Musica in crisi, streaming sott’accusa
Tournée e festival vengono cancellati, i live “virtuali” prosperano, come può la musica recuperare? Cinque artisti discutono del lockdown e dei suoi effetti: Mario Venuti, cantautore; Peppe D’Argenzio, sassofonista degli Avion Travel; Nello Toscano, contrabbassista jazz; Fabio Abate, cantautore; Adriana Adrienne Spuria, cantautrice
Tournée e festival vengono cancellati, i live streaming prosperano, come può la musica recuperare? Come molti altri aspetti della vita, l’industria musicale è stata cambiata, possibilmente in modo permanente, dalla pandemia di coronavirus. Ci sono previsioni di tracollo finanziario e di chiusure su vasta scala. Da più parti si sostiene che è arrivato il momento per i servizi di streaming di cambiare il modo in cui pagano i musicisti. C’è anche chi sostiene che bisognerebbe rivoluzionare il business della musica: essere più creativamente liberi, più intraprendenti, meno dipendenti dal tour.
Abbiamo riunito un gruppo di musicisti per discutere del coronavirus e dei suoi effetti, anche perché pensiamo che la crisi della musica non possa essere risolta con aiuti una tantum, ma che occorra trovare soluzioni strutturali, come quella delle royalties sullo streaming o con altre proposte. E che debbano essere gli artisti tutti a discuterne e non soltanto le popstar, che possono stare a casa anche due/tre anni, o le multinazionali dei “live”.
A partecipare al dibattito sono: Mario Venuti, cantautore; Peppe D’Argenzio, sassofonista degli Avion Travel; Nello Toscano, contrabbassista jazz; Fabio Abate, cantautore; Adriana Adrienne Spuria, cantautrice
Il lockdown ha ribadito che la maggior parte dei musicisti si guadagna da vivere suonando dal vivo, non dalla musica registrata. In che modo ti ha condizionato la chiusura di tutti i luoghi do si fa musica “live”?
MARIO VENUTI «Se guardi al guadagno è ovvio che non si è guadagnato niente. Tutto sui social, ovviamente gratis».
PEPPE D’ARGENZIO «Parecchio. Nonostante il lavoro del musicista avvenga su molti fronti (didattica, creazione, lavoro in studio), l’interruzione dei concerti è stato un grosso problema. L’attività live è quella che qualifica maggiormente sia economicamente sia dal punto di vista delle gratificazioni e dell’impegno. Mi è mancato più di tutto viaggiare, partire e tutto ciò che accompagna i gesti e le azioni del nostro lavoro live. Conoscenze e incontri».
NELLO TOSCANO «Il danno per me e per quelli come me che viviamo quasi esclusivamente di “live” è incalcolabile, non solo dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista psicologico ed esistenziale. Nella mia vita non era mai capitato di non suonare per tre mesi. Stare a casa ad esercitarti senza una prospettiva ti manda fuori di testa».
FABIO ABATE «Sicuramente il lockdown ha penalizzato il settore della musica “live” in modo grave. Per un artista perdere le occasioni per esibirsi è come per un dipendente statale, per fare un esempio, perdere il posto di lavoro. La nostra speranza è quella di ripartire al più presto, cercando soluzioni alternative».
ADRIANA A. SPURIA «Direi che personalmente mi ha proprio penalizzata, dal momento che il mio ultimo singolo è uscito l’8 marzo e dopo una settimana esatta è scattato il lockdown. Questo ha fatto sì che, a distanza di quasi tre mesi dall’uscita del brano, non ho fatto ancora un live di presentazione».
Qual è il tuo giudizio sull’operato del governo in generale e, in particolare, sul settore della cultura?
VENUTI «Onestamente, dopo le belle parole vedo che gli aiuti sono pochi, in grandissimo ritardo e subordinati a un sacco di condizioni. Molti, troppi non stanno ricevendo alcun aiuto».
D’ARGENZIO «Il mio giudizio è abbastanza positivo. Il governo si è dovuto confrontare con un problema enorme e inedito. Nonostante molte incertezze ed esitazioni ha mostrato un grande impegno nel mediare, relazionarsi anche a livello internazionale e cercare di dare risposte su tutti i fronti. Purtroppo la nostra categoria è stata colpita in maniera particolare e sono venuti fuori limiti e ritardi nel riconoscimento della nostra identità che per troppo tempo è stata rimandata e trascurata. Per la prima volta ho visto un utile lavoro di proposte e analisi da parte di tante associazioni di categoria e mi sembra che in qualche modo si sia riusciti a ricevere un po’ di attenzione, alla quale dovrebbero seguire atti legislativi in grado di superare questo gap. Ad ogni modo quegli aiuti che abbiamo ricevuto spero siano serviti alla nostra categoria per comprendere l’importanza e la necessità di svolgere il nostro lavoro in condizioni di legalità e regolarità».
