Non solo Mike Westbrook che dedica a Catania il suo nuovo album e lo presenta in prima mondiale il 15 novembre al Teatro Abc per festeggiare i 35 anni della rassegna Catania Jazz: la città etnea è da sempre la musa per gli artisti delle note, a partire da Lang Lang. Ma sono Palermo e Messina le città che hanno ispirato di più

La Sicilia è storicamente fonte di ispirazione nel jazz. Per l’ospitalità: fino a non molto tempo fa ogni città aveva una sua rassegna. Per le forti emozioni che le sue bellezze naturali e la sua storia millenaria riescono a trasmettere ai musicisti. Una delle composizioni più famose al mondo che omaggiano l’Isola è stata scritta dal jazzista Chick Corea. Sin dal titolo, “Sicily”, il pianista statunitense (di origine calabra per parte paterna, messinese dal lato materno) ha voluto lasciare una dedica, raccolta anni dopo da Pino Daniele, che avrebbe aggiunto un testo, trasformando il brano in una serenata all’Isola in bilico tra jazz, bossa nova e aromi mediterranei. Nella nuova veste, “Sicily” fu ripubblicata nel 1993 nel disco “Che Dio ti benedica” del “Nero a metà” (con lo stesso Corea al pianoforte) ed alla canzone fu assegnata la Targa Tenco. Altro pianista folgorato dalla Sicilia è Stefano Bollani. Nell’album doppio “I visionari” del 2006 è contenuto, infatti, il brano “La Sicilia”. «In realtà, avevo scritto il pezzo nell’autunno del 1994 – ricorda l’artista – Era la prima volta che venivo in Sicilia ed ero ancora sull’aereo ma l’emozione suscitatami dalle aspettative e dalla visione delle coste me lo suggerirono di getto e da allora lo suono spesso».

SICILIA & JAZZ. Palermo e Catania sono state e ancora lo sono le capitali siciliane del jazz. Sulla sponda occidentale il Brass Group, su quella orientale Catania jazz, che proprio quest’anno festeggia 35 anni di attività. E per sigillare questo traguardo, il 15 novembre al Teatro Abc di Catania (e il giorno dopo al Golden di Palermo) la storica rassegna etnea aprirà la nuova stagione con la prima mondiale del disco del musicista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra Mike Westbrook. Il disco, un doppio album, appena uscito, s’intitola “Catania – Live in Sicily 1992” e vuole essere un omaggio alla città che gli dedicò un intero festival.

Westbrook: «Ricordo ancora un concerto al Giardino Bellini a Catania: dovette intervenire la polizia per allontanare la gente che continuava a chiedere bis».

«Il mio amore per Catania risale alla metà degli Anni Ottanta» tiene a sottolineare l’ottantaduenne musicista inglese. «Ricordo ancora il concerto all’aperto nel Giardino Bellini con la Brass Band. In quella serata il feeling con il pubblico fu istantaneo ed esuberante, tant’è che dovette intervenire la polizia per allontanare la gente che continuava a chiedere bis». Fu allora che nacque l’idea di un bis in Sicilia. «Pompeo Benincasa e Marcello Leanza di Catania Jazz raccolsero i finanziamenti necessari per organizzare un evento ambizioso: furono coinvolti 25 musicisti, oltre al team di produzione, una dozzina di giornalisti, e la pubblicazione di un libro per accompagnare il festival. Inoltre i concerti erano gratuiti per il pubblico – racconta Westbrook – . L’orchestra in quel momento era al culmine e vantava una delle sue line-up più forti. Era un periodo in cui eravamo in tournée nel Regno Unito e in Europa con la Big Band Rossini, culminata in un concerto di Albert Hall nei BBC Proms. Seguì una stagione da Ronnie Scott e la registrazione dell’Orchestra di Smith’s Academy al Crawley Jazz Festival».

