Gli avevano dato 20 giorni di vita, oggi conta 20mila km a piedi in giro per l’Italia e non solo. Andrea Spinelli ha 47 anni, è catanese ma vive in Friuli. Da 7 anni soffre di un adenocarcinoma alla testa del pancreas in stato avanzato, una malattia rara dal tasso di sopravvivenza a cinque anni di circa il 6%. «Il cancro fa il suo percorso ma non va in metastasi. Cammina e camminiamo entrambi». Senza mezzi termini ci ha raccontato la sua storia, una storia di sofferenza su cui continua a disegnare, un passo alla volta, sorrisi.

DALLA DIAGNOSI ALLE AUTOCERTIFICAZIONI. Comincia tutto a ottobre del 2013: la diagnosi, tre mesi di ricovero, quasi 40 kg persi insieme al vizio del fumo. Poi i cicli di chemioterapia dall’alba del 2014 fino a novembre dell’anno successivo, finché il corpo non regge più: non può continuare la terapia salvavita, né essere operato. «Fu allora che iniziai a camminare: dapprima per andare in ospedale percorrevo 12 km a piedi. Pian piano mi rimisi in forze e dal 2017 a oggi posso dire di aver raggiunto 20mila km». Il suo contapassi non si è più fermato neanche durante la pandemia. “Il cammino costante e continuo è necessario per il mantenimento della risposta immunitaria”: è ciò che ha scritto nelle sue autocertificazioni durante i lockdown. «Non è semplice da far capire: in zona rossa chi ti vede camminare si infastidisce, non sa perché lo fai. Il camminare mi ha insegnato anche questo, a non giudicare mai. Credo veramente che se mi fermassi morirei perché il mio corpo subirebbe uno scompenso». A dirlo non è soltanto Andrea.

«UN CASO UNICO AL MONDO». Nel dicembre 2019, l’oncologo che lo ha in cura presso il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano ha pubblicato uno studio scientifico che spiega come «sebbene l’attività fisica costante sembri ridurre il rischio di mortalità da carcinoma e cardiopatie, questo non sembra essere vero per i pazienti con PDAC (adenocarcinoma duttale pancreatico, ndr). L’eccezione è il nostro giovane paziente inoperabile». Insomma, racconta ancora Andrea, «per la scienza dovrei essere già morto, se non fosse che il mio particolare sistema immunitario risponde positivamente a ogni chilometro che macino. Tuttavia sarebbe sbagliato far passare il messaggio che camminare possa guarire dal cancro». Certo è, comunque, che i benefici sono visibili. «Assumevo antidolorifici fortissimi, come gli oppiacei, che distruggono il fegato. Tuttora ho dolori alla schiena, ma dopo i primi chilometri di camminata il corpo produce endorfina che mi fa da antidolorifico naturale».

NARRARE LA MALATTIA. Oggi Andrea, alle spalle una carriera da fotoreporter oltre che un’esperienza nell’aeronautica militare, vive della sua pensione in un camper con la moglie e un cagnolino nei pressi di Claut (PN). «Con il cancro ho perso tutto ma mi aggrappo alla vita più che posso». Anche con la scrittura: i suoi cammini sono diventati due libri, un blog e testimonianze che danno speranza. La gratitudine che sente per essere ancora vivo viaggia su ogni parola ma, dall’altra parte del telefono, durante l’intervista, vibra anche la disperazione per sapersi un caso eccezionale. «Un giorno parlo con malati come me, il giorno dopo loro non ci sono più: è una croce che porto». Condividere, in ogni caso, è per lui terapeutico. «Non sono uno scrittore ma sento di dover raccontare la mia esperienza perché ancora oggi il cancro è un tabù. Lo chiamano “brutta malattia”, come se una malattia potesse essere bella. Ma ciò che mi fa più incazzare è quando scrivono “male incurabile”. Allora la chemioterapia perché la faccio? Chiamiamolo col suo nome: si chiama cancro, tumore».  La sua voce si incrina. «Io cercavo disperatamente in internet che cosa mi stesse accadendo. Adesso qualcuno clicca sul mio nome e scopre che si muore ma anche che si vive».

UNA VITA DA INSEGUIRE. «Ti senti pronto a morire?» Su Facebook Andrea annota le giornate con un tempo al passato: anche quando parla dell’oggi scrive “era”, come se avesse contezza di doversene andare ma la voglia di eternizzare i momenti belli. Quasi sussurrando pronunciamo la domanda forse più difficile; non per Andrea però. Una piccola pausa precede la sua risposta, schietta e serena: «Mi hanno detto che stavo per morire e invece ho vissuto altri sette anni. È stato un regalo magnifico. Sono pronto. Forte è chi resta, forte sarà mia moglie e per lei mi aggrappo ai giorni. Un detto della filosofia buddista recita: se uno non vuole morire non muore. Io inseguo la voglia di vivere e questo uno scienziato non te lo sa spiegare». Non in punta di piedi: Andrea la vita la affronta su punta, pianta e tallone.

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