In attesa che, nel centro d’accoglienza più grande d’Europa, si proceda con i prossimi trasferimenti previsti per domenica 17 Febbraio, il primo cittadino, Giuseppe Mistretta, espone i propri dubbi

[dropcap]A[/dropcap]nche qualora le operazioni di sgombero del Cara di Mineo fossero concluse entro i tempi previsti, la questione per il sindaco del comune calatino sarebbe tutt’altro che chiusa. Secondo il primo cittadino Giuseppe Mistretta, infatti, in questi anni oltre agli aspetti positivi legati all’indotto e al tasso d’occupazione, si sono manifestate delle criticità delle quali vorrebbe discutere con il ministro dell’interno Matteo Salvini. Sebbene abbia richiesto, già da qualche giorno, un’audizione urgente e sia stato messo in contatto con il segretario del ministro, ad oggi non ha ricevuto alcuna risposta. Quest’indugio turba il primo cittadino, tanto da affermare «non vorrei ci fossero italiani di serie A e italiani di serie B. Il comune di Mineo ha sofferto tanto in questi anni, perciò ritengo sia giusto porre sul tavolo di discussione tali problematiche ed ottenere le dovute rassicurazioni, rispetto un problema d’interesse europeo e nazionale». Gli abbiamo rivolto alcune domande sulla situazione corrente e su cosa sia lecito attendersi sull’evolversi della situazione.

Quali sono le questioni che più la preoccupano?
«I migranti che godono della protezione umanitaria non possono più essere ospitati negli Sprar. Pertanto, per effetto del Decreto Sicurezza, il comune di Mineo si è fatto carico di un nucleo monoparentale: una madre il cui figlio minore ha problemi di salute. È necessario conoscere quanti possano essere nella stessa condizione e soprattutto capire se il governo intenda farsi carico delle spese. Inoltre, la maggior parte dei migranti che risiedono nel centro si sta allontanando volontariamente, ma una volta mandato via l’esercito, e quindi la sicurezza, qualcuno di loro potrebbe rioccupare lo stesso Cara determinando un problema di ordine pubblico. Preoccupante è anche l’impatto economico che si verificherà sul territorio una volta ultimati i trasferimenti: il comune dovrà fare i conti con un indotto finito e la relativa disoccupazione».

Ritiene che lo Stato non si stia assumendo le sue responsabilità?
«Quando nel 2011 il governo impose il Cara, incontrò nel territorio moltissime resistenze che furono in qualche modo placate con la sottoscrizione del “Patto per la sicurezza”, nel quale erano previste delle misure compensative a favore dell’economia tradizionale danneggiata dalla presenza del centro d’accoglienza; tuttavia nessuna compensazione è mai arrivata. L’accordo fu siglato dal ministro della Lega Maroni, oggi, paradossalmente un leghista chiude il sito. Lecito chiedersi se Salvini voglia mantenere queste promesse, al fine di far ripartire la nostra economia. Il consiglio comunale di Mineo ha, inoltre, chiesto la zona franca fiscale».

Dalla stampa si apprende che il responsabile della Lega per il Calatino, Vincenzo Gozza, ha criticato la chiusura del Cara di Mineo, lei cosa ne pensa?
«La mia posizione in merito non cambia. Così come avevo già espresso in una petizione popolare del 2014, centri di così grandi dimensioni non sono capaci di garantire un’accoglienza adeguata: non c’è alcuna integrazione. L’ospitalità in strutture più piccole è la giusta soluzione. La chiusura del Cara di Mineo è un’esigenza reale dettata dal fallimento di questa politica d’accoglienza, quindi su questo la mia opinione è in linea con quella del ministro della Lega però con un distinguo: che ci venga riconosciuta come territorio la possibilità di recuperare il danno avuto in questi anni».

Cosa si auspica per i prossimi giorni?
«Proprio Vincenzo Gozza mi ha rassicurato che entro questo fine settimana sarei stato contattato per un incontro. Quello che mi aspetto è una risposta politica, sono interessato a capire se davvero Salvini ha a cuore questa parte dell’Italia o se la Sicilia è stata solo una regione serbatoio di voti. Non chiediamo soldi per il comune, di nostro interesse è che vengano messe in atto delle misure straordinarie per le imprese che hanno avuto dei danni, e per tutti coloro che hanno perso qualcosa, serenità compresa».

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