La collaboratrice alla regia del premio oscar Dante Ferretti racconta del “melodramma moderno” che debutterà il 9 dicembre in prima assoluta al teatro catanese

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]C[/dropcap]redo che uno dei punti di forza di questo spettacolo stia nel trattare temi molto forti e universali. La storia di Maria esemplifica quelle delle nuove generazioni di migranti che vivono un contrasto tra la religione dei padri e il mondo contemporaneo. Lo spettatore entra in sintonia anche con la matrigna, la step-mother, una figura drammatica molto comune al giorno d’oggi». Marina Bianchi, collaboratrice alla regia di Dante Ferretti, rivela così alcune delle peculiarità de “La Capinera”, che dal 9 al 18 dicembre sarà sul palcoscenico del Teatro Massimo Bellini.
Il progetto di questo “melodramma moderno”, il cui soggetto è tratto dal romanzo epistolare “Storia di una capinera” di Giovanni Verga, unisce alcuni tra i nomi artistici più famosi a livello nazionale. Gianni Bella, cantautore catanese che ha composto le musiche; Mogol, autore delle liriche dell’opera; Giuseppe Fulcheri, ideatore del libretto e Geoff Westley, il quale si è occupato degli arrangiamenti e dell’orchestrazione. Ultimo, ma non per merito, Dante Ferretti, celebre artista internazionale vincitore di tre premi Oscar per la miglior scenografia (The Aviator, Sweeney Todd, Hugo Cabret), firma la regia del melodramma.

Bozzetto di scena (© Studio Ferretti)

La storia della Capinera racconta la triste vicenda biografica della giovane Maria, orfana di madre, che viene mandata in convento a causa dell’indigenza familiare. Il tema della monacazione forzata è quindi molto forte ma il modo con cui tale tema viene messo in scena, da Verga alla regia di Ferretti, è cambiato: la forte denuncia di Verga viene alleggerita dal potere evocativo della musica. Ferretti ha leggermente spostato l’ambientazione a cavallo tra Otto e Novecento, ma è la presenza della musica a tentare di restituire la modernità del testo, poiché intreccia echi primonovecenteschi alla musica pop; l’aggiunta di parti coreografiche dinamizza l’azione. A rendere attuale le pagine della Capinera, secondo Marina Bianchi, è anche «il tema del rapporto di nuove famiglie che si ricompongono: il padre che rimane vedovo, una nuova moglie, una nuova figlia, la relazione con la sorellastra, la dicotomia tra l’amore e la spiritualità, la fede».

Bozzetto di scena (© Studio Ferretti)

Anche i personaggi vogliono essere “moderni”. A partire dalla matrigna, per passare alla figura umana e materna della Badessa, che porta con sé l’eredità di badesse importanti che si sono distinte nei rami della scienza, della religione e della filosofia. Un personaggio ambiguo, frutto dell’immaginazione di Ferretti, è il Colera, che fa il suo ingresso in scena già dall’inizio dell’opera. «Il Colera è un archetipo moderno – spiega la Bianchi -. Ha una caratteristica interessante e difficile da rendere: ha una coscienza inizialmente esterna a sé, la stessa che è presente in ognuno di noi; quando torna nel secondo atto invece è come se cercasse una redenzione della propria colpa». Per il personaggio del Colera è stata inoltre creata una controfigura con parti coreografiche che nel secondo atto, al momento della morte del personaggio, uscirà da lui come se fosse la sua anima, diventando mostruosa.

Bozzetto di scena (© Studio Ferretti)

L’azione dell’opera si svolge a Catania e dintorni. La città etnea viene inserita da Ferretti in modo sintetico e vago: è presente un fondale che fa da sintesi a tre luoghi catanesi, tra cui il mercato. La processione di Sant’Agata, invece, con cui si chiude il primo atto, è stata ricreata utilizzando una piccola statua montata su un baldacchino che potrebbe simboleggiare tanto Sant’Agata quanto la Madonna. Ma il punto centrale di questa scena finale, come sottolinea la Bianchi, è «il misunderstanding sul nome di Maria. Nino si è innamorato di Maria e parla di Maria rivolgendosi alla Madonna, ma nel mezzo c’è una statua che potrebbe essere la Madonna, mentre Maria (la capinera) prega la Madonna: Maria è quindi un nome che circola a triangolo».

Bozzetto di scena (© Studio Ferretti)

Maria e la sua follia per amore dominano l’ultima parte dell’opera, caratterizzata dalla scena della cella del convento, realizzata da Ferretti per mezzo di un fondale su cui è disegnata una cupola con due oblò. «È tutto molto essenziale e simbolico; – commenta la Bianchi – la monaca pazza che parla in Verga ho immaginato che ci sia davvero e ci sarà una danzatrice che farà la sua parte. La follia è un escamotage al dolore. Manifesta la possibilità di dissociarsi, la follia aiuta a non soffrire più o comunque a non soccombere al dolore».

La capinera, melodramma moderno in due atti, debutta il 9 dicembre alle ore 20:30 sulle scene del Teatro Massimo Bellini, in prima esecuzione assoluta, con la direzione di Leonardo Catalanotto e la regia di Dante Ferretti.

 

 

 

 

 

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