TOSCANO «Penso che il governo nell’immediato abbia reagito come meglio abbia potuto, ma la situazione del settore cultura, soprattutto nel mondo dello spettacolo, è disastrosa da sempre. Mi auguro che questa vicenda possa almeno far emergere in modo chiaro gli interventi necessari per mettere riparo alle sottovalutazioni colpevoli di una rappresentanza politica spesso insensibile al ruolo della cultura».
ABATE «Il mio giudizio non vuole essere distruttivo nei confronti del governo. Sicuramente davanti a una emergenza così letale e inaspettata tutti ci siamo ritrovati impreparati, governo in primis. Spero solo che le promesse fatte dal governo verranno rispettate. Un governo ha il dovere di dare aiuto economico e supporto concreto a tutti i lavoratori».
SPURIA «Ritengo che, al di là degli errori, leciti in una simile situazione, questo governo stia rispondendo bene, o perlomeno ci stia provando. La musica è però trattata malissimo, e non da ora, in Italia. Se alla musica italiana venisse data la stessa attenzione che viene data al cinema ad esempio saremmo senza alcun dubbio al pari di altri Stati europei, dove fare il musicista è davvero una professione. Da questo deriva il fatto che non è stato dato alcun sostegno ai lavoranti dello spettacolo da parte dello Stato se non per quei 600 euro dell’Inps, che però avevano come presupposto un’iscrizione a un fondo pensionistico con reddito non superiore a 50mila euro e contributi giornalieri che siano almeno 30 per il 2019. Ora io voglio sapere quanti dei miei colleghi quando vanno nei locali emettono fattura e vengono pagati in regola e non in nero. L’unica iniziativa mutualistica reale per musicisti è stata messa in atto in questi mesi di quarantena dal Nuovo Imaie che ha stanziato per gli artisti 7.5 milioni di euro e ne ha sovvenzionato 4.000 di quelli che hanno perso la possibilità di fare live durante il lockdown. Io sono tra quelli che ha ricevuto un bonifico, peraltro esentasse».
Lo streaming si è rivelato una alternativa valida ai “live”?
VENUTI «Le dirette su Instagram, Facebook e YouTube sono state un modo di stare vicini ai fans, ma ho visto che dopo un po’ sono venuti a noia».
D’ARGENZIO «Lo streaming è una risorsa ma non è la soluzione che può sostituire il senso principale del fare musica. La musica va vissuta insieme agli altri musicisti e al pubblico e la capacità di creare incontri e relazioni è una delle sue qualità più potenti ed importanti. Lo streaming si rivolge ad un’attenzione più superficiale e ad una capacità emozionale più effimera e troppo mediata. Nonostante ciò lo streaming ci ha permesso di restare in contatto, di confrontarci, di programmare e talvolta anche di continuare a produrre. Abbastanza efficace nella didattica e nella possibilità di tenerci aggiornati, ci ha salvato perché avevamo l’aspettativa che tutto ciò fosse una necessità temporanea. Qualcosa resterà. Ma non può bastare. L’incognita ora sono i tempi e le modalità della ripresa dei concerti».
TOSCANO «Per in mondo del jazz lo streaming credo sia solo un surrogato del live, tuttavia ritengo sia una strada da perseguire. Personalmente la cosa non mi entusiasma, altri invece ci credono, forse hanno ragione loro. Staremo a vedere».
ABATE «Lo streaming è un’ottima alternativa per restare in contatto col pubblico e con gli addetti ai lavori. È un mondo al quale dovremo abituarci. La rete è senza dubbio il presente ed il futuro».
SPURIA «No, praticamente non è cambiato nulla, considerando che con i download non si guadagna perché devi dividere col tuo distributore che a sua volta deve dividere col negozio virtuale e quindi pure in quel caso ti rimangono le briciole».
Si è parlato molto di quanto sia ingiusto per gli artisti il sistema di royalties sui servizi di streaming; è il momento di cambiarlo? Se è così, come?
VENUTI «Bisognerebbe ingaggiare lotte che richiedono unità nella categoria dei musicisti. Purtroppo, si va tutti in ordine sparso e poi arriva qualcuno che infrange lo “sciopero” pur di apparire, rovinando tutto. Poi in Italia non esiste neanche un sindacato…».
