Dobbiamo ammettere che Louis Lumière si sbagliò quando nel lontano 1985 esclamò: «Il cinema è un’invenzione senza avvenire»; non ebbe tutti i torti invece François Truffaut, quando in un suo celebre saggio scrisse: «Si parla sempre di divi e di registi, dei gusti e disgusti degli uni, delle manie degli altri. Eppure, ai margini del cinema, esiste una professione ingrata, difficile e poco nota: quella di “critico cinematografico”». Negli ultimi anni le modalità di fruizione dell’audiovisivo e l’ambito della critica cinematografica sono cambiati radicalmente: da un lato, il consumo “casalingo” di film e serie tv ha preso il sopravvento sull’esperienza mistica e rituale della sala, dall’altro la pratica della recensione critica “autorizzata e autorevole” è diventata sempre meno rilevante, rispetto a forme più innovative e interattive promosse dal digitale e dai social media. E allora che spazio resta al racconto del cinema nel mondo della critica e del giornalismo e a chi spetta l’arduo compito di commentarlo?

EDUCARE ALL’IMMAGINE. A intervenire sull’argomento, i direttori del 67° Taormina Film Fest, Alessandra De Luca e Federico Pontiggia, che all’interno della cornice del terzo workshop internazionale “Il giornalismo che verrà” promosso dal Sicilian Post, si sono soffermati sul valore di uno sguardo che organizzi e che offra allo spettatore un percorso unico e significativo, un’esperienza che sia spinta dal desiderio e non dal consumo ossessivo di prodotti audiovisivi. Sebbene lo spazio critico dedicato al cinema sia sempre più ridotto sui giornali e sulle riviste specializzate, «dobbiamo tornare a interrogarci su ciò che guardiamo e leggiamo – dichiara Alessandra De Luca – e a non pretendere una semplificazione mortificante del linguaggio. Mai come in questo momento di offerta scriteriata sulle piattaforme come Netflix e Amazon, sentiamo la necessità di seguire un percorso di visione che porti verso un’educazione all’immagine».

Federico Pontiggia durante il panel

LA BELLEZZA DELL’IGNOTO. È innegabile che la professione del critico cinematografico, sin dai suoi primissimi esordi, sia stata oggetto di pareri a tratti svalutanti e poco incoraggianti; ebbene, lungi dall’essere un giudice che condanna o assolve, un critico è prima di tutto un curioso osservatore della realtà, un esploratore entusiasta della vita, che grazie alle competenze globali e specifiche che lo contraddistinguono, esprime un commento professionale ben diverso da ciò che s’intende per opinione, oggi formulata dallo YouTuber o dall’Influencer di turno. «L’aspetto illuminante del lavoro critico – spiega Federico Pontiggia – sta proprio nell’indicare, nel suggerire l’importanza delle differenze, delle alterità. Un critico è per definizione onnivoro, perché entra in contatto con il non visto, con l’inaspettato, con il diverso, con il nuovo, con l’inaudito. A cosa servirebbe il cinema, se non a interrogare, a scoprire e ad affermare la nostra identità?».

SCOMMETTERE SULLA CRISI. Con la riapertura delle sale cinematografiche nel post-pandemia, ci auguriamo di riguadagnare presto una prospettiva esperienziale e collettiva di un’arte che potrebbe continuare a navigare in acque incerte: «Le previsioni meno ottimistiche – continua Pontiggia – si prefigurano un’esperienza cinematografica tra 5 o 10 anni, che sarà come quella teatrale oggi, riservata a pochi. Ciò che mi rassicura è che la parola crisi è sempre stata presente nella storia del cinema, che forse ne ha fatto il proprio tratto distintivo, elevando la crisi a uno stato ordinario e quindi non più mortale, tale per cui vivere in crisi è comunque vivere». In un’ottica che favorisce la qualità alla quantità, l’obiettivo del 67° Taormina Film Fest, che si svolgerà dal 27 giugno al 3 luglio 2021, «non sarà una ripartenza asfittica, industriale, coatta – conclude – ma una vittoriadell’esperienza sul consumo, della voglia sulla routine».

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