Dagli Earth Wind & Fire Experience ai Jethro Tull sino alla band dell’ex batterista dei Pink Floyd, è tempo di remake. Nick Mason: «Non siamo una cover band». Il debutto londinese dei Saucerful of secrets che il 12 luglio faranno risuonare al Teatro antico di Taormina le canzoni di Syd Barrett

Steve Hackett viene in Italia per eseguire interamente l’album dei Genesis “Selling England by the Pound” uscito nel 1973.  Al McKay con la band Earth Wind & Fire Experience il 18 giugno a Taormina farà rivivere le sonorità funk, rhythm’n’blues, jazz e soul che hanno segnato un’epoca.  Il tastierista Alan Clark con i Dire Straits Legacy tenta di far sopravvivere una leggenda pur senza Mark Knopfler. I Cranberries, orfani di Dolores O’Riordan, tentano un colpo di coda con l’album “In the End”. I fratelli-serpenti Liam e Noel Gallagher si contendono l’eredità Oasis da separati sul palco. Gli America (11 luglio Taormina) da cinquant’anni attirano pubblico al suono di una sola canzone (“A Horse with No Name”). In versione musical si festeggia il cinquantennale di “Abbey Road” con lo spettacolo “Beatles Revolution” il 31 luglio a Taormina. Il 27 luglio i Pink Floyd Legend illumineranno il lato oscuro della luna a Taormina, i Brit Floyd (in settembre in Sicilia) celebrano i quarant’anni di “The Wall”, mentre Nick Mason è in tour e propone pezzi dei Pink Floyd.

Gli Earth Wind & Fire

Curioso ma non troppo, considerando l’”eterno ritorno” in cui siamo immersi, tra revival, remake, riscoperte e rimasterizzazioni. Le migliori cover band, ovvero le band nate per riproporre repertori famosi di gruppi che non esistono più, non possono che essere le band stesse, o parti di esse. Ibridi, a metà tra un gruppo-tributo e un nuovo progetto musicale. Come successe quando i residui Doors decisero di tornare in scena nel 2002, trentun anni dopo la morte di Jim Morrison, col cantante Ian Astbury dei Cult. O con i Queen, spesso in tour con Adam Lambert al posto di Freddie Mercury.

D’altronde, oggi anche gli originali affrontano tour pur non avendo un nuovo repertorio. Come Vasco Rossi. Oppure Claudio Baglioni e Francesco De Gregori. O, ancora, i Rolling Stones. E che dire dei Jethro Tull (il 23 giugno a Taormina), il cui leader Ian Anderson è l’unico superstite? E tutti, o quasi, riempiono stadi e teatri. D’altronde l’era dei talent e del karaoke, del remake e del vintage, ha disabituato l’ascoltatore alle novità e alle sperimentazioni. Si accorre ai concerti per scattarsi un selfie mentre si fa l’eco a brani ormai codificati nella storia. Non a caso è un fiorire di cover band, sintomo di una crisi creativa e della paura nell’imboccare strade nuove.  Vengono perfino sperimentati gli ologrammi per riportare sul palco virtualmente Elvis Presley, Whitney Houston, Michael Jackson ed Amy Winehouse. Il vintage è una scelta. Il vintage è uno stile. Ma è anche un rifugio. È quel che resta dal confronto. È la disperata ammissione di un limite: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si reinventa. Meglio, allora, tenersi l’originale.

I Jethro Tull (Foto dal Sito ufficiale)

La nuova avventura del batterista dei Pink Floyd s’intitola Nick Mason’s Saucerful of secrets (in omaggio al titolo del secondo album della leggenda, datato 1968) e ovviamente ripropone il repertorio dei primissimi anni, pezzi come “Interstellar Overdrive”, “Astronomy Domine”, “See Emily play”, “Arnold Layne”, “Nile song”, “Set the controls for the heart of sun”, alcuni dei quali sono stati eseguiti pochissimo dal vivo, o addirittura mai, stuzzicando il fanatismo delle legioni di fan che ancora oggi si mobilitano per qualsiasi elemento che abbia a che fare con i Pink Floyd. È cominciato quasi per gioco quando Guy Pratt (bassista dei Pink Floyd dopo l’uscita di Roger Waters) ha fatto balenare l’idea di un progetto tributo al primo repertorio della band. Mason, benché Pratt sia anche un comedian, lo ha preso sul serio, scrollandosi di dosso 25 anni di inattività live, a parte alcune sporadiche apparizioni, e l’anno scorso ha deciso, a 74 anni di età, di ritornare in tour.

Per mettere su la nuova band, il batterista ha ricevuto il benestare di David Gilmour e di Roger Waters. I due non si parleranno molto fra loro, ma sicuramente sono rimasti vicini a Mason, che tra l’altro è l’unico elemento della band a essere presente in tutti gli album ufficiali dei Pink Floyd. «È una cosa davvero assurda secondo me» aveva detto Mason, provando a spiegare lo stallo. «Ma penso che il problema sia che Roger non rispetti davvero David. Pensa che scrivere pezzi sia tutto, e che suonare la chitarra o cantare siano cose che, non dico che sanno fare tutti, ma che non possono essere messe sullo stesso piano di giudizio del comporre».

Nei Saucerful of secrets milita anche il chitarrista Gary Kemp, storico membro degli Spandau Ballet, che a loro volta avevano deciso di tornare in tour anche senza il cantante Tony Hadley, sostituendolo col giovane Ross William Wild, poi licenziato in tronco. Completano l’organico Lee Harris dei Blockheads e Dom Beken.

Nick Mason (Foto Jill Furmanovsky)

«Non siamo una tribute band» ha tenuto a precisare Nick Mason alla rivista Uncut alla vigilia del debutto londinese del tour che il 12 luglio farà tappa al Teatro antico di Taormina. «Non è importante suonare le canzoni esattamente come erano, ma catturarne lo spirito». Ed è stato difficile entrare in quello di Syd Barrett, autore dei brani del primo periodo dei Pink Floyd. «Una volta che inizi a esaminare attentamente il lavoro di Syd, ti rendi conto che è molto più complesso di quello che ti aspettavi. Non è scritto come la gran parte delle canzoni pop. La nostra versione di “Bike” è una delle cose più difficili che abbiamo affrontato. E poi ci sono brani come “Set The Controls For The Heart Of The Sun” soltanto perché è uno dei mei preferiti» spiega il batterista. Che poi tiene a tranquillizzare i fans di Barrett: «Gary (Kemp, nda) non sta prendendo il posto di Syd. Ci vuole entusiasmo per farlo e Gary ce l’ha».

Se la diffusione delle tribute band, del fenomeno della ripetizione e di quello del remake, produce consensi e attrae pubblico, non possiamo tuttavia rimarcare il rischio che il rock possa diventare oggetto da museo. Itinerante, certamente, in quanto esibizione sonora, ma sempre museo. E, in tal senso, natura morta.

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