Sicilia, la rivolta dei Festival «Ecco gli scempi della Regione»

L’anno scorso la vergogna Dolce & Gabbana, sovvenzionati dalla Regione per due sfilate in Sicilia che avrebbero dovuto portare l’Isola in tutto il mondo. Fu rappresentata una Sicilia folcloristica e da cartolina, che, fortunatamente, nessuno ha visto al li fuori delle poche persone che hanno assistito alle due serate.

Quest’anno il bis. Per di più con l’ombra dello scandalo. Già perché un milione e 200mila euro stanziati dai Fondi europei per lo sviluppo degli spettacoli dal vivo sono stati destinati senza alcuna evidenza pubblica, ovvero senza bandi, a pochi. Precisamente al Sicilia Jazz Festival che si è svolto a Palermo e al BellininFest. «Mentre altre 70mila euro le ha versate direttamente l’Assessorato al Turismo regionale» per sostenere l’Eolie Music Fest di Samuel dei Subsonica, denunciano gli imprenditori siciliani della musica. Tutte iniziative che non hanno portato alcun turista in più nella nostra isola, rispetto invece a quei Festival che da circa vent’anni vengono organizzati da privati con l’intento proprio di valorizzare il territorio, portando turismo e lavoro. A questi nessun riconoscimento, semmai qualche spicciolo.

Eppure, di Sicilia si parla in Italia e all’estero grazie all’Ypsigrock di Castelbuono oppure all’Ortigia Sound o al Mish Mash di Milazzo, o ancora a Catania Jazz. Non certamente per il Sicilia Jazz Festival la cui eco non ha oltrepassato Porta Nuova di Palermo, né per l’Eolie Music Fest, naufragato senza lasciar traccia, e neppure per il BellininFest, costretto a ricorrere alla pubblicità per ottenere un po’ di visibilità. «Sicilia Jazz Festival e BellininFest sono stati addirittura in grado di promuovere sulle maggiori reti televisive nazionali i loro eventi con spot dai costi elevatissimi, in cui si propone solo un’idea stereotipata della nostra terra: mare, spiaggia e bella donna scollata», sottolinea Lucrezia Muscianisi, direttrice artistica del Mish Mash Festival. Al contrario, basta il tam tam sui social per riempire l’Area Marina protetta di Capo Milazzo o il Castello di Castelbuono.

Da sempre la politica culturale della Regione siciliana è soltanto spreco di denaro pubblico o contributi a pioggia per scopi clientelari. Un malcostume peggiorato da quando è presidente Nello Musumeci. È l’effetto di una classe politica senza cultura, disconnessa dal tessuto socio-economico dell’Isola, che continua a penalizzare i giovani imprenditori ed a farli fuggire dalla loro terra.

Questi giovani, dopo l’ennesima ingiustizia, questa volta hanno deciso di alzare la voce e di protestare. Non solo i festival della Rete Sicilia Festivals –  FestiValle ad Agrigento, Opera Festival a Milo, Mish Mash a Milazzo, Djoon Experience a Favignana/Castellamare del Golfo, Mondo Sounds – ma anche altre realtà che tanto hanno dato ai loro territori: Ypsigrock a Castelbuono, Beat Full a Palermo, Ricci Weekender a Catania, Alcart ad Alcamo, Indiegeno Fest tra Patti e Tindari. Quest’ultimo quest’anno è stato costretto ad ammainare bandiera a causa proprio dell’inefficienza delle istituzioni locali.

«I festival della Rete Sicilia Festivals, anche nel 2021, hanno saputo reinventarsi, innovare, riprogrammare in piena sicurezza, hanno messo in atto buone pratiche sulla sostenibilità, incrementato i progetti di inclusione sociale ed hanno saputo fare promozione del territorio generando un indotto turistico considerevole», sostiene Fausto Savatteri, direttore artistico e fondatore di FestiValle. Che si chiede: «Perché i festival oggettivamente meritevoli organizzati dai giovani siciliani non vengono finanziati?  Perché la Regione continua ad avere questo atteggiamento discriminatorio nei confronti della giovane classe imprenditoriale siciliana ostacolando il ricambio generazionale?».

«L’ennesima occasione persa», gli fa eco Francesco Culcasi, presidente di Sicilia Festivals. «Manca una visione di ampio respiro e ad ampio raggio sul territorio per giustificare uno stanziamento del genere di denaro pubblico. Crediamo che quei soldi potessero essere investiti meglio, per finanziare i progetti davvero innovativi, come quelli di chi da anni opera sul territorio, soprattutto per aiutarli ad uscire fuori dal periodo di crisi, invece che finanziare iniziative musicali dalle scelte artistiche abbastanza scontate e a dir poco stantie».

«L’atteggiamento della politica siciliana sorda alle richieste di una nuova generazione di imprenditoria culturale è ingiustificato», incalza Andrea Cavallaro, direttore generale di Sicilia Festivals. «I nostri festival sono perfettamente in linea con gli obiettivi sia generali, sia strategici, citati nel D.A. del 27/07/2021 di sviluppo turistico regionale del triennio 2021/2023, eppure sono rimasti esclusi da qualsiasi forma di finanziamento. Mentre in tutta Italia assistiamo ad una crescita di consapevolezza del valore della progettazione culturale, dei nuovi centri culturali, e dei festival come modello di promozione e innovazione del territorio, inspiegabilmente le nostre istituzioni regionali non si accorgono del fenomeno dei festival boutique siciliani».

La proposta che avanza Cavallaro è quella di «un tavolo tecnico e ragionare insieme sulla possibilità di adottare nuovi modelli di gestione per la promozione del settore dello spettacolo che possano dettare linee strategiche coerenti per uno sviluppo del sistema musicale regionale, sostenibile, innovativo ma soprattutto contemporaneo. Comprendere il cambiamento in atto ed avere una visione di medio-lungo periodo non può prescindere inoltre dal coinvolgimento del tessuto socio-economico dell’isola e degli operatori che, più di altri, negli anni hanno dimostrato di saper comunicare i valori del nostro territorio e generare incoming turistico».

L’appello lanciato dai Festival siciliani viene raccolto da Pompeo Benincasa di Catania Jazz, che sui social ha espresso severe critiche all’operato dell’assessore regionale Manlio Messina in merito all’assegnazione dei fondi europei al Brass group di Palermo per organizzare il Sicilia Jazz Festival. «È la conferma che le perplessità espresse da Catania Jazz non sono isolate ma largamente condivise da tutto il mondo musicale siciliano», sottolinea Benincasa. «Il documento dei Festival permette di fare un passo avanti per impedire nel futuro altro scempi di denaro pubblico e operazioni di dubbia trasparenza».

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Laureato in Lettere moderne. Giornalista professionista. Ha collaborato con Ciao2001, Musica Jazz, Ultimo Buscadero, Il Diario di Siracusa. È stato direttore del bimestrale Raro! e caposervizio agli spettacoli al quotidiano "La Sicilia". Nel 2018 ha curato il libro "Perché Sanremo è (anche) Sicilia”. Nel 2020 ha scritto “Alfio Antico. Il dio tamburo” pubblicato da Arcana.

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