Per chi ha vissuto fuori dall’orbita terrestre, Frank Zappa è sinonimo di provocazione, eccentricità, polisemia di linguaggi musicali fuori da ogni schema prestabilito e non solo l’autore del brano “tengo na minchia tanta”. Gli Stash Raiders sono nerd catanesi, un po’ fricchettoni e anche un po’ hippie fuori tempo, e anche loro vivono oltre l’orbita terrestre, in un mondo fantastico, pirati dell’iperspazio in viaggio ai confini della realtà. Come il genio di Baltimora, i quattro ragazzi etnei non sopportano la cultura degli eccessi allo stesso modo del perbenismo di facciata, e questo li rende una band difficilmente inquadrabile, perché la loro opera musicale attraversa stili ed epoche differenti. Ascoltando il loro secondo album Saving Pandora sembra di stare dentro al film Ritorno al futuro, coinvolti in un vorticoso gioco di continui passaggi fra passato e presente che fa perdere le distinzioni tra sogno e realtà. È come se Jack Sparrow incontrasse Doctor Who nel Joe’s Garage. E può capitare che in Alexander, brano che immagina un pensieroso Alessandro Magno davanti al mare poco prima dell’ultima battaglia, il re macedone sembri uscire da una sequenza di Blade Runner.

«Viaggiamo tra i tempi e lo spazio e il furgoncino che usiamo per i tour è la nostra navicella, una sorta di Tardis»

«Sì, è questo il nostro obiettivo», sorride Sacha Tilotta. «Viaggiamo tra i tempi e lo spazio, e il furgoncino che usiamo per i tour (da due anni fermo in garage come il disco a causa della pandemia) è la nostra navicella, una sorta di Tardis, la macchina del tempo della serie tv Doctor Who. E chi meglio di Zappa rispecchia questo percorso musicale. È un archetipo non solo dal punto di vista musicale, ma anche concettuale, con la sua filosofia di musica totale. Gli Stash Raiders sono un po’ come le Mothers of Invention, con la stessa capacità di sdrammatizzare, di non prenderci mai sul serio, di vedere tutto attraverso il filtro dell’ironia».

Il gioco, il divertimento, la libertà creativa, ma anche la ricerca musicale sono alla base dell’avventura musicale degli Stash Raiders. Sacha Tilotta, figlio d’arte della coppia degli Uzeda, è il capitano Kirk della navicella Pandora sulla quale la band naviga nell’iperspazio. Voce e Farfisa, comanda una ciurma composta da Davide Iannitti (chitarra e voce), Davide Toscano (basso e cori) e dal batterista Danilo Rosa che a Frank Zappa assomiglia anche fisicamente. Nella musica della band s’incontrano psichedelia, funk, progressive, vintage, retrò, sottofondi da videogame, sigle o colonne sonore di b-movie e serie tv.

«I nostri sono dei concept album, in cui ogni tappa è un episodio. Come quelli che faceva Frank Zappa e che oggi, quando tutto è mordi e fuggi, non si realizzano più»

Come Frank Zappa, anche i quattro ragazzi catanesi hanno un debole per la cultura “bassa”, che tende a includere film di fantascienza trash, fumetti manga, vecchi videogiochi. Grande assente il sesso, molto usato invece dal loro modello. «Siamo nerd a 360 gradi», sorride Sacha. «Ma aperti, compagnoni anche caciaroni», tiene subito a precisare. «Ci piace la condivisione e per questo motivo facciamo musica. È vero l’elemento sessuale è marginale. Diciamo che i nostri avatar sono asessuati…», ride. «No, è che siamo molto romantici: l’amore c’è, ma fanciullesco».

La cover di “Saving Pandora”

Timidi fanciulli o bucanieri della musica che siano, gli Stash Raiders nel divertente Saving Pandora si avventurano alla ricerca di Pandora, il loro furgoncino-macchina-del-tempo smarrito nello spazio. «Raccontiamo questo viaggio nel tempo e nelle galassie. Anche il nostro primo album Apocalyptipop descriveva un viaggio. Durante questo percorso facciamo delle tappe, incontriamo personaggi. Ogni tappa è un episodio. È un concept album, come quelli che faceva Frank Zappa e che oggi, quando tutto è mordi e fuggi, non si realizzano più».

Un viaggio bizzarro, stravagante, prodotto di un viaggio acido o di un documentario surrealista. Scopriamo i quattro nerd catanesi combattere con i pirati, fra cui il pericoloso pirata ottomano Haireddin, realmente vissuto, e di come la storiaccia si complichi quando vengono messe in mezzo una partita a Gwent (le citazioni da nerd sono degli easter eggs in tutto il disco) e una bottiglia di cognac. Poi vengono salvati dal capitano Nemo al largo dell’Isola del Pollo gigante e riescono a fuggire dall’abbraccio omologatore della Human Jungle Circle per rivendicare la propria autonomia e la propria diversità. Tema affrontato anche in The Clan Song, «critica feroce ai clan catanesi», dove per clan non bisogna intendere le famiglie mafiose ma i circoli chiusi, «le realtà sociali in cui si vive in gruppi, dove vige il pensiero unico e se si pensa diversamente si viene esclusi». Sintomo di un rapporto di odio e amore nei confronti della propria città: «Se siamo qui è perché amiamo Catania. Io vivevo a Bologna, ma sono voluto tornare», spiega Tilotta. «Sono tornato per cambiare la situazione, come la socialità chiusa, appunto. Siamo critici in maniera attiva, costruttiva».

L’annuncio del nuovo album in stile “Monkey Island”

Tant’è che il chitarrista Davide Iannitti ha anche messo su una etichetta discografica, la Hopeful Monsters Record, con la quale pubblica tutte le sue produzioni (e non solo) e, naturalmente, gli album degli Stash Raiders. «È l’unico modo per mantenere una indipendenza totale», spiega. «Seguire tutte le fasi di realizzazione di un disco e confezionare con le mie mani il prodotto finale è la garanzia di libertà e autonomia creativa».

Perché è questo l’obiettivo dei quattro nerd siciliani: vivere in piena libertà le loro fantastiche esperienze musicali. Perché sanno che, come diceva nonno Frank, «senza deviazione dalla norma il progresso non è possibile».

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