Spesso, in Italia, parlare di soldi è ancora considerato fuori luogo. Non abbiamo l’abitudine di chiedere ai nostri colleghi quanto guadagnino, non sappiamo quanto abbiano speso i nostri amici per comprare casa e ci sembra inopportuno inserire il denaro in molte delle nostre conversazioni, dal momento che percepiamo il guadagno come un’esperienza solitaria, che di fatto ci allontana dal vero potere dei soldi: avvicinarci ai nostri sogni.

Ecco perché, prendendo spunto da quella monetina che siamo soliti lanciare in acqua in segno di buon auspicio, è nato il podcast Rame, che si deve a un’intuizione di Annalisa Monfreda – già direttrice di Donna Moderna e adesso imprenditrice –, intenzionata con questo progetto a sdoganare proprio le conversazioni sui soldi. Occasionalmente, poi, Rame diventa Nudismo Finanziario, ovvero un dialogo a tu per tu che Monfreda intavola con figure di ogni estrazione sociale, mestiere ed età, e che pochi giorni fa è sbarcato a Catania grazie alla collaborazione dell’Innovation Hub Isola con la testata giornalistica Sicilian Post. Protagonista della chiacchierata è stata in questa occasione Ornella Laneri, imprenditrice catanese proprietaria dell’hotel e centro conferenze Four Points by Sheraton Catania, nonché promotrice della Fondazione Oelle Mediterraneo Antico.

«Fino ai miei 50 anni, in occasione di riunioni importanti, mio padre mi allontanava dicendomi: “Adesso vai, ché i grandi devono parlare”».

UN PADRE ONNIPRESENTE. E così, con lo spirito di totale apertura che solo una conversazione profonda e sincera sa regalare, Laneri ha messo a nudo la sua storia familiare, nella quale denaro e potere sono stati spesso strettamente legati. «Tutto è nato – ha esordito l’imprenditrice – dalla divergenza di opinioni fra me e mio padre. Io provavo il bisogno di allontanarmi dalla mia regione per fare nuove esperienze, lui non voleva che andassi a vivere fuori da sola. Così, dopo alcuni anni passati a Milano in compagnia dei miei fratelli, quando il carico di responsabilità si è fatto eccessivo, ho dovuto obbedire al suo “Basta” e tornare in Sicilia per iniziare a lavorare in azienda. Anche nel lavoro, però, lui era il tipo di persona che diceva sempre “Finché ci sarò io…”, sottintendendo che fino a quel momento avremmo dovuto fare a modo suo. Ricordo che, per esempio, quando riceveva i banchieri nel corso delle festività natalizie mi chiamava, apriva una bottiglia di champagne e mi esortava a brindare con loro e a fare quattro chiacchiere. Dopodiché, mi diceva: “Adesso vai, ché i grandi devono parlare”. E ha continuato così fino ai miei 50 anni».

La locandina dell’evento

L’ALTRA FACCIA DEL PRIVILEGIO. Di conseguenza, il privilegio economico non è mai stato un appannaggio diretto di Ornella Laneri, quanto piuttosto una condizione ereditaria, che la riguardava solo di riflesso: «Già ai tempi della scuola frequentavo un ambiente molto di sinistra e preferivo evitare gli eccessi, sentendomi una “fricchettona” dentro. Non per niente, quando mio padre mi ha regalato una Cabriolet per i 18 anni, sono andata dai miei compagni con l’idea di condividere la gioia che il nostro gruppo avesse finalmente una macchina a disposizione, e mi sono invece sentita prendere in giro e additare come la riccastra della situazione; da quel giorno sono sempre andata a scuola con una Vespa di seconda mano, che era appartenuta a mio fratello». Un atteggiamento di sobrietà e di moderazione che ha poi mantenuto anche da adulta: «La gestione del benessere e del privilegio, per me, va condivisa da parte di chi ha più soldi e va rispettata da parte di chi ne ha di meno, perché essere ricchi non significa essere necessariamente dei mostri egoisti. Né tantomeno vuol dire che gli uomini o le donne scelgano di frequentarti solo perché sei benestante, come invece mio padre mi ha spinta a credere: ci ho messo una vita per decostruire una certa idea della ricchezza e del denaro, e mi sono dovuta mettere ancora più in gioco quando, nel 2014, mio padre è venuto a mancare e mi sono ritrovata da un giorno all’altro a gestire la sua azienda anche sul fronte finanziario. Si trattava di una percezione, quella legata al bilancio economico e ai proventi, che non avevo mai acquisito realmente, motivo per cui mi sono rimboccata le maniche per darmi da fare da sola, senza avere più le spalle coperte come un tempo».

«Non credo nella necessità che un’azienda debba essere in costante crescita. Preferisco misurare la salute della mia attività nella sua capacità di progredire dal punto di vista sociale e culturale»

RIPENSARE IL CONCETTO DI CRESCITA. Fondamentale, in tal senso, si è rivelato un insegnamento appreso proprio in famiglia, e legato all’importanza di sviluppare un profondo senso di responsabilità. «Uno dei concetti che ancora oggi accetto con più difficoltà – ha spiegato – consiste nella convinzione che un’azienda debba sembrare in costante crescita, anche se si tratta di un processo che poi non si rivela né sano né reale. Piuttosto, preferisco misurare la salute della mia attività sulla sua capacità di migliorare se stessa: in questi anni, non a caso, abbiamo intrapreso un percorso di sensibilizzazione incentrato sulla sostenibilità, sul supporto alle startup sociali e sulla creazione di un staff formato per il 50% da donne, il che mi dà molta più soddisfazione di un fatturato in ascesa perenne. Certo, va detto che secondo le statistiche solo il 24% delle imprese di seconda generazione riesce a sopravvivere, ma allo stato attuale posso affermare che la mia rientra fra quelle che ce l’hanno fatta, perché sono riuscita a cambiare marcia rispetto alla visione di mio padre e a dare all’azienda un’impronta più mia».

«Quanti soldi ho in banca? Veramente pochi. A parte quale investimento ho deciso di puntare sull’arte»

E I SOLDI IN BANCA? Con il sapore di una conversazione privata e molto intima, Monfreda chiude poi l’incontro con la domanda di rito: «Ma quindi tu quanti soldi hai in banca?». «Veramente pochi», è l’onesta risposta di Ornella Laneri. «Ho scelto di dedicarmi agli investimenti privati e, al di là dell’acquisto di qualche appartamento, ho usato una buona fetta dei miei risparmi per puntare sull’arte. Spero infatti che un domani i miei figli abbiano accesso a una seppur piccola collezione di valore e nel frattempo, nel 2017, ho creato la Fondazione Oelle Mediterraneo Antico con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio culturale proprio attraverso l’arte. Devo ammettere che solo a quel punto il puzzle della mia vita mi è parso davvero completo: l’ho capito tardi, ma sono felice di esserci riuscita e di aver trovato la mia strada. Oggi perciò mi fa doppiamente piacere condividere i miei traguardi con gli altri, perché spero che ascoltando la mia esperienza imparino a non ripetere i miei stessi sbagli, e che a loro volta capiscano a cosa vogliono dare valore servendosi delle risorse (anche economiche) a loro disposizione».

Il nostro impegno è offrire contenuti autorevoli e privi di pubblicità invasiva. Sei un lettore abituale del Sicilian Post? Sostienilo!

Print Friendly, PDF & Email