D’ARGENZIO «Sicuramente! C’è troppa sproporzione, quando non proprio assenza di riconoscimento, per i creatori di contributi. L’industria discografica è stata distrutta dai servizi in streaming, ma siccome non si può tornare indietro è necessaria una legge che ottenga maggiori riconoscimenti di royalties per gli autori e per gli editori. Questo favorirebbe e aiuterebbe le produzioni indipendenti. Sarebbe anche necessario che la SIAE riconoscesse dei valori più alti nei compensi per le esecuzioni dal vivo e riducesse i costi per i piccoli promoters e per i piccoli locali/club che mostrassero una riconosciuta capacità e attitudine a promuovere e diffondere musica di qualità».
TOSCANO «Qui il Covid-19 non c’entra nulla. Questi contenitori sono diventati realtà mostruose che traggono profitto ed operano uno sfruttamento vergognoso degli artisti. Credo si debbano creare nuovi contenitori dai quali gli artisti possano ricevere il dovuto riconoscimento non solo economico».
ABATE «Il sistema delle royalties sicuramente andrebbe approfondito con molta attenzione. Studiare un nuovo piano di monetizzazione è opportuno e urgente. La musica è arte ma è anche un lavoro e come tale va valorizzato nel rispetto dei lavoratori».
SPURIA «Il primo a polemizzare pesantemente è stato Pharrell Williams se non sbaglio, raccontando come il suo brano Happy, con qualche miliardo di streaming su Spotify, gli avesse fatto guadagnare solo qualche migliaio di euro, il che è davvero ridicolo. Pensa cosa posso guadagnare io. Tecnicamente non saprei, bisognerebbe studiare una nuova modalità, ma, soprattutto, restituire dignità alla musica».
Senti l’esigenza di creare costantemente contenuti per i tuoi fan?
VENUTI «Ho l’impressione che tutto si svolga sui social. E che questa presenza possa fidelizzare il pubblico e spingerlo ad andare ai concerti. Quando sarà…».
D’ARGENZIO «Molte delle possibilità per gli artisti indipendenti risiedono nelle attività sui social. Mantenere una continuità nei contatti e nell’aggiornamento dei contenuti è indispensabile. Così come creare e curare una community di persone che segue il nostro lavoro. Questo determina un inevitabile mutamento dei linguaggi e dei codici di comunicazione. È necessario essere aggiornati per quanto sia impossibile e discutibile cercare ad ogni costo di stare al passo. Bisogna mantenere la propria identità, a maggior ragione se generazionale».
TOSCANO «Io suonando jazz di fan ne ho ben pochi e comunque in questa fase non mi sento abbastanza stimolato a produrre. Però sto utilizzando il tempo per capire meglio come ripartire e in tal senso mi sto orientando verso l’utilizzo dell’elettronica nell’ambito del jazz. È un percorso che avevo già intrapreso nei primi anni Novanta, adesso l’ho ripreso e nel prossimo futuro avrà un ruolo fondamentale nella mia musica».
ABATE «In realtà non è una esigenza ma un dovere. Penso che i fan hanno bisogno di essere informati sugli artisti, essendo loro quelli che acquistano la musica ed alimentano il mercato. Un artista deve tanto al suo pubblico. Ritengo giusto creare costantemente dei contenuti, non perché bisogna per forza farlo, ma perché è un gesto di rispetto nei confronti dei fan».
SPURIA «Creo contenuti per comunicare con la platea virtuale che mi segue sui social e dalla quale mi sento voluta bene e rispettata, come fossero amici ai quali rivelo i miei pensieri, le mie idee o una fotografia che possa raccontare qualcosa non solo di me».
Viviamo in un’epoca in cui i fan si aspettano di essere più direttamente collegati con gli artisti tramite i social media. Il lockdown ha reso tale relazione migliore o peggiore?
VENUTI «Ha mobilitato tutto il settore perché quando si tratta di muovere i cuori o le coscienze gli artisti ci siamo sempre e senza guadagnarci. Altri settori potrebbero fare lo stesso ma invece quando c’è una disgrazia chi si muove? I cantanti, ovviamente…».
D’ARGENZIO «Nel nostro caso (Avion Travel) abbiamo colto l’occasione per fare un po’ di ordine. Abbiamo creato un canale YouTube nel quale abbiamo cominciato a raccogliere e selezionare tutto il materiale audio/video che ritenevamo significativo e abbiamo cominciato a diffondere alcuni contenuti per noi importanti a scadenza settimanale. Era importante fare capire che siamo rimasti attivi e propositivi».
