«Tanti volumi hanno raccontato la vita di Turi Ferro, ma pochi lo hanno fatto curando contemporaneamente il suo volto di attore internazionale, di padre di famiglia e di uomo legato in modo indissolubile alla sua terra, Catania». Così il direttore di “Sicilian Post” Giorgio Romeo presenta il libro “Turi Ferro, il Primattore. Catania e il mondo come palcoscenico”, da lui curato ed edito dalla Fondazione Domenico Sanfilippo Editore per la collana “Giornalismo e società”. La presentazione, tenutasi nel foyer del Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania ieri, rientra nel progetto “Turi Ferro, un artista siciliano. Celebrazioni nei 100 anni dalla nascita”, nato dalla collaborazione tra il Teatro Massimo Bellini, il Teatro Stabile etneo, la fondazione DSe e partner quali il Dipartimento di Scienze Umanistiche UniCt, l’Istituto di Storia dello Spettacolo siciliano e la Fondazione Turi Ferro. All’evento hanno preso parte: Lina Scalisi (vicepresidente del Teatro Stabile di Catania), Domenico Ciancio Sanfilippo (editore), Masolino D’Amico (critico teatrale e autore della prefazione del volume), Antonello Piraneo (direttore de La Sicilia), Guglielmo Ferro (regista e presidente della Fondazione Turi Ferro), Giorgio Romeo (direttore del Sicilian Post e curatore del volume) e Laura Sicignano (direttrice del Teatro Stabile). A moderare il prof. Giuseppe Di Fazio (presidente del Comitato Scientifico della Fondazione DSe).

L’uomo e il quotidiano della città. «Nel libro – anticipa Romeo – si dà respiro al Turi Ferro internazionale e cinematografico, che Benigni venne a cercare fino a Catania nella speranza di averlo come Geppetto del suo “Pinocchio”, ma anche all’uomo che a Catania tornò sempre. Si mostra il suo senso di Sicilitudine, citando Sciascia. Non a caso il primo articolo selezionato dall’archivio storico de “La Sicilia” è il racconto dell’incontro tra lui e il giornalista Tony Zermo alla pescheria». Il volume infatti nasce da contributi autorevoli come quello della ricercatrice Simona Scattina e del critico D’Amico e da articoli attinti dall’archivio storico del quotidiano catanese. Dai quelli di Tony Zermo, Domenico Danzuso e Piero Isgrò ai più recenti di Maria Lombardo e Ombretta Grasso, che costituiscono la storia della critica de “La Sicilia”. Inoltre il critico e giornalista Filippo Arriva ha impreziosito il volume con un contributo inedito. «Il testo – spiega il professor Di Fazio – racconta il rapporto tra Turi Ferro e il quotidiano, la sua amicizia con i giornalisti inviati a seguirlo persino nelle tournée internazionali. Così “La Sicilia” diventa un punto d’osservazione privilegiato per conoscere il primo attore catanese». In accordo con queste parole il direttore Antonello Piraneo: «Il rapporto tra il giornale e Turi Ferro riflette quello del giornale con la città, lo Stabile, l’Università e tutta la comunità di lettori. Turi Ferro, nella sua catanesità, è stato un testimone vero della città e per questo vogliamo raccontarlo anche a chi non ha avuto la fortuna di vederlo a teatro».

La copertina del volume

Memoria storica. Proprio per raggiungere un gran numero di lettori, il volume sarà in vendita in allegato al quotidiano: «Questo libro è frutto di un lavoro corale per il quale io ho tifato: la sua diffusione accanto al quotidiano farà sì che il volume entrerà ancora più facilmente nelle case dei Catanesi» commenta l’editore Domenico Ciancio Sanfilippo. Non dissimile l’opinione della professoressa Scalisi: «Tale testo valorizza l’archivio storico de “La Sicilia” e rappresenta la conclusione concreta di un anno di eventi in memoria di Turi Ferro».

Il fuoco della tradizione. Un ricordo vivo più che mai grazie alla presenza dei figli del primattore, Francesca e Guglielmo: «Senza la sua famiglia – racconta quest’ultimo – Turi Ferro non sarebbe stato quello che fu ed è. Egli non sarebbe stato Turi Ferro senza Ida Carrara, compagna d’arte e di vita, silenziosa protagonista della carriera artistica di mio padre». Legame alla famiglia e alla sua terra: «Quando la famiglia Carrara divenne Ferro-Carrara si trasformò in una compagnia di teatranti da cui nacque il Teatro Stabile di Catania. Mio padre vi era talmente legato che recitò ne “I giganti della montagna” di Strehler a patto che lo spettacolo fosse portato nella sua città. Ogni mattina il suo primo pensiero era sapere cosa avesse detto di lui il giornalista catanese Domenico Danzuso benché di lui scrivessero critici nazionali e internazionali». Tra questi l’illustre Masolino D’Amico, presente alla conversazione: «Non me la sento di spiegare Turi Ferro ai Catanesi, ma voglio ricordarne l’eccezionalità. Ci sono rari attori nati per stare in scena, capaci di impersonare un ruolo spontaneamente senza averlo studiato. Turi Ferro però non era raro, ma unico. Era in grado di imporre se stesso ai personaggi, arrecandovi qualcosa della sua civiltà, della sua lingua, pur non rendendo mai un Re Lear dialettale. Per questo lo definirei un “monumento affabile”». Con questo modo di essere il primattore è stato capace di trasmettere fuori un’idea di Catania fatta di arte e poesia: «In un momento così critico è emozionante ricordare Turi Ferro, radice di un albero forte i cui rami, cioè i giovani attori, devono essere tesi verso il futuro. In questa città vulcanica voglio citare Mahler e dire che “la tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”» ha concluso la direttrice Laura Sicignano.

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