un po’ ruffiano. Insomma, come si suol dire, un brano “sanremese”, fatto apposta per l’orchestra. «Ero riuscito ad arrivare fino all’ultima scrematura, quando ne erano rimasti trenta fra cui scegliere i ventidue concorrenti per la sezione “big”» prosegue l’ex Denovo. «Alla vigilia della comunicazione della lista dei cantanti in gara, mi chiama Claudio Baglioni: “Non ti voglio lasciare in ansia… sei fra gli otto scartati. Mi spiace, ho fatto di tutto, ma…”». E quel “ma” continua ad amareggiare Madonia: «Fu Salzano a farmi fuori, perché voleva soltanto i suoi artisti e io non facevo parte della sua scuderia» si altera, scostandosi per un attimo dal suo classico aplomb inglese.

Poi c’era l’idea di riprendere il brano “Quello che non so di te”, registrato con Franco Battiato nell’album “Parole contro Parole” nel 2008, sul quale Luca Madonia ha un altro aneddoto da ricordare: «Io e Franco stavamo rientrando proprio da Sanremo, dove avevamo partecipato con “L’alieno”. All’aeroporto di Genova ci ferma un fan di Franco e comincia a cantargli: “Guarda come stai cambiando, non hai più la stessa luce e il tempo se ne va…”. “Ma questa non è mia” sbotta ridendo Franco. “È di lui”, e indica me».

Adesso i duetti sono due. Ed entra in campo la famiglia: i figli Brando e Mattia e la moglie Daniela spingono Luca a farne altri per realizzare un album. «Perché no?» si chiede l’ex ragazzino che inseguiva il sogno dei Beatles. «Questo è il disco della vecchiaia» ride. «Dopo trentotto anni di carriera, mi solleticava l’idea di mettere insieme tutti i miei amici, i miei compagni di avventura, per duettare con loro senza pensare al mercato, alle classifiche, alle radio. Solo per divertimento». Non un disco di featuring, come va di moda oggi fra trapper e interpreti pop. Ma un album di duetti come si facevano una volta. Come quelli di Mina a “Studio Uno” con i suoi ospiti musicali e non.

La cover dell’album

Un’opera ambiziosa e piena di interrogativi. «Accetteranno il mio invito?» si chiedeva Luca. Che due inverni fa comincia a scrivere otto dei dieci brani che sarebbero andati a comporre il disco. Poi bisognava scegliere la voce giusta per ciascuna canzone. «I primi due pezzi li ho inviati a Enrico Ruggeri» ricostruisce l’artista catanese. «Chiesi di scegliere quello che gli sembrava più congeniale alle sue corde. Mi rispose immediatamente: “Te li posso fare tutti e due? Uno come Ruggeri, l’altro come Decibel”». Il primo è “Allora fallo”, uscito a fine settembre per annunciare l’arrivo dell’album. Un brano brioso, ironico con una ritmica tagliente e ballabile dai rimandi ai Denovo. “I desideri non cambiano” è il titolo del pezzo registrato con i Decibel, una marcetta dall’incedere marziale che ricorda le fascinazioni metropolitane della band di Ruggeri.

«Confesso che non mi aspettavo una reazione così entusiasta. Poteva dirmi di no» si meraviglia ancora oggi. E, invece, non solo Enrico Ruggeri, ma nessuno declinò l’invito. Perfino il sofferente Franco Battiato non si è tirato indietro, registrando due anni fa la sua voce nella nuova versione di “Quello che non so di te”, che qui risuona come una canzone dell’Equipe 84. «Ho voluto appositamente creare un clima da anni Sessanta per tutto l’album» spiega Madonia. Così le atmosfere musicali vintage alla Ritz Ortolani o il primo Ennio Morricone, o le grandi orchestre s’intrecciano con il beat e, naturalmente, con i Beatles. Classico e contemporaneo nello stesso tempo.

Beatlesiana è “Canzone semplice”, che come indica il titolo si basa sulla semplicità di una chitarra acustica e di due strepitose voci, quella vibrata di Carmen Consoli e quella potente e brillante del padrone di casa. “Proveremo a capire e anche a rispettare” cantano. «È una canzone su un rapporto a due, ma può avere un valore generale in un’era come quella nella quale viviamo, quando l’odio e la violenza prevalgono sul rispetto e sull’amore». È l’abilità di Madonia: essere profondo con leggerezza.

