Oggi la Turchia è al centro del ciclone mediatico. Le ultime scelte radicali del Premier turco, come la politica repressiva attuata nei confronti dei sospettati del colpo di Stato fallito del 15 luglio scorso, hanno indignato la stampa e gli opinionisti di tutto il mondo. Ma qual è l’aria che si respira nel paese? Quali sono le conseguenze per i giovani studenti italiani che ci vivono? Gianluigi Campisano, catanese classe ’89, la Turchia la conosce molto bene perché per un anno ha vissuto a Istanbul per frequentare l’università di ingegneria. Dalla fine del progetto non ha più smesso di tornarci perché come racconta i paradossi e le differenze che la contraddistinguono lo hanno affascinato. «Ma l’aria che si respira adesso – spiega con rammarico – è diversa. I miei amici turchi hanno lasciato la città, se ne sono andati perché non riescono più ad immaginare il loro futuro e quello dei propri figli in un paese in cui la deriva autoritaria e il ritorno a una tradizione radicale stanno prendendo il sopravvento sui valori democratici».

Gianluigi Campisano

IL REFERENDUM. Dopo gli eventi legati al golpe fallito del 15 luglio, la Turchia è tornata di nuovo a far parlare di sé con un referendum che spaventa anche l’Europa, da sempre divisa sull’aprire o meno le sue porte al Paese. Il 16 aprile i turchi saranno chiamati a decidere se modificare la loro costituzione che da parlamentare potrebbe diventare presidenziale, permettendo all’attuale Premier di governare indisturbato fino al 2029 con maggiore autorità. «A me fa paura la deriva che sta prendendo il suo potere – commenta Gianluigi – ma molti turchi, soprattutto quelli più poveri, saranno in suo favore perché il governo negli ultimi anni ha avviato una serie di misure che hanno migliorato le loro condizioni di vita». Per Ester Cristaldi, dottoranda calabrese in comunicazione all’Università di Marmara a Istanbul è difficile dire chi vincerà. «I turchi, che sono molto patriottici – commenta – rivedono in Erdoğan l’immagine del capo carismatico cui sono storicamente affezionati. Da italiana, un referendum del genere mi sconvolge. Che succede – come purtroppo sta accadendo in altre parti del mondo – se il potere finisce nelle mani sbagliate?».

«Mi spaventa molto la deriva che sta prendendo il potere di Erdoğan, ma molti turchi, specie quelli più poveri, saranno in suo favore al referendum perché ha migliorato le loro condizioni di vita»

UN PAESE IN TRANSIZIONE. Ester, studentessa ventinovenne che ha lasciato Cosenza dopo aver vinto una borsa di studio, vive a Istanbul dal 2014. Lei, come Gianluigi, non ha dubbi sul fatto che la Turchia si trovi in una fase di transizione, ma non accetta chi ne vede solo l’arretramento e non il progresso. «Mi è capitato di leggere che in Turchia sia stata vietata la rappresentazione di opere di autori occidentali, ma io fino a qualche giorno fa sono andata a vedere Shakespeare. Vivo qui da anni e mi sono resa conto che quello che si racconta della Turchia non corrisponde sempre alla verità. Ho avuto modo di assistere ad alcuni discorsi di Erdoğan e quello che posso dire è che non l’Hitler che i giornali dipingono. È ambiguo, ma viene anche spesso frainteso. Un esempio? L’abolizione del divieto di indossare il velo islamico per le donne impiegate nell’amministrazione pubblica. È stato interpretato come un ritorno al passato e all’Islam radicale, ma io l’ho visto come un modo di dare all’altro la possibilità di esprimere liberamente una tradizione, non come un’imposizione».

«Ho letto che in Turchia sia stata vietata la rappresentazione di opere di autori occidentali, ma io fino a qualche giorno fa sono andata a vedere Shakespeare»

IL GOLPE DEL 15 LUGLIO E IL REPULISTI. La notizia del colpo di Stato, organizzato dai militari che con i carrarmati occupavano la città per destituire dal potere Erdoğan, ha lasciato il mondo sbigottito. Ester quella sera si trovava lì. «Per la prima volta ho provato paura perché un evento del genere nel 2017 è inimmaginabile. La cosa che mi ha sconvolto di più, però, è stato il ritorno alla normalità. Il giorno dopo, tutto aveva ripreso a funzionare. Non mi so spiegare il motivo, probabilmente i turchi sono abituati a questi disordini». Della notte surreale a cavallo tra il 15 e il 16 luglio, tuttavia, ciò che è passato alla storia non è stato tanto l’evento in sé, quanto le misure repressive attuate dal Premier nei confronti di giudici, giornalisti, professori, imam, dipendenti accusati di essere stati i sostenitori del golpe. «A me come ad altri miei colleghi  – racconta ancora Ester – è arrivata una e-mail in cui si diceva che avrebbero effettuato controlli. C’era tensione ovunque. Alcuni docenti sono stati deposti dai loro incarichi perché, a quanto pare, molte università e scuole sono finanziate da Fethullah Gulen, il primo sospettato, secondo il governo turco, del colpo di Stato».

Ester Cristaldi

LA CENSURA E IL BLOCCO DEI SOCIAL. È ormai noto che in Turchia a seguito di eventi drammatici come attentati o disordini interni, il governo cerchi di evitare la fuga di notizie. Gianluigi ricorda che quando nel 2015 è scoppiato lo scandalo dei possibili accordi del figlio di Erdoğan, Bilal, con l’Isis, lui si trovava a Istanbul. «In quell’occasione – racconta – Twitter e YouTube erano stati bloccati. In generale, però il problema non è internet ma l’autocensura: non si scrive per paura». A seguito della politica attuata all’indomani del fallito colpo di Stato la Turchia è stata inserita fra la lista dei Paesi parzialmente liberi nell’ultimo report di Fredoom House. «Quando si verifica un evento drammatico – spiega Ester – Internet e i social per alcune ore funzionano lentamente perché c’è una legge che vieta la circolazione di notizie o immagini violente. Questa interdizione, che probabilmente nasconde dell’altro, si può però raggirare».

«Quando si verifica un evento drammatico Internet e i social per alcune ore funzionano lentamente perché c’è una legge che vieta la circolazione di notizie o immagini violente, ma è possibile aggirare questa interdizione»

TURCHIA ED EUROPA. «Contrariamente a quello che gli altri possono pensare – aggiunge Ester con determinazione – in questo paese ho trovato la mia dimensione e sono riuscita a realizzare il mio sogno di fare ricerca. La Turchia non è tranquilla, i disordini e gli attentati sono all’ordine del giorno, ma ho imparato a conviverci. Il mio futuro ormai lo immagino qui». Diversamente la pensa Gianluigi che, invece, non vive più in Turchia: «Il Paese – spiega con rammarico – si sta allontanato sempre più dall’Europa. Molti turchi, o almeno quella parte della popolazione che aspira a fare parte dell’Unione, si sentono abbandonati e sfruttati. Quello che spero è che la Turchia possa fare delle sue contraddizioni un punto di forza. Vorrei che la donna vestita “all’occidentale” come la donna con il velo possano non sentirsi discriminate. Ma se l’Europa non si avvicina a questo paese, il continuo sovrapporsi delle tendenze più aperte a quelle più chiuse sarà eterno».

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