Mi piace aprire la nostra conversazione leggendo un brano dalla novella Ciaula scopre la luna di Luigi Pirandello. In questo testo ho riscoperto, infatti, un “manifesto” di ogni seria indagine culturale e, perciò, anche di ogni serio impegno giornalistico.
«Ora, ora soltanto – leggiamo nel testo pirandelliano – così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva […] Sì, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose che si sanno, a cui non si è mai dato importanza. E che poteva importare a Ciaula, che in cielo ci fosse la luna? […] C’era la Luna! La Luna! E Ciaula si mise a piangere […] (e non) si sentiva più stanco, nella notte, ora piena del suo stupore».

La vera conoscenza implica sempre un cammino (Ciaula col suo carico in spalla deve risalire dal fondo della miniera), che procura un’esperienza e culmina in uno stupore. Non a caso Gregorio di Nissa, una grande figura dei primi secoli del Cristianesimo diceva che solo lo stupore conosce. E Max Planck, considerato il padre della Fisica quantistica, aggiungeva: Chi ha raggiunto lo stadio di non meravigliarsi più di nulla dimostra semplicemente di aver perduto l’arte del ragionare e del riflettere.

Ho scelto questo tema per la mia conversazione ripensando a due dialoghi avuti con Barbara. Il primo risale al gennaio 2016, quando venne a trovarmi al giornale “La Sicilia”, comunicandomi che sarebbe andata per un semestre in Francia e non avrebbe potuto seguire all’Università il mio corso di “Storia e tecnica del giornalismo”. Concordammo insieme un programma di lavoro: Barbara avrebbe seguito quotidianamente un giornale francese, individuando i temi prioritari nella prima pagina e cercando di schedare, in particolare, i commenti e le inchieste sul terrorismo islamico e l’integrazione. Quel lavoro le permise di fare, con un po’ di fatica, un cammino, che si tramutò presto in esperienza personale.

Il secondo dialogo risale al 10 giugno di quest’anno. Fu una conversazione in pizzeria con la redazione del Sicilian Post. Il direttore mi aveva gentilmente invitato per un dialogo con i giovani collaboratori del giornale. In quella serata si parlò su come “trattare” le notizie e su come impostare i contenuti. Barbara era seduta di fronte a me. Il tema centrale della discussione fu: apriamo gli occhi sulla realtà e scaviamo fino ad arrivare al fondo. Ritornarono anche in quella conversazione parole come realtà, esperienza, stupore.

Racconto cosa hanno rappresentato per me – in 35 anni di lavoro giornalistico – queste parole attraverso un esempio. Ogni anno la SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo nel Mezzogiorno) presenta un rapporto, ricco di analisi, dati, tabelle, sulla situazione del Sud. Il Rapporto di quest’anno, per esempio, ha fornito un dato che ha provocato molti commenti: dal 2002 al 2015 sono emigrate dal Sud 1,7 mln di persone, più del 50% giovani, di cui circa il 20% laureati. Molti di loro sono siciliani. La reazione epidermica di un giornalista navigato è: “la solita storia”, facciamo un titolo, produciamo un grafico, magari chiediamo un commento e anche per quest’anno ci siamo liberati di un fastidio.

Ricordo molto bene il giorno in cui fu reso noto il Rapporto del 2010. Anche in quella circostanza il dato più interessante era la rilevazione di un’emorragia di giovani, da Sud a Nord (all’epoca di circa 700mila unità), ma a farmi cambiare sguardo fu un collega, che venne da me e mi disse: stiamo parlando dei nostri figli; i miei due figli sono al Nord a studiare; e anche le tue figlie sono andate via dall’Isola per studiare. Improvvisamente gli occhi della nostra mente si aprirono. Non stavamo parlando appena di una statistica, ma di qualcosa che ci toccava personalmente e, come noi, chissà quante altre migliaia di famiglie siciliane.

Quando accade questa presa di coscienza, cominci a capire che dietro ogni giovane che va via c’è una storia, c’è una famiglia. Allora non si tratta appena di dare una notizia, ma di lasciarsi interpellare, di provare a capire: perché se ne vanno? Perché, dopo essere andati via, non tornano? E noi cosa possiamo fare per loro? E i giovani che restano che fanno? Così alla fine di quell’anno coi miei colleghi decidemmo di dedicare a questi temi i quattro inserti speciali che solitamente stampavamo fra Natale e Capodanno. Tante volte avevamo parlato di questi argomenti, ma solo quando una luce nuova aveva illuminato il nostro sguardo e aveva squarciato il velo della routine, avevamo cominciato a conoscere quel fenomeno. […]

Quest’anno è accaduto un fatto che mi dà speranza per il lavoro che svolgo e mi offre una prova che l’imprevisto è sempre possibile. All’inizio del corso dell’a.a. 2016-2017 ho lanciato una provocazione ai miei studenti. Ho detto loro: se semplicemente voi teneste i vostri occhi ben aperti sulla realtà, questo gruppo diventerebbe la prima redazione giornalistica di Sicilia. Molti hanno considerato questa positiva provocazione come una frase di circostanza. Alcuni, invece, hanno cominciato a prenderla sul serio, come i giovani giornalisti di Sicilian Post. […] In maniera inaspettata il loro progetto, di cui la nostra Barbara faceva parte, ha ricevuto a settembre a Milano il premio Giovannini quale migliore start up nel campo dell’informazione in Italia. […]

Ai giovani […] dico: la vostra arma principale è la capacità di stupirvi della realtà. Lo stupore, infatti, rende capaci di vedere cose che sono davanti allo sguardo di tutti, ma nessuno riesce a vedere. Contagiate noi adulti, facili prede del cinismo che ci viene dall’esperienza dura della vita, contagiateci col vostro stupore, con la vostra capacità di sognare. Seguite i desideri del vostro cuore. La realtà non vi tradirà.


Durante la seduta di diploma la tesi di Barbara è stata discussa dalla sua relatrice, prof.ssa Marina Paino (Direttore del DISUM). Sono intervenuti poi i membri della commissione presieduta dal prof. Francesco Priolo (Presidente SSC), Lina Scalisi e Salvatore Sortino (Coordinatori di Classe SSC) e Mario Pagano (presidente del corso di laurea magistrale in Filologia moderna). A seguire si sono succeduti alcuni interventi programmati di colleghi giornalisti e studenti della Scuola. Su richiesta degli studenti della SSC, alla nostra amica e collega è stata dedicata un’aula di Villa San Saverio, precedentemente nota come “aula 50 posti”.

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