Dopo i fasti della Catania raggiante, nel 2019 la rappresentanza della Sicilia canora a Sanremo si era azzerata. Da due anni sembra cominciata una timida ripresa. Deboli segnali lo scorso anno, quando fra i big entrarono il messinese Alberto Urso, proveniente da “Amici”, e Levante, Claudia Lagona all’anagrafe di Palagonia, ma torinese d’adozione. Così come Tecla Insolia, che partecipò alla gara dei giovani, varesina di nascita con madre di Solarino e papà di Floridia.

Andò maluccio. Nessuno dei due “big” siciliani entrò nella top ten: Levante si fermò al dodicesimo posto, il messinese due posizioni dietro. Tecla Insolia, seconda, beffata sul filo di lana da Leo Gassman, si è presa la rivincita quest’anno tornando sul palco dell’Ariston come ospite. La ragazza siracusana è stata infatti scelta per interpretare Nada nella fiction Rai La bambina che non voleva cantare.

Anche quest’anno la Sicilia si piazza al posto d’onore nella sezione “Nuove Proposte” con la canzone Regina del trentunenne palermitano Davide Shorty, alfiere di sonorità fusion che mescolano rap, funky e Fabio Concato, espressione di un ponte musicale fra la sua terra e Londra, città dove ha vissuto e lavorato per diverso tempo.

Se fra i giovani la Sicilia canora mantiene la posizione, tra i big i progressi sono evidenti. La coppia Colapesce-Dimartino, frenata inizialmente dalle giurie demoscopiche, ha compiuto una clamorosa rimonta sulle ali del voto della Sala stampa e del pubblico da casa. Risalita che si è fermata a un passo dal podio. Un onorevole quarto posto, impreziosito dal premio della critica “Lucio Dalla” della Sala Radio e Tv per la loro canzone Musica leggerissima, che con delicatezza e leggerezza affronta un tema collegato a questo momento storico: “Metti un po’ di musica leggera / Nel silenzio assordante / Per non cadere dentro al buco nero”.

Colapesce: «È arrivata una signorina e ci ha indicato il premio sotto un tavolino di plastica, dicendoci: “Prendetelo, tanto non vi chiamano in diretta”. È stato abbastanza brutto, triste»

«Peccato però che si siano dimenticati di noi al momento della premiazione», si lamentano i due mentre addentano un cornetto, nascondendo dietro occhiali da sole le occhiaie nere lasciate dalla lunga notte trascorsa attaccata al vecchio televisore a tubo catodico del camerino dell’Ariston. «Non ci hanno chiamati sul palco dopo che ci avevano fatto aspettare per tre ore», protesta Colapesce. «È arrivata una signorina e ci ha indicato il premio sotto un tavolino di plastica, dicendoci: “Prendetelo, tanto non vi chiamano in diretta”. È stato abbastanza brutto, triste. Potevano comportarsi meglio, anche per rispetto del nome illustre che portano questi premi, Mia Martini e Lucio Dalla».

Il siracusano di Solarino Lorenzo Urciullo, ovvero Colapesce, e il palermitano di Misilmeri Antonio Dimartino, vestiti da Dolce&Gabbana, hanno inoltre riportato la voce di Franco Battiato a Sanremo per fargli cantare l’ultima frase di Povera patria, il brano che hanno presentato nella serata delle cover. «Non lo abbiamo fatto per campanilismo, perché siciliani, ma perché dopo trent’anni quella canzone, scritta quando esplose Mani Pulite, esprime un disagio sociale che spesso ritorna attuale nel nostro Paese», spiega Dimartino. «E quell’interrogativo del ritornello – “Non cambierà, non cambierà / No cambierà, forse cambierà” – è la domanda che tutti si pongono oggi. È una canzone attualissima anche nella frase finale del testo, quando è Battiato a cantare: “Se avremo ancora un po’ da vivere / La primavera intanto tarda ad arrivare”».

