«Alza un po’ il volume prima che torni la nostalgia» consigliava Mario Venuti sul finire dell’album “Motore di vita”, «disco orgogliosamente pop», come lo definì a suo tempo l’autore, pubblicato nel 2017. Due anni dopo, la nostalgia è tornata a galla con “Soyuz 10”, decima opera dell’artista siciliano in uscita il 31 maggio per i tipi della Mescal. È la nostalgia del futuro, come recita il brano che chiude malinconicamente l’album. Nostalgia di un mondo nuovo, fatto di suoni, parole e sentimenti del passato. “Se io coi miei migliori giorni / potessi ricomporre il calendario / commetterei il peccato / di fare del ricordo l’unica via / Ma è meglio aver vissuto un’ora di pura magia che lunghi anni” canta. E tre quarti d’ora di pura magia è “Soyuz 10”, sorta di manifesto di un artista che può forse essere definito l’ultimo dei vecchi e il primo dei nuovi cantautori. Dei vecchi ha il rigore e il gusto per l’armonia, dei secondi il respiro contemporaneo nella musica e nei contenuti. Grazie al lavoro adolescenziale con i Denovo, l’esperienza accumulata a 55 anni è un po’ quella di due vite, sbocciate nella fumosa età di mezzo del giro del Millennio, quando arte e tecnologia si confondevano in un melting pot non del tutto risolto.

Mario Venuti: «Di fronte a questo scenario politico, culturale, umano, mi trovo davanti a un bivio. Meglio ritirarsi in buon ordine nel privato, nelle piccole certezze che ci siamo costruiti negli anni? Oppure armarsi per una battaglia senza esclusione di colpi, qualcosa che odori di eroismo, contro la barbarie che ci troviamo di fronte?»

Nostalgia del futuro. Per un mondo semplice e primitivo, quando non si era ancora schiavi del computer: “Ormai è impossibile disconnettersi” canta nel brano “Il vaso di Pandora”, potente elettropop che apre l’album. Mentre in “Ciao cuore” reggatta denunciando la perdita di sentimento nel mondo odierno: “Fu così che cominciò senza accorgercene il tempo dei senza cuore”. L’era dei porti chiusi, degli haters, delle vampate d’odio e razzismo. Le ombre nere che si allungano dopo il voto delle Europee sull’Italia e che disorientano Mario Venuti: «Di fronte a questo scenario politico, culturale, umano, mi trovo davanti a un bivio. Meglio ritirarsi in buon ordine nel privato, nelle piccole certezze che ci siamo costruiti negli anni? Insomma dire: andate a fanculo, popolo di cialtroni! Oppure armarsi per una battaglia senza esclusione di colpi, qualcosa che odori di eroismo, contro la barbarie che ci troviamo di fronte?» si chiede su Facebook.

Nostalgia del futuro anche nelle musiche. Negli arrangiamenti orchestrali, nella ricerca dei suoni. Nella brillantezza dei fiati, nel romanticismo dei violini. Nei richiami alla tradizione della grande canzone d’autore nazionale, da Gino Paoli a Umberto Bindi nell’atmosfera anni Sessanta di “Siamo fatti così”, o del clima anni Ottanta nella costelliana e ironica “Un nuovo tipo d’amore”, nella chitarra alla The Edge che graffia “L’essenza”, altra perla scritta a sei mani con il fido Kaballà (che firma i testi di quasi tutti i brani) e Francesco Bianconi. «È un inedito, non è un brano scartato durante le sessions per “Il tramonto dell’Occidente”» tiene a sottolineare Mario Venuti. Al leader dei Baustelle «ho detto che, dopo quel disco, in ogni mio nuovo album ci deve essere un pezzo scritto con lui».

Foto di Giuseppe Casaburi

E, soprattutto, “Soyuz 10” è un album di nostalgia per quell’aggancio, più o meno velato, con la storia dei Denovo in “Promessa infinita”, melodico e ruffiano elettropop in stile Matia Bazar anni Ottanta nel quale canta: “Tante le cose che ho da dire/ ma non riesco a dirle tutte / quello che resta lo lascio immaginare”. «Quante cose potremmo fare nella nostra vita e invece rimangono promesse», commenta. E fra le “incompiute” ci sono i Denovo: «Una promessa non mantenuta, sempre sul punto di esplodere e invece… Potenzialità inespresse, le tante cose che non si sono fatte. Io e Luca (Madonia, nda) alla fine potevamo convivere». L’ultimo romantico avrà lasciato giacca e Borsalino nell’armadio, ma riemerge nelle ballad d’amore. Il fan di John Lennon in “Il mondo coi tuoi occhi”. L’eco degli Smith torna a vibrare in “Particelle d’energie” in tipico Venuti style. E il Brasile si riserva la chiusura con “Nostalgia del futuro”, delicata e raffinata bossanova di una ventina di anni fa: «Un regalino che mi sono concesso» ride in attesa di fare da apertura al concerto del suo idolo Caetano Veloso il prossimo 13 luglio a Taormina. «È una canzone che comunque fu incisa nel 2009 dai Brazilian Love Affair con il titolo “Saudade do futuro”. L’ho ripreso e riarrangiata con la collaborazione di Tony Canto e Tony Brundo».

«Durante le registrazioni, cantavo in un microfono che si chiama proprio Soyuz. Ho immaginato che quel microfono fosse un razzo che lancia nell’universo la mia voce»

Ma “Soyuz 10” è anche un disco proiettato nel futuro. Sin dal titolo, che lascia immaginare l’artista siciliano come un astronauta in viaggio nello spazio e nel tempo. «Non c’è tuttavia un vero e proprio nesso tra il titolo e l’album» tiene a sottolineare Mario Venuti. «Durante le registrazioni, cantavo in un microfono che si chiama proprio Soyuz. Ho immaginato che quel microfono fosse un razzo che lancia nell’universo la mia voce». Nella cavalcata pop alla Coldplay del singolo “Il pubblico sei tu”, scritto insieme con Seba e il produttore Luca Chiaravalli; nell’ingresso dei cori nel soul bianco di “Silenzio al silenzio”, nei richiami orientaleggianti de “Il tempo di una canzone”, quando Mario Venuti fa incontrare Lennon e Rufus Wainwright. Perché “Soyuz”, che in russo significa incontro, è anche un album d’incroci fra mondi e generazioni musicali differenti, ma con un minimo comune denominatore costante nella carriera dell’artista siciliano: la ricerca della bellezza.

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