Il cantautore milanese  si esibirà a Palermo, a Capo d’Orlando, a Marsala e Trapani. Ad accompagnarlo ci saranno Massimo Patti al contrabbasso, Giuseppe Urso alla batteria, Giovanni Mattaliano al clarinetto e il chitarrista jazz Greg Lamy

Quattro le date in Sicilia per Marco Massa, il cantautore milanese alle prese con il suo sesto disco in studio (Sono cose delicate, uscito il 29 aprile per Tranquilo Edizioni), un album ispirato alla musica di Chet Baker, le chitarre di Chet Atkins e le storie che porta con sé uno dei compositori del Quartetto Cetra. Massa arriva mercoledì 10 maggio all’ex chiesa di S. Mattia ai Crociferi di Palermo, bissa venerdì 12 al Coffee and Choc Basement di Capo d’Orlando (Messina), replica sabato 13 al Baluardo Velasco di Marsala (Trapani) e conclude il minitour isolano alla Drogheria di Licata (Agrigento). Per le prime tre date, ad accompagnarlo sarà un quintetto completato da Massimo Patti al contrabbasso, Giuseppe Urso alla batteria, Giovanni Mattaliano al clarinetto e il «chitarrista jazz dell’anno», Greg Lamy, con cui si esibirà invece in duo per la data di Licata. «Per me è la primissima volta con questa formazione – racconta Massa, poco prima di imbarcarsi sull’aereo che lo porterà in Sicilia – . Non abbiamo mai suonato insieme, ancora, ma sono orgoglioso di poterlo fare. I musicisti siciliani hanno delle forti tradizioni, un feeling mediterraneo che ho sempre ammirato».

Massa, nato e cresciuto a Milano da padre molisano, è particolarmente legato al Sud. E il suo amore per la musica che ha origini nel meridione ha dato vita a Lazzari felici, una delle tracce più complesse e delicate del suo ultimo lavoro in studio: «È un omaggio al grande Pino (Daniele, ndr.). La sua musica mi ha sempre ispirato quando ero ragazzino. In Lazzari felici parlo dei musicisti, di chi fa la mia stessa vita, di chi gira per gli aeroporti con le chitarre sotto braccio e si ritrova in Sicilia a suonare con persone che non si conoscono per il solo scopo di cercare un nuovo feeling». Parla con aria trasognata, Massa, mentre racconta di Lazzari felici, e rivela di amare tantissimo non soltanto la musica del Sud, ma anche le sensazioni che regala: «Milano è la città più etnica e incredibile che esista – racconta – . Mio padre era meridionale, molisano, ed è stato accolto a braccia aperte negli anni ’70. Io il Sud l’ho sempre vissuto, ed è la cosa che più mi ha stimolato negli anni, pur amando tantissimo la scuola milanese della canzone di Jannacci, Gaber e tantissimi musicisti come Claudio Sanfilippo o Tony Melillo. La musica mediterranea è quella più vicina a me, più vicina al mio cuore. Da ragazzo mi definivano un “napoletano mancato”. Al Sud mi sono sempre sentito bene, pur amando tantissimo la mia città».

 

Ma come nasce Sono cose delicate, il sesto del cantautore? «Tutto comincia con Virgilio Savona (tra l’altro palermitano, ndr.), il cantante e il compositore del Quartetto Cetra. Negli anni ’70, quando avevo nove anni, a casa girava sempre il disco È lunga la strada, cantato e suonato solo da Virgilio Savona. C’era una canzone che si chiamava Sono cose delicate, che aveva un ritmo particolare e mi emozionava sempre. Un giorno, vedendo quanto mi piaceva quel brano, mi disse: “Proviamo a sentire l’autore e capire cosa significa questo brano che canti sempre?”. Riuscimmo a chiamarlo, mio padre gli raccontò l’antefatto e Virgilio molto carinamente gli disse: “Passamelo, che gli parlo”. Mi raccontò cosa significasse quel brano, e lo fece in un modo così delicato che sarebbe impossibile replicare quella scena oggi. In un mondo che è diventato solo divismo uno come Virgilio Savona parlava al telefono con un bambino di nove anni spiegandogli perché avesse scritto quella canzone». E oggi, attirare delicatezza diventa un’esigenza fondamentale per tutti gli uomini: «Ce le ritroviamo spesso attorno, queste cose levigate e semplici, ma spesso non riusciamo a coglierle. Ne abbiamo bisogno come il pane, come l’acqua. Non vogliamo violenza o cose particolari. Soltanto delicatezza, che altro non è se non il rispetto della diversità delle cose».

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