Dimartino: «I Mortali sarà ripubblicato in formato maxi, con dieci pezzi in più. Sei sono canzoni del nostro repertorio riarrangiate in acustico, due gli inediti – I Mortali e il pezzo sanremese – e due cover: Povera Patria e la versione italiana di Born to Live di Marianne Faithfull»

Per loro l’esperienza sanremese servirà soprattutto per rilanciare e allungare la vita allo straordinario I mortali, uno dei migliori album italiani del 2020, che si è dovuto scontrare con la dura realtà del lockdown. «I Mortali sarà ripubblicato in formato maxi, con dieci pezzi in più», annuncia Dimartino. «Sei sono canzoni del nostro repertorio riarrangiate in acustico, due gli inediti – I Mortali e il pezzo sanremese – e due cover: Povera Patria e la versione italiana di Born to Live di Marianne Faithfull. Tutti brani in sintonia con il tema portante dell’album, quello della mortalità, condizione comune a tutte le creature terrene, destino cui anche l’uomo non può sottrarsi».

E nella speranza che la primavera (non quella meteorologica) venga al più presto, i due scalpitano per tornare in tour: «L’anno scorso siamo stati tra i pochi a fare concerti, speriamo che vengano al più presto definite le linee che il settore dovrà seguire per ripartire. Già sarebbe una bella cosa poter suonare anche soltanto per mille spettatori come lo scorso anno. Speriamo di poter suonare: il palco è il posto da dove veniamo, la nostra vita è lì».

La Rappresentante Di Lista

La “queer band” La Rappresentante di Lista si piazza undicesima. Per il duo palermitano è un momento fortunato: il brano Questo corpo è nella colonna sonora di The New Pope di Sorrentino, mentre Veronica ha debuttato nella fiction Rai Il cacciatore

Undicesima si è piazzata La Rappresentante di Lista, “queer band” palermitana guidata dalla cantante Veronica Lucchesi e dal chitarrista Dario Mangiaracina, attori formatisi alla scuola di Emma Dante, e musicisti trasversali, fluidi, che non disdegnano il mainstream. Per i due questo è un momento fortunato: il loro brano Questo corpo è nella colonna sonora di The New Pope di Sorrentino, mentre Veronica ha debuttato nella fiction Rai Il cacciatore. Adesso Sanremo, al quale aspiravano da tempo, ma prima Carlo Conti, poi Baglioni, li avevano bocciati. Per LRDL, acronimo della band, un album di inediti, My mamma, che in italiano si legge “mai mamma”, un manifesto femminista in cui «si parla di crescita, di silenzi, di riflessioni sulla vita e sulla morte, di pagine bianche che vengono riempite e in cui, ognuno che ascolta, può leggere ciò che vuole. Una volta pubblicate le canzoni non sono più nostre, diventano di chi le ascolta e di chi può trovarci significati che non avevamo immaginato».

Il tempo di uno squillo di tromba sulla divertente versione di Fulminacci di Penso positivo di Jovanotti è durato il passaggio sul palco dell’Ariston del siracusano di Augusta Roy Paci, un habitué del Festival, dove fu anche in gara in coppia con Diodato nel 2018.

Chi ha deluso, inaspettatamente, è stato Fiorello. Lo showman siciliano si è acceso a intermittenza, risultando spesso stanco e banale nelle battute

Chi ha deluso, inaspettatamente, è stato Fiorello, padrone di casa all’Ariston insieme con Amadeus, che vanta anche lui origini siciliane (i genitori sono di origine palermitana). Lo showman siciliano si è acceso a intermittenza, risultando spesso stanco e banale nelle battute. Forse è stato tradito dai suoi autori, o forse era lui il primo a non credere al progetto dell’amico Ama. E le critiche lo hanno innervosito e offeso, tanto da rifiutare l’idea di un terzo mandato a Sanremo.

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