Tra i direttori d’orchestra della nuova generazione che più si sono distinti negli ultimi dieci anni, senza dubbio Robert Trevino rappresenta una delle bacchette più interessanti. Dotato di una grande personalità e smisurato talento, il maestro texano – che tra i suoi molteplici incarichi ricopre da tre anni anche quello di direttore ospite principale della Sinfonica della Rai – ha dimostrato come il connubio tra una lettura della partitura filologicamente attinente al desiderio del compositore e sua la valorizzazione attraverso le possibilità delle orchestre moderne sia davvero possibile. Non sorprende dunque il fatto che, ancora una volta egli sia stato chiamato a dirigere la prestigiosa orchestra Filarmonica della Scala in occasione della tournée estiva, che domenica 9 luglio farà tappa a Noto per una serata speciale sulla scalinata della cattedrale barocca, patrimonio UNESCO. In programma, infatti, oltre alla Sinfonia n. 7 in la maggiore Op. 92 di Ludwig Van Beethoven e la Sinfonia n. 4 in la maggiore, op. 90, nota anche come Italiana, di Felix Mendelssohn – già applaudite pochi giorni fa a Desenzano del Garda – la serata siciliana prevedrà anche un omaggio alla Divina Maria Callas, con la partecipazione del soprano Gilda Fiume, sulle note del Cigno catanese Vincenzo Bellini, con due arie: “Casta Diva” da Norma e “Oh, Quante volte!” da I Capuleti e i Montecchi.

«La musica è più che una semplice rappresentazione della vita. È molto più simile ad un condensato delle nostre esperienze»

Robert Trevino

Maestro, nel 2020 la sua incisione delle Nove Sinfonie con la Malmö Symphony Orchestra è stata molto apprezzata. A Noto dirigerà l’orchestra della Filarmonica della Scala nella Settima di Beethoven. Qual è il suo rapporto con il genio di Bonn?
«Beethoven è uno di questi compositori che, da musicista, è stato con me fin dall’inizio. E questo vale un po’ per chiunque. Del resto, chi non conosce le quattro note di apertura della V sinfonia? Nell’avvicinarmi ai suoi lavori adotto un approccio che scava nel passato. Mi domando: cosa voleva esprimere con quella partitura? E come posso interpretarlo oggi, sapendo che gli strumenti di cui disponiamo e le capacità di un’orchestra odierna sono così diversi da quelli del suo tempo? Il mio stile cerca di tenere insieme queste due consapevolezze. Il fatto è che la musica è più che una semplice rappresentazione della vita. È molto più simile ad un condensato delle nostre esperienze, una loro amplificazione. Prendiamo il secondo movimento della Sinfonia n.7, che qualcuno chiama “Marcia funebre”. Chi la ascolta non si trova di fronte ad una processione dietro un feretro, eppure è come se fosse lì perché prova gli stessi sentimenti di profondo dolore e sconforto».

L’Orchestra Filarmonica del Teatro alla Scala di Milano | Ph. Giorgio Gori

Ha utilizzato lo stesso metodo anche per approcciare l’Italiana?
«Sì esatto. Di Mendelssohn, in particolare, ho condotto tutte le opere principali e credo di avere una buona cognizione di quale strada intendesse percorrere in ciascuna composizione. Nel caso dell’Italiana, ho cercato di immaginare cosa avrebbe provato un giovane tedesco di origine ebrea nel venire in contatto per la prima volta con una cultura solare come la vostra. Questo emerge chiaramente dall’ultimo movimento che ti porta a pensare di trovarti a confronto con le tarantelle calabresi, ed è qualcosa di diverso rispetto a ciò che Mendelssohn abbia mai scritto. Relativamente al secondo movimento, per far capire all’orchestra quali emozioni restituire nell’esecuzione ho detto loro di immaginare di trovarsi in una vecchia cittadina siciliana, come nella Cavalleria Rusticana, e incontrare una donna anziana vestita ancora di nero per un lutto risalente a vent’anni prima che, curva sul bastone, ti sussurra nell’orecchio la sua storia. Hanno capito immediatamente cosa stessi chiedendo loro di fare».

«Non sono d’accordo con chi ritiene necessario semplificare il repertorio classico per raggiungere un pubblico più ampio. La sua grandezza risiede proprio nella sua complessità»

Robert Trevino

A differenza delle altre date della tournée del concerto che ha debuttato a Desenzano, la data di Noto ha in programma, oltre alle sinfonie, due arie da altrettante opere di Bellini, con il soprano Gilda Fiume. Che effetto le fa eseguirle in Sicilia?
«È fantastico. Stiamo parlando di una delle migliori orchestre d’opera del mondo, che presenta uno dei più grandi compositori nell’isola che lo ha visto nascere. Non credo che questo evento potrebbe avere premesse migliori». 

Il concerto di domenica si svolgerà sulla scalinata di una delle chiese barocche più belle dell’Isola, tra l’altro patrimonio dell’Unesco. Crede che la scelta di un luogo come questo, piuttosto che una tradizionale sala da concerti, possa contribuire ad attrarre un pubblico più giovane?
«Credo occorra sfatare il mito secondo il quale ai giovani non interessa la musica classica. Siamo abituati a pensare in modo binario: o ami la classica oppure no. Ma i gusti delle persone sono variegati e si evolvono nel tempo. Ad esempio, nelle mie playlist di Apple music non ci sono soltanto Beethoven e Strauss, ma anche Lady Gaga, Freddie Mercury e Frank Sinatra. Per i ragazzi è lo stesso, come mi ha confermato chi si occupa di piattaforme musicali. Molti di loro iniziano ascoltando alcuni brani noti e, via via, espandono i loro orizzonti musicali. Per questo motivo non sono d’accordo con chi ritiene necessario semplificare il repertorio classico per raggiungere un pubblico più ampio. La sua grandezza risiede proprio nella sua complessità ed edulcorarla la trasformerebbe in qualcosa che non è.  La sfida è allora quella di proporre performance di altissimo livello e lasciare che la musica si faccia giustizia da sola. Credo che la ritrosia di una fetta di pubblico a venire ad ascoltare la classica sia legata soprattutto al formalismo di certi contesti di fruizione. Credo che le offerte di alta qualità siano comprese da tutti. Potrebbe non piacerti Beethoven, ma potresti innamorarti di Mendelssohn o di Bellini, oppure goderti semplicemente l’esperienza. In ogni caso a Noto offriremo qualcosa di straordinario».


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