Il Festival si svolse nei giorni tragici e luttuosi delle stragi di mafia. «L’Italia era scioccata dall’assassinio dei giudici Giovanni Falcone il 23 maggio a Capaci e Paolo Borsellino il 19 luglio in via d’Amelio», ricorda Westbrook. «In tutta la Sicilia gli eventi pubblici erano stati cancellati. Con un coraggioso gesto di speranza e di solidarietà contro l’umore diffuso di disperazione, l’Associazione Catania Jazz decise di portare avanti il ​​festival. Per motivi di sicurezza non si poté utilizzare la sede prevista, l’anfiteatro di Roccanormanna di Paternò. All’ultimo momento si scelse la terrazza all’aperto del secondo piano di un palazzo di via Crociferi, nel cuore storico della città, che ha alcune delle più belle architetture barocche in tutta la Sicilia. Pompeo e Marcello e i loro amici trasformarono la terrazza in uno spazio magico, aperto al cielo notturno, con palcoscenico, suono e luci eccellenti, un superbo pianoforte a coda, un piccolo bar e il lontano rumore del traffico dalle strade sottostanti. La scoperta dei nastri del festival mi ha consentito di catturare parte della gioia e dell’energia della musica e dell’atmosfera di amicizia generata da quell’evento molto speciale. Catania mi ha fatto il miglior regalo che un compositore abbia mai avuto. Sarò eternamente grato».

PRECEDENTI. Finora soltanto Palermo aveva avuto l’onore di leggersi sulla copertina e sulle note di un album: accadde nel 2007 e la dedica arrivò dal jazzista statunitense, di origine portoricana, Eddie Gomez, tra i più importanti contrabbassisti del mondo. «Brano e disco sono del 2006 – racconta Gomez – Avevo già suonato a Palermo ma in quell’autunno, durante le lunghe sedute di registrazione, ho conosciuto più a fondo la città. Mi ha colpito l’atmosfera generale, i colori vivissimi del centro storico, la Vuccirìa, il fascino di vicoli, piazzette, botteghe, trattorie e bancarelle. Una tavolozza di immagini, suoni ed emozioni a cui un artista non può restare indifferente».

Peter Cincotti: «Sono di origini italiane ma non siciliane eppure Palermo m’è venuta inspiegabilmente in sogno».

Anche il pianista e cantante newyorchese Peter Cincotti, stella del pop-jazz internazionale, ha intitolato una canzone al fascino della città. «Sono di origini italiane ma non siciliane – dice Cincotti – eppure Palermo m’è venuta inspiegabilmente in sogno». L’anno scorso ha voluto ambientare il video di “Palermo” suonando sulla spiaggia di Mondello, la stessa sulla quale due anni fa Raphael Gualazzi faceva ballare Carmelina in “Mondello beach”.

Catania, dal suo canto, può vantare una composizione di Howard Shore, vincitore di tre Oscar, quattro Grammy e tre Golden Globe, la cui musica è stata una presenza crescente nelle sale da concerto di tutto il mondo, con i suoi punteggi sinfonici per la trilogia de “Il Signore degli Anelli”. L’opera conclusiva dell’album “A Palace Upon the Ruins – Selected Works” (2016) s’intitola, appunto, “Catania” ed è una poesia celebrativa per pianoforte solo scritta per il matrimonio di amici e affidata alle dita e al genio di Lang Lang, uno dei pianisti più famosi al mondo.

«Catania è una città musicale», scriveva Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia” a metà degli Anni Cinquanta. Villa Pacini si racconta abbia ispirato “I vecchi” di Claudio Baglioni; Franco Battiato e Vincenzo Spampinato hanno dato più volte uno sguardo alla loro realtà circostante, persino gli svizzeri Yello (gruppo popolare negli anni Ottanta con brani come “Oh Yeah” e “The Race”) dedicarono una loro composizione a un misterioso Otto di Catania. Senza dimenticare “Ma non ho più la mia città” di Gerardina Trovato e i continui riferimenti di Carmen Consoli, che ha dedicato una canzone pure a Palermo (“Esercito silente”).