La speranza che i tempi possano cambiare è cantata in “Guarda che scorre”, con la quale Luca riporta negli anni Sessanta Mario Venuti e torna a incrociare la sua voce con il compagno di quell’avventura che li lanciò sulla scena musicale nazionale e che gettò il seme della “Catania Seattle d’Italia”, ovvero i Denovo. «Eravamo seduti su questo divano come in questo momento io e te, ascoltando il disco: “Questo è il miglior album che hai fatto”, mi disse Mario» ricorda Luca. «Abbiamo parlato molte ore quella sera. A Mario ho prospettato l’idea di tornare a fare qualcosa assieme. Magari soltanto noi due. Ma non ho ricevuto una risposta» confessa dolente. «Siamo ormai vecchi, abbiamo avuto tutto dalla vita. Era impossibile pensare che un bambino nato a Catania innamorato dei Beatles riuscisse a realizzare il sogno di fare musica, che poi è diventato un mestiere, dieci anni bellissimi con la band, ventotto da solista… Mi sento un privilegiato. Anche perché ne ho visti tanti sparire lungo il percorso, gente anche molto brava… Per cui stare qui a parlare di un disco nuovo, va bene, va benissimo. Con questa esperienza ho potuto constatare come ancora oggi i Denovo siano amati e stimati». E sarebbe davvero emozionante portare in teatro la storia della band catanese in note e parole, raccontando anche uno squarcio di quella Catania raggiante con i suoi protagonisti.

Tra i fan della band catanese che alzò in alto la bandiera del rock tricolore negli anni Ottanta c’è quel folletto di Morgan. L’ex Bluvertigo è anche l’unico ospite a co-firmare il brano che interpreta e suona. «Mi aveva chiesto di poter curare l’arrangiamento degli archi e di riscrivere la strofa che canta, mi è sembrato giusto che la sua firma apparisse accanto alla mia» spiega Madonia. «Morgan, al di là della sua vita privata che non mi interessa, è davvero un genio, e il suo ruolo è stato importante in “Io che non ho sognato mai”». Che è il singolo che accompagnerà l’uscita dell’album. Una canzone con l’orchestra per protagonista, molto vintage, che può richiamare “Vacanze romane” dei Matia Bazar.

«L’orchestra di sedici elementi è il valore aggiunto dell’album» tiene a sottolineare Madonia. «Ma è stato fondamentale anche il contributo del fido Denis Marino, che ha partecipato agli arrangiamenti, e di Michele Musarra».

Luca Madonia e il figlio Brando

È un tuffo nella new wave del rock italiano “Avrei bisogno”, intellettuale e minimale, raffinata e complessa, intima e acustica, quasi sussurrata in compagnia di Mauro Ermanno “Jò” Giovanardi dei La Crus. Il brano si riallaccia al titolo dell’album ispirato alla “Piramide dei bisogni” dello psicologo statunitense Abraham Maslow. «Lo studioso, con uno dei modelli più interessanti e dibattuti degli ultimi decenni, crea una gerarchia dei bisogni che determinano la crescita e la formazione dell’uomo durante tutta la sua esistenza» spiega l’“alieno” del Sanremo 2011. «La musica e tutto ciò che vi ruota intorno ma anche la vita, la conoscenza, la salvezza, la maturità, la realizzazione personale nei rapporti umani fanno parte dei miei bisogni e tutto questo si ritrova nelle canzoni del mio nuovo lavoro. Ma “La Piramide” è intesa anche come simbolo di elevazione, come speranza di illuminazione per raggiungere vette più alte e così capire meglio la nostra condizione terrena».

L’orchestra riesplode splendida nella magistrale “Casomai”, valorizzata dalla voce di Patrizia Laquidara che rende sensuale una stupenda linea melodica che riporta alle colonne sonore dei film italiani anni Sessanta. «Per questo brano ho voluto un arrangiamento che richiamasse la Mina di “Studio Uno”» spiega Madonia. E un grande lavoro di orchestrazione regge anche “A volte succede”. A duettare con Luca non c’è un “big”, o almeno ancora non lo è, ma è una persona importante nell’album dei bilanci: il figlio Brando, una volta alla guida dei Bidiel. «Mi sembrava un testo adatto a un dialogo tra padre e figlio». “Dammi la mano se il mondo ci cade addosso”, cantano insieme a sancire il senso di tutto l’album: l’amicizia, l’amore, l’unione. Mettere da parte gli egoismi per raggiungere un obiettivo comune che sta in cima a quella “Piramide dei bisogni” che è raffigurata sulla copertina dalle mani che s’intrecciano: la Bellezza.

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