Un compendio secentesco sul Mongibello è lo spunto per un’analisi a tutto tondo sul significato storico, scientifico e sociale dell’Etna, frutto della collaborazione fra umanisti e scienziati

Una risorsa per il territorio e un deposito inesauribile per la conoscenza scientifica ma anche fonte di “timore e tremore” quando la sua forza distruttiva si risveglia scompaginando l’ordine sociale e obbligando i siciliani a far fronte ai capricci della sorte. Questo e molto di più è l’Etna per chi con reverenza vive alle sue pendici, oggi come quattrocento anni fa. Dall’esigenza di comprendere il vulcano in questa molteplicità di aspetti è nato il volume “Un secolo di fuoco. Il Seicento e l’Etna nel compendio di Natale di Pace”. Curato da Lina Scalisi, docente di Storia Moderna dell’Università di Catania ed edito dalla Domenico Sanfilippo Editore, il libro prende spunto dal trattato secentesco sulla storia del Mongibello scritto dal canonico di Bronte Natale di Pace. L’opera, confezionata con il contributo di Luigi Ingaliso, docente di Storia della scienza, e del vulcanologo dell’Ingv Stefano Branca, è nata «dal lavoro di squadra e dalla sete di cultura», come commenta la sua curatrice. Un rigore scientifico che non inficia la profonda attualità di un lavoro che «ci aiuta a paragonarci con la cronaca dei nostri giorni, le alluvioni, e dei nostri mesi se pensiamo al recente terremoto nei paesi dell’Etna» come sottolinea di Giuseppe di Fazio, giornalista e presidente del comitato scientifico della Fondazione DSe, intervenuto alla presentazione del libro all’ex Monastero dei Benedettini a Catania.

UNA PROSPETTIVA MULTIDISCIPLINARE. «Il manoscritto di Natale di Pace da cui prende vita questo volume –  prosegue Di Fazio – include infatti tre saggi diversi: uno storico, uno vulcanologico e uno storico-scientifico. Questo incontro tra storia, scienza e letteratura è ciò che maggiormente lo contraddistingue». La multidisciplinarietà del volume è stata sottolineata da Ezio Vaccari, presidente della Società Italiana di Storia della Scienza: «Il testo è un’indagine scientifica e storica allo stesso tempo: i tre saggi che lo compongono, pur trattando argomenti diversi, sono ben legati tra loro». Parte integrante del volume è la sua, curatissima, veste grafica con un pregevole repertorio pittorico che affianca i saggi. Spicca su tutte, in virtù della sua carica simbolica, la raffigurazione di un uomo che si inerpica sul vulcano descrivendone i vari fenomeni: «La raffigurazione di questa ascesa e dei crateri visti personalmente – afferma Di Fazio – è una testimonianza scientifica di come i cambiamenti ambientali abbiano da sempre destato l’interesse degli studiosi».

L’ERUZIONE COME FENOMENO SOCIALE. Un saggio sull’Etna non è però soltanto uno studio scientifico, come messo in luce da Carlos J. Hernando Sànchez, docente di Storia moderna all’Università di Villadolid: «Le trattazioni sull’Etna sono numerose, le sue colate hanno sempre attirato l’attenzione degli studiosi europei: risale alla fine del ‘400 per esempio un trattato sul vulcano suddetto di Pietro Bembo edito da Aldo Manuzio. L’Etna    ̶   continua il professore   –   non è solo un simbolo scientifico, ma anche poetico e politico. Ciò che contraddistingue il compendio di Natale Di Pace è il fatto che egli descriva la colata come un fenomeno sociale: per ogni eruzione più pericolosa dell’Etna infatti entravano in gioco gli interessi dei feudatari, dei militari, degli Ordini, in generale di tutte le classi sociali». Non è un caso che l’autore del manoscritto, Natale Di Pace, abbia dedicato il compendio a Emanuele Filiberto di Savoia, viceré di Sicilia nel novembre 1621 e Gran Priore dell’Ordine di Malta.

Una prospettiva, quella politica, non certo nuova per la curatrice del volume Lina Scalisi: «Del comportamento particolare delle classi dirigenti alle prese con le catastrofi   ̶   racconta la docente   ̶ mi ero già occupata nel 2013 con “Per riparar l’incendio”. Fu a Lisbona, durante le ricerche per quel volume, che mi imbattei nel manoscritto del Di Pace e compresi che aveva bisogno di uno studio apposito».

UNO STUDIO FILOLOGICO. Ricerca umanistica e dialogo interdisciplinare sono stati fondamentali per la corretta interpretazione del testo: «Il manoscritto – afferma la Scalisi – era inedito: a livello filologico questo ha richiesto la decifrazione dei segni, delle abbreviazioni e dello stile dell’autore». Ma chi era Natale Di Pace? «Quest’ultimo era un canonico colto, formatosi nella cifra culturale degli arcivescovi di Monreale; un naturalista alle prese con i misteri della scienza ma legato alle credenze religiose e, quindi, profondamente in crisi di fronte alle manifestazioni eruttive» racconta la docente.

IL TITOLO. Nel seicento l’Etna è stata caratterizzata da una violenta ed eccezionale attività effusiva: «“Un secolo di fuoco” appunto, – conferma la Scalisi – dal momento che le eruzioni che si susseguirono fino a quella più famosa del 1669 colpirono più volte i territori e le comunità alle pendici del vulcano, portando le popolazioni a sviluppare quella cultura dell’emergenza necessaria per sopravvivere». Con uno sguardo non solo scientifico-storico, ma anche politicamente e culturalmente più ampio, il XVII secolo fu di fuoco anche per un altro motivo: «In quegli anni  ̶  chiosa la Scalisi  ̶  l’Europa era alle prese con la violenza destabilizzante di rivolte e rivoluzioni: dalla Francia a Napoli, da Palermo alla Catalogna, dal Portogallo all’Inghilterra. Da qui la scelta di un titolo che riassumesse quanto accadeva in Sicilia e non solo».

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