TOSCANO «Nei rari interventi che ho avuto modo di fare sulla rete, ho registrato un buon numero di visualizzazioni, ma per me le relazioni vere sono quelle dove ci si dà una mano per un saluto e ci si guarda negli occhi per capire come stai».
ABATE «Il blocco ha sicuramente creato un legame più forte tra artisti e fan. Il “contatto diretto” ha fatto entrare la gente nell’intimità di un artista. E trovo ciò molto interessante. Far scoprire da vicino un artista lo trovo davvero innovativo e realistico».
SPURIA «Sicuramente la quarantena ha livellato un po’ gli status consentendo anche ad artisti di un certo calibro di mettersi più a diretto contatto con il proprio pubblico. Ho visto live casalinghi di personaggi molto famosi e questo senza dubbio ha accorciato le distanze. Non ho ancora ben capito però se questo meccanismo migliora o peggiora la relazione tra un artista e il suo pubblico, ci sono pro e contro secondo me».
Dì una cosa che vuoi cambiare nel settore della musica dopo questo periodo di quarantena?
VENUTI «Maggior riconoscimento del nostro lavoro. Non i pochi centesimi dello streaming».
D’ARGENZIO «Vorrei che si realizzasse finalmente una legge sulla musica che faccia chiarezza e ordine in un settore ancora troppo improvvisato e privo di regole e tutele. Una legge che favorisca l’esercizio della attività per i generi meno forti economicamente e che tuteli gli artisti, con tutto l’indotto delle professionalità connesse e gli operatori».
TOSCANO «Le cose da cambiare sono talmente tante che non saprei da dove iniziare, comunque quella più importante penso sia di avviare un nuovo processo di revisione del senso e del ruolo della musica nella formazione ed è nelle scuole di ogni ordine e grado che ciò deve avvenire. Bisogna prendere coscienza del fatto che la musica non è meno importante della letteratura o della matematica. La musica, come l’arte in genere, è il linguaggio dell’anima e ci rende unici e migliori».
ABATE «Bisogna dare più valore all’arte, alla creatività. E poi darei molto più spazio, con dei canali o format nuovi, ai giovani talenti. Le radio sono schiave degli accordi con le multinazionali».
SPURIA «Vorrei che ci fossero sostegni e agevolazioni per le autoproduzioni che sono praticamente la realtà odierna ed il futuro della musica».
In tutta questa situazione di emergenza sanitaria e di quarantena hai trovato un lato positivo?
VENUTI «Il silenzio magico delle città. Chissà se e quando lo risentiremo».
D’ARGENZIO «Personalmente ne ho approfittato per acquisire nuove competenze nello sfruttamento delle risorse digitali e della rete. È stata un’occasione per riflettere, riconsiderare e riprogrammare. Ho avuto la sensazione che questo momento ha ampliato ancora di più il solco con i colleghi che sono sempre stati poco ricettivi e aperti verso queste modalità. Questo avrà delle conseguenze. Ma di base con grande sorpresa ho riscontrato una nuova disponibilità e curiosità. Io stesso ho fatto spesso da tramite per formare e aiutare molti che erano rimasti indietro. In qualche modo l’emergenza ha rotto un po’ di diffidenze e resistenze».
TOSCANO «Spero che ciascuno di noi abbia capito che nulla è dato per certo e che se vuoi che le cose vadano meglio ti devi alzare dal divano, posare lo smartphone ed uscire da casa non solo per un aperitivo con gli amici. Bisogna “darci una mossa” perché il futuro prossimo che ci attende ha bisogno di grande impegno ed ingegno, anche degli artisti».
ABATE «Ho visto migliaia di persone che hanno dato il loro contributo con la musica, dai più ai meno famosi. Ciò significa che davanti ad una pandemia come questa l’unione e la condivisione hanno reso l’uomo migliore».
SPURIA «Era necessario mettere la voce su un brano, cosa che normalmente registro in uno studio qui a Siracusa con un mio fonico di fiducia. Poiché non si poteva andare in quanto gli studi erano e sono tuttora chiusi ho dovuto imparare Cubase, un programma di registrazione digitale, e costruire un piccolo home studio grazie al materiale che ho comprato nei negozi online, imparando così l’abc del home studio recording. È stata un’esperienza fantastica che credevo non avrei mai fatto!».