Tra i vicoli di Mazara del Vallo, dove fedi diverse camminano fianco a fianco
Mazara del Vallo, con il suo porto-canale, non è soltanto il principale distretto della pesca in Italia, con una flotta di quattrocento motopescherecci d’altura e quattromila marinai imbarcati, ma un esempio di felice convivenza tra religioni. A parlarcene, in un affascinante – e a tratti commovente – doppio libro, sono Giovanni Franco, giornalista e fotografo, e quel Nicola Cristaldi che di Mazara è stato a lungo sindaco, oltre che a ricoprire la carica di presidente dell’Ars.
Nella Casbah o Medina, scrive Franco, «rimane l’impianto islamico della dominazione araba dell’827, quando i berberi sbarcarono a Mazara… e da dove ebbe inizio l’invasione della Sicilia. E dagli anni Sessanta del Novecento, i tunisini “ritornarono”… per lavorare nel settore della pesca». Un doppio libro, dicevamo, che inaugura, per le edizioni Libridine la collana Reverso. Ha due diverse copertine ma un unico titolo: Il canto della Casbah.
Quest’ultima, scrive Cristaldi, «è una calamita di lingue e religioni diverse dove si può vedere una comunità musulmana vivere in case dove i Cristiani hanno affisso sui muri esterni le immagini della propria fede. Per contro, in poche città europee è possibile ascoltare l’appello del Muezzin alla preghiera musulmana che … per cinque volte al giorno… si miscela con il suono delle campane». Ci sarebbe da non crederci se non ci fossero le potentissime immagini di Giovanni Franco che ci mostrano i «popoli avversi affratellati insieme», come li avrebbe definiti Giuseppe Giusti: Musulmani, Cristiani ed Ebrei.
Ecco, nelle foto, i pescherecci, i gabbiani e quei vicoli che sono in realtà corridoi di un’enorme abitazione vissuta da un’unica, enorme famiglia. Persone con i loro sacchetti della spesa, i loro panni al vento, le bombole di gas, le scope, le scarpe lasciate fuori dall’ingresso della moschea. Pescatori con il loro pesce da abbanniari. Ragazzini con i loro palloni o in attesa di inforcare la bici parcheggiata accanto a un grande vaso. Uomini maturi con volti d’ogni etnia intenti a giocare con carte siciliane. E donne. O circondate di panni multicolori e con la testa coperta da una hijab nera, o con una maglia leopardata, dietro una finestra. Persone. Tutte a guardare gli schermi degli stessi telefonini mentre attraversano le viuzze segnate da simboli e immagini religiose, cristiani e musulmani e dalla straordinaria policromia delle ceramiche che le ornano. Un grande museo della ceramica a cielo aperto, scrive Franco, «realizzato, con il concorso di artisti, giunti da tutto il mondo, negli anni scorsi, dal sindaco Nicola Cristaldi».
Per la regola degli incroci, anche Cristaldi cita Franco, rievocando un curioso episodio di qualche anno fa, quando «un marinaio … dalle acque internazionali telefonò al … giornalista dell’Ansa, per esporgli il suo progetto sulla questione dell’immigrazione clandestina». Già, l’immigrazione. Con una drammatizzazione delle divisioni etniche e religiose che a Mazara si dimostra falsa. Non a caso Cristaldi indica come simbolo della rinascita della Casbah i festeggiamenti in occasione del nono centenario del Parlamento siciliano che il gran Conte Ruggero, il cristiano che volle gli arabi alla sua corte, convocò proprio nel 1097, nella Cattedrale di Mazara.
Certo, la città dell’accoglienza «fu scossa ogni tanto dalla “guerra del pesce” nel Canale di Sicilia» ma, ricorda Cristaldi, «a Mazara del Vallo siamo tutti marinai o figli del mare… partivano e qualche volta non tornavano perché inghiottiti dalle onde o perché caduti sotto le mitraglie di paesi ostili, ma quando… tornavano a casa portavano la ghiotta… distribuita secondo una logica che prevedeva priorità nei destinatari ma nessuna esclusione tra i vicini di casa». Una famiglia, insomma. «As-Salamu ‘alaykum wa raḥmatu-Llah», scrive Franco, «il lettore dei sacri testi islamici, con il tipico berretto Kufi, saluta i fedeli… E cala di nuovo il silenzio in quel dedalo di vicoli. Poi fai pochi passi e… ti imbatti nel vescovo della diocesi con lo zucchetto in testa che rientra». Cristaldi aggiunge notizie sulla «magnifica piccola chiesa dedicata a San Vito, martire cristiano e concittadino», che attraversa i vicoli ogni martedì del mese in groppa a un cavallo bianco.
Parla, Cristaldi, dei diversi modi di intendere il Cuscus, «gli Arabi con il montone e i Mazaresi con il pesce», del vicolo dedicato al muro del pianto, della tunisina Mahdia «specchio di Mazara del Vallo». E ancora di piccole e grandi storie: di ebanisti e mobilieri d’eccezione, di banditi-eroi come Saltaliviti , del violinista Giattino e del nano Michiluzzu senza trascurare quel Tommaso, l’uomo cane nel quale Leonardo Sciascia aveva pensato di riconoscere lo scienziato catanese Ettore Maiorana, misteriosamente scomparso. E nel frattempo le magnifiche immagini di Giovanni Franco completano il ritratto di questi abitanti della Casbah che «forniscono esempi straordinari per approfondire la differenza tra ironia, sarcasmo e satira». Sono «inventori di storie e di leggende» ma anche di gustosissimi soprannomi (alla fine del libro vengono elencati tutti), indispensabili perché Mazara è piena di Asaro, Gancitano, Ingargiola, Quinci, Giacalone.
Un libro imperdibile anche perché ricco di deliziosi paradossi, come quello dei fratelli Scaccianoce, «gemelli talmente uguali che anche fra loro stentavano a riconoscersi».