In occasione del 62° compleanno del regista palermitano Premio Oscar con Nuovo Cinema Paradiso nel 1990, proviamo a comprendere, tramite le sue parole, le ragioni che hanno fatto di questa terra un luogo di fantasticherie per tanti artisti del grande schermo

C’è’ un mistero, fra i tanti che potrebbero essere affrontati, che riguarda la Sicilia: perché il mondo del cinema non si stanca mai di raccontarla? A tale quesito, interpellato in occasione di un Taormina Film Fest di qualche anno fa, ha cercato di rispondere il celebre regista palermitano Giuseppe Tornatore che, proprio con un film ambientato nell’isola, ha pure vinto un Oscar. La risposta, semplice solo in apparenza, è stata: «È un luogo cinematografico». Non avrebbe probabilmente potuto essere più sintetico e chiaro di così, Tornatore, nell’intento di svelare gli orizzonti di una terra su cui tanto si è scritto e parlato, ma che conserva intatta la capacità di suscitare in chi le si accosta fantasie sempre nuove e inaspettate. E pure lui, che un minimo se ne intende, fatica a dare una spiegazione razionale di questa condizione quasi mitica in cui si trova la Sicilia nell’immaginario mondiale, a tal punto che la domanda rivoltagli a Taormina era stata posta anche da lui, anni prima, ad un altro grande siciliano, ovvero Leonardo Sciascia, il quale aveva motivato il connubio isola-cinema sostenendo che «la Sicilia è di per sé un cinema».

UN SERBATOIO DI STORIE. E lo è, indiscutibilmente. Non esiste, infatti, una regione, per lo meno di pari dimensione geografica, che sia stata l’ispirazione principale di così tanta produzione cinematografica. La Sicilia è un serbatoio di storie, drammatiche o comiche che siano, a volte persino sovrapposte con quel gusto tutto siculo che sa trovare anche nelle tragedie più profonde un appiglio per sdrammatizzarle; è, poi, un pozzo di contraddizioni, un concentrato di eventi che spesso prendono vita nello spazio di pochi km quadrati, una mappa che conduce tutti coloro in cerca di qualcosa all’inestimabile tesoro di una risposta. Basta saper cercare, in fondo, tra le pieghe di una quotidianità fatta di sognatori che sono, per citare le parole che Tornatore ha usato in altre occasioni, «costretti ad immaginarsi cosa ci sia dall’altra parte dell’orizzonte».

LA SICILIA, UN PALCOSCENICO SPONTANEO. Potremmo perciò definire la Sicilia una grande scena di un film o un palcoscenico spontaneo, dove i siciliani, attori nati e teatrali fin dai gesti che accompagnano i loro discorsi, combattono ogni giorno le tragicità della vita e il desiderio di fuggire nella speranza che a curarli dall’amarezza sarà la bellezza della rinascita. Forse ad attrarre l’estro di tanti registi è la possibilità di sondare l’animo umano e raccontare storie universali a partire da una terra che, più di ogni altra, coi suoi umori altalenanti e le sue meraviglie miste a tristezza, può rappresentare sullo schermo le dinamiche della vita in cui ogni spettatore può ritrovarsi. E se il cinema prende spunto dalla vita, allora si capisce perché la Sicilia sia un soggetto privilegiato, con la sua abilità di elevare le sue emozioni a potenza. Tornando all’intervista rilasciata per il Taormina Film Fest, non potremmo esprimerci meglio di Tornatore quando afferma che in Sicilia «si può fare tutto» e che questo, secondo lui, spiega «il caso siciliano». Un caso ancora irrisolto che, fino a quando resterà tale – e ci sarebbe da scommettere che lo sarà ancora a lungo – resterà la musa di numerosi artisti che la pregheranno, sicuri di non rimanere a mani vuote, di concedere loro qualcosa su cui riversare il loro genio.

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