Palazzo Antoci, un’opera atipica nella Sicilia orientale
Non ha la facciata maestosa di un palazzo barocco, con i tipici balconi sontuosamente intarsiati. Tutt’altro. Appare come un elegante e lineare palazzo d’inizio Ottocento dalla facciata in pietra calcarea solcata da balconi in pietra pece. È solo varcando la soglia del civico 42 di via Giacomo Matteotti, nel centro di Ragusa, a pochi passi dalla Cattedrale di San Giovanni, che si scoprono le meraviglie di una dimora gentilizia dall’estetica liberty e dalla fattura palermitana e catanese. Siamo a Palazzo degli Antoci, aperto al pubblico dal Fai durante le tradizionali giornate di primavera. Una residenza raffinata, a tratti sorprendente, rianimata ai primi del secolo scorso dall’architetto Paolo Lanzerotti, maestro del Liberty catanese. Come un grande direttore d’orchestra, l’architetto Lanzerotti coinvolse i suoi eccellenti maestri artigiani, dagli stuccatori ai decoratori, dei vetratisti agli arredatori, per realizzare un’opera atipica e unica per la Sicilia orientale.
Al palazzo si accede da un maestoso portone in pino rigido. L’ingresso è interrotto da un imponente cancello in ferro battuto che protegge l’androne dagli sguardi indiscreti. Lungo la scala marmorea, opera del marmista Marini, che accompagna ai piani e che doveva essere «bianca, rigorosamente bianca», la luce esterna filtra e mette in rilievo le vetrate stile Tiffany di colore blu, frutto del lavoro di un celebre vetratista, pittore e decoratore palermitano, Salvatore Gregorietti, autore della decorazione del foyer e dei corridoi del Teatro Politeama e della Sala dei Gonfaloni del Palazzo delle Aquile a Palermo, come anche della decorazione degli interni del Circolo Artistico del capoluogo siciliano e degli affreschi della Sala dei Viceré nel Palazzo dei Normanni. Altro particolare anomalo della scalinata è il merletto di ferro battuto assolutamente inusuale nella parte orientale dell’Isola.
La luce è protagonista anche nella serie di saloni prospicienti alla via principale. Nel primo l’eclettico Lanzerotti ha voluto realizzare volte con stucchi bianchi, la cui ombreggiatura, la cosiddetta “scialbatura”, finalizzata a creare l’effetto di rilievo e tridimensionalità dei raffinati stucchi, era ottenuta mediante la miscelazione dell’albume d’uovo con pigmenti naturali. Nel secondo salotto i raggi del sole creano sorprendenti e magici effetti tridimensionali sulla futurista carta da parati disegnata da Marinetti. Si assiste al trionfo della declinazione poetica dei colori, disegno fisso e tonalità cangianti, dal bronzo al verde. Fino ad arrivare al terzo salone, quello riservato al ballo, dominato dal prezioso lampadario di Murano in cristallo soffiato bronzato con estrusioni di blu cobalto, in stile balloton, dettagliatamente progettato dallo stesso Lanzerotti, opera unica che ha sorpreso anche Vittorio Sgarbi.
Lanzerotti persegue uno stile architettonico Liberty ibrido, contaminato dall’eclettismo artistico imperante all’epoca: non ama il floreale – lo considera uno stile da convulsioni – e alterna il recupero neoclassicista delle facciate all’esuberanza del tardo futurismo negli interni. L’utilizzo dell’oro, filo conduttore di tutta l’opera lanzerottiana, dalle volte ai piccoli particolari nella carta da parati dei corridoi, richiama la cultura mitteleuropea delle opere di Klimt, subordinata alle linee guida del neoclassicismo.
Una dimora in cui fermarsi e ascoltare il racconto del tempo: lo narrano ogni angolo della casa, i tendaggi personalizzati con grande maestria sartoriale o gli echi lontani delle sontuose feste che animavano la borghesia del tempo. Memorabile quella tenuta nel 1935 in occasione del matrimonio di Serafino Antoci con la baronessa Concettina Cultrera di Montesano. Pagine di storia oggi offerte ai visitatori dall’ultima discendente dell’antico casato, la Nobile Donna Franca Antoci, coadiuvata dal marito Lorenzo Pinzero e dai figli Marcello e Raffaella, che continuano ad abitare il primo piano del palazzo. Per preservare la struttura, che custodisce gelosamente cimeli d’epoca borbonica, antichi epistolari, progetti originali, documenti comprovanti l’autenticità, il secondo piano è stato trasformato in una Maison de Charme, composta da due suite e tre camere, complete di ogni comfort moderno, tutte arredate con cura e originalità. Palazzo degli Antoci trova così una nuova vita, non diventa natura morta – e spesso decadente, come in molti centri storici siciliani – ma assume un ruolo di protagonista nel rilancio turistico e culturale di Ragusa.