Mark Knopfler: «Ero in un tour in Europa e Bob Dylan era stato a Taormina poco prima che arrivassi anche io. Ho soggiornato nella sua stessa stanza d’albergo. Non so se sarei riuscito a scrivere “Lights of Taormina” senza quell’esperienza»

LE STAR E IL VULCANO. Dalla parte della città etnea il fascino esercitato dal vulcano, davanti al quale si sono inchinati anche divi del rock. La leggenda racconta che Bob Dylan rimase ipnotizzato dall’Etna. Al termine del suo concerto al Teatro Antico nel 2001, pretese di restare all’Hotel Timeo, l’albergo accanto al teatro, invece di rientrare nel resort di Mazzarò dov’era alloggiato. Rimase tutta la notte sdraiato nel terrazzino con una cena fredda e un paio di birre ad ammirare il vulcano in eruzione. Nel 2013 lo imitò uno dei suoi allievi e amici, Mark Knopfler. Questa volta però la sosta all’ombra del vulcano ispirò all’ex chitarrista dei Dire Straits una canzone: “Lights of Taormina”. «Ero in un tour in Europa – ha detto al “The Australian” Knopfler – e Bob era stato a Taormina poco prima che arrivassi anche io. Ho soggiornato nella sua stessa stanza d’albergo. Era una suite accanto al Teatro. Sono stato sul balcone per molto tempo dopo che mi ero esibito e ho pensato a un sacco di cose. Allora la mattina dopo ho letto qualcosa che diceva che Bob aveva trascorso anche lui molto tempo su quel balcone. Sapevo solo che aveva vissuto lo stesso tipo di esperienza. Non so se sarei riuscito a scrivere quella canzone senza quell’esperienza». La canzone è inserita nell’album “Tracker” del 2015. Senza dimenticare “Different World (Taormina.Me)”, la canzone dei Simple Minds.

Il Gigante Etna è stato fonte di ispirazione anche per il compianto Lucio Dalla, che acquistò anche una casa a Milo, Cesare Cremonini, Frankie hi-nrg e Francesca Michielin. “Miss Etna” è una composizione di Joe Lovano, gigante del sax nato nell’Ohio ma il cui padre era di Alcara Li Fusi. «Scrissi il brano nel 1981 – ricorda Lovano – Ero in tour a Messina con la band di Paul Motian e il vulcano mi apparve subito come simbolo di quell’energia che ho sempre cercato di mettere nella mia musica. Che sia quieto o in eruzione, ogni volta l’emozione si rinnova e aumenta l’orgoglio per le mie radici siciliane».

PALERMO LA CITTÀ PIÙ CANTATA. In Sicilia resta, tuttavia, a Palermo lo scettro di città regina nella canzone italiana, secondo la classifica stilata dal sito Holidu in collaborazione con Musixmatch, il più grande catalogo mondiale di testi musicali. Lo studio rivela che la città di Palermo è stata cantata ben 340 volte, preceduta sul podio da Napoli, al terzo posto con 1062 canzoni, Milano, al secondo posto con 1893 canzoni, e la capitale Roma che detiene il primato assoluto con ben 3078 canzoni. A sorpresa si piazza all’undicesimo posto Messina con un palmarès di firme celebri: Roberto Vecchioni, Lucio Dalla, Franco Battiato, Mario Venuti, Tony Canto, Samuele Bersani, Articolo 31, Gens, Üstmamò e persino Marco Ferradini, l’autore della celebre “Teorema”, che nel 2006 s’immaginava “Il Ponte di Messina”: «Guardavamo il traffico sul ponte di Messina, aria di salsedine, polvere e benzina. Sulla sabbia sentivamo calde onde infrangersi, dentro noi lo scorrere vita inarrestabile», il tutto descrivendo la “scia” di delfini e gabbiani, l’estate di oleandri e gelsomini, Scilla “sotto le stelle”. Invece Catania, a dispetto della sua leggenda di Seattle d’Italia, si piazza al quindicesimo posto, poco prima di Terni e di Monza!

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