Si intitola “La democrazia della felicità” l’opera di debutto della giovane scrittrice catanese: nella finzione del romanzo un immaginario governo impone ai cittadini di essere felici, ma la nostra esistenza sui social è poi così diversa?

Quanto è labile il confine tra il diritto e il dovere di essere felici? Il romanzo “La democrazia della felicità”, prima prova della giovane scrittrice Stefania Coco Scalisi ed edito da “Scatole Parlanti”, prova a rispondere alla questione con amara ironia. La stessa che sembra delineare il volto dell’ignoto marinaio di Antonello da Messina, che ha accompagnato la presentazione del libro, tenutasi mercoledì 27 febbraio al Palazzo della Cultura, con fare beffardo. «L’appiattimento – spiega l’autrice – è ciò che più connota i miei personaggi, vittime di un sistema in cui la rappresentazione della propria persona è più importante della sua essenza. Il sorriso alle mie spalle è a questo proposito emblematico: il suo atteggiamento è sarcastico ma allo stesso tempo triste. Così nel mio libro l’ironia scivola lentamente nel grottesco di una società che promette costantemente felicità e restituisce illusioni, lasciando solo tanta malinconia».

LA FELICITÀ AD OGNI COSTO. La tristezza è, per la verità, un sentimento bandito dal Paese immaginato da Stefania, regno del Partito del sorriso che al PIL ha preferito la FIL (Felicità Interna Lorda). «Alla luce dei miei studi in Relazioni Internazionali – racconta la Scalisi – non potevo che affrontare alcuni temi del nostro presente immergendoli in un fittizio sistema politico. La democrazia è sempre stata una promessa di felicità che oggi però sembra assumere i connotati di un obbligo: prerequisito fondamentale in chi ci governa deve essere la capacità di renderci felici sempre e comunque». Ma la felicità ad ogni costo ha un prezzo elevatissimo e i 5 dissidenti che all’interno del romanzo cercano di resistere alla deriva del sorriso lo sanno bene, loro sono gli unici ad aver mantenuto un pizzico di umanità. «I miei personaggi sono caratterizzati da notevoli dosi di cinismo ma, nonostante la loro mancanza di umanità, mi sono astenuta dal dividerli all’interno del racconto in buoni o cattivi. Non credo – prosegue – di avere l’autorità per farlo e non intendo replicare il modello di una società ben disposta a dare giudizi netti; sarà poi il lettore, semmai vorrà, a dire chi è il buono e chi il cattivo». Tra coloro che resistono a questa deriva dell’umanità c’è una docente di lettere classiche, in cui si incarnano gli ideali stessi dell’autrice: «Il nostro mondo è cambiato vorticosamente e io credo che quel mondo classico con cui la professoressa del libro si identifica, sia un’ancora di salvezza, il salvagente a cui anche noi dovremmo aggrapparci». Perché in fondo il mondo letterario raccontato da Stefania riflette quello reale più di quanto si possa pensare e l’arte oggi non può che creare iperboli della nostra quotidianità.

La copertina del libro

INFLUSSI E CONTAMINAZIONI. «Tra le letture che hanno influenzato la genesi del mio romanzo – spiega l’autrice – va certamente menzionata l’intervista che ho letto quest’estate, rilasciata dall’imperatrice del Giappone, conosciuta come la “principessa triste”. Questa donna, nonostante il suo ruolo istituzionale di rappresentante di una nazione infallibile, quale è il Giappone, dichiara di essere terrorizzata dal futuro, di non sapere cosa accadrà e di non poter dire di essere felice né di percepirsi tale. Il fallimento non è mai stato facile, ma oggi è divenuto intollerabile: nessuno può essere debole e nessuno può fallire, non lo sopporteremmo e non lo perdoneremmo ad alcuno. In questo contesto la dichiarazione della “principessa triste” mi è sembrata un atto di estremo coraggio e questo mio libro vuole essere un omaggio a chi non ce la fa». Il coraggio di fallire e di essere infelici sembra scomparso dai nostri orizzonti, al suo posto i nostri volti sempre sorridenti su Instagram. «The Truman Show è un’altra delle opere che più mi hanno influenzato. Si tratta di uno dei miei film preferiti ed è riuscito a prevedere come sarebbe diventato il nostro mondo. Con la sua dimensione escatologica (basti pensare al nome del personaggio del regista: Cristof) descrive i media dell’era 2.0 che ci danno la vita e ce la tolgono».

Stefania Coco Scalisi
Stefania Coco Scalisi

PARALLELISMI. Stefania Coco Scalisi ammette di non essere una fan dei social network ma, pur riconoscendo alcune ripercussioni negative indotte dal loro uso, non si sbilancia nell’attribuire responsabilità. «Mi chiedo continuamente se siamo diventati più disumani a causa dei social network, oppure se lo siamo sempre stati e i social lo hanno solo reso esplicito a tutti, ma mi astengo dal dare una risposta definitiva». Eppure proprio come nel suo Paese immaginario, i social sono quei luoghi in cui bisogna sempre dimostrare di essere felici, anche a costo di fingere, anche a costo di non sentire più emozioni. Da questo punto di vista la copertina del libro è rappresentazione efficace di quello che potremmo diventare: un sorriso da correggere. «Il grafico ha colto l’essenza del libro: un sorriso forzato che nasconde la tristezza, un sorriso amaro, quello che tutti noi abbiamo ma che non permettiamo che emerga. – e conclude – L’emoticon è un chiaro riferimento al linguaggio che utilizziamo nella frenetica quotidianità in cui tutto viene triturato, il segno a penna invece serve a ricordarci che nonostante tutto non siamo così felici come crediamo di essere».

 

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