Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza.

Dante Alighieri

Nel giorno in cui si celebra il “Dantedì” e proprio nel 700° anniversario della morte del Sommo Poeta, questi versi dell’Inferno almeno per questa volta consideriamoli un viatico per il paradiso! Certo, nel canto dantesco, Ulisse ce li lascia quasi in eredità e, nell’esortare i pochi compagni di viaggio rimasti, chi di noi non si sente pure chiamato in causa? Fosse anche solo per non essere definiti bruti, ci incamminiamo per le strade della virtù e della conoscenza, o almeno ce lo poniamo come obiettivo. Qualcuno preferisce non seguir quella strada e non perché sappia la triste fine che poco dopo Ulisse e i suoi hanno fatto! Nella scuola, a volte e con troppa facilità, questi versi vengono presentati come un’esortazione a studiare meglio e di più, per raggiungere buoni voti, per accedere all’università e al mondo del lavoro, per distinguersi dalle masse.

Invece, ai miei alunni faccio notare, meditando io stesso questi versi, la nostra semenza: infatti, tutto sta nella nostra origine, dal punto in cui partiamo, dal riconoscere chi siamo e da dove veniamo con il bagaglio di risorse e di limiti. Solamente quando Dante, aiutato da diverse guide, ritrova tutti questi elementi e dunque se stesso, regno dopo regno, darà un vero senso a quelle parole illuminato da l’amor che move il sole e l’altre stelle.

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