Il giovane regista, palermitano d’adozione, il più votato a Trento da giuria e pubblico del festival internazionale di regia teatrale

«Mi sono iscritto al premio un po’ per gioco, su consiglio di amici. La vittoria è stata totalmente inaspettata data la presenza di validi registi provenienti da tutta l’Italia ma persino dall’Iran e dagli Stati Uniti». A parlare è Andrea Saitta, regista ennese, trionfatore della diciottesima edizione del festival internazionale di regia teatrale Fantasio, che si svolge ogni anno a Trento.

REINTERPRETARE GOLDONI. «Durante la fase finale del concorso – racconta ancora il regista – ci è stato chiesto di rimaneggiare il primo atto de La locandiera di Carlo Goldoni. Sono stati quindici giorni intensi, in cui chiuso in una residenza artistica a Trento ho lavorato al mio progetto con Giuseppe Palasciano, Roberta Lionetti e Norman Quaglierini, gli attori a me assegnati». Lo spettacolo di Saitta si chiama Esprit de pome de terre, e ha stregato la giuria tecnica come quella dei giovani. «Ho voluto improntare tutto sul corpo, la mimica e la gestualità clownesca. La protagonista Mirandolina non parla mai e le due figure maschili che ne contentono l’amore sono caratterizzate da una vena comica che le rende assimilabili a quelle dei clown. Ho costruito poi una maschera di Pulcinella che viene distrutta in scena, con l’intenzione di sottolineare quanto la riforma di Goldoni sia stata importante per l’evoluzione della drammaturgia italiana».

DALL’ARTE CIRCENSE AL TEATRO SPERIMENTALE. Regista, attore ma anche cantante reggae, Andrea si muove con agilità dal teatro sperimentale all’arte circense, che rappresenta la sua formazione artistica. «Attualmente – spiega ancora – lavoro in una scuola di teatro a Bagheria dove insegno teatro comico di movimento e clowneria. Ho anche un’associazione chiamata Allunaggio con la quale produco i miei spettacoli. Da circa dodici anni mi sono concentrato maggiormente sul teatro, dove comunque le contaminazioni con il mondo del mimo e della danza sono sempre frequenti». Ma come si vive d’arte in Sicilia?  «Radicare nella testa dei siciliani l’idea che quello del regista sia un lavoro serio, è davvero difficile. Da questo punto di vista siamo molto indietro rispetto ai paesi del Nord Europa, però le idee e i talenti non mancano, uno tra tutti il messinese Tino Caspanello».

I PROGETTI PER IL FUTURO. «Presto aprirò un piccolo teatro con annessa una scuola nel centro di Palermo, per alimentare ancora di più l’attuale fermento culturale della città. Sarò coinvolto in diverse produzioni come attore, una tra tutte Berretti a sonagli che debutterà a gennaio con la regia di Maria Teresa Spena e infine sto cercando i fondi per finanziare la mia produzione Come se fosse mare che tratta il delicato tema dei migranti». Lo spettacolo che gli ha fatto vincere il premio, invece, potrebbe diventare presto una realtà: «Ho intenzione di produrlo per intero grazie all’aiuto di due realtà di Trento che si sono mostrate interessate a collaborare. Ho già confermato gli attori originali mentre vorrei che lo scenografo e lo sceneggiatore fossero i ragazzi siciliani con cui collaboro da un po’ di tempo. Il mio unico desiderio adesso è riuscire a portarlo nei teatri siciliani e in particolare ad Enna la mia città natale e a Palermo, come ringraziamento per avermi dato spazio in questi anni».

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