A Giardini Naxos e dintorni rinascerà il vino che piaceva a Giulio Cesare
Il progetto è sostenuto dalla Regione siciliana e l’obiettivo sarà quello di ricercare le proprietà organolettiche che ne facevano uno dei vini più apprezzati dell’Antica Roma. L’idea è quella di cominciare a riprodurlo e rimetterlo in commercio nel più breve tempo possibile, ma di certezze ancora non ce ne sono. Un vino di alta qualità che lentamente si è andato perdendo ma che adesso, su input dell’Unione dei Comuni di Naxos e Taormina e soprattutto dell’ex sindaco di Giardini Naxos, Nello Lo Turco, e del primo cittadino di Gallodoro, Alfio Currenti, starebbe (il condizionale è d’obbligo) per decollare. Se da una parte infatti il Vino Tauromenitanum, prodotto vinicolo di cui Plinio il Vecchio già tesseva le lodi, oltre a Giulio Cesare e ad altre personalità di spicco dell’epoca, stava per essere portato sul mercato già cinque anni fa in occasione del G7 di Taormina, dall’altra ad oggi questo vino non è ancora stato assaggiato dai numerosi sommelier che lo ricercano da tempo in tutto il mondo. Un prodotto che veniva consumato, soprattutto in Sicilia, in occasione delle cerimonie in onore del dio Apollo in epoca greco-romana e che proveniva proprio dal comprensorio taorminese.
LA STORIA CHE RISORGE. Taormina, Giardini Naxos, Castelmola, Gallodoro, Mongiuffi Melia, Letojanni, Roccafiorita, Limina, Forza d’Agrò, Gaggi e Graniti erano i centri in cui il vino Tauromenitanum traboccava dai calici e che oggi – come ci racconta l’ex primo cittadino di Giardini (Comune capofila dell’Unione) – «potrebbe risorgere. Tutto dipenderà dice Lo Turco che segue il lento cammino ormai da cinque anni e più – dalle vendemmie e dai grappoli d’uva che sono stati inviati negli ultimi tempi all’Istituto regionale della Vite e del Vino di Trapani. Al momento il procedimento è fermo. Si stanno effettuando dei test per ricostruire la vinificazione del Tauromenitanum e per verificare le proprietà organolettiche essenziali per produrlo su vasta scala». Si tratta, infatti, di un lungo percorso per il quale si sta impegnando fervidamente anche Alfio Currenti, sindaco del centro collinare di Gallodoro, dove i vitigni di Ieppola, Nerello mascalese e Nerello Cappuccio sono stati coltivati nel corso dei decenni da privati.
L’IMPORTANZA DI FARE RETE. Mai però si era deciso di fare fronte comune, fin quando si è scoperta la presenza di un nuovo ceppo di vitigno autoctono della Sicilia Orientale. «Si è trattato di una meravigliosa scoperta – ci racconta raggiante Currenti -. Un fatto che potrebbe portare la nostra area ad un rilancio del settore agro-alimentare che in altre zone della Sicilia è stata occasione di sviluppo economico. Per noi dell’Unione dei Comuni di Naxos, il cui presidente è adesso il primo cittadino di Castelmola Orlando Russo, quello di far rinascere il Tauromenitanum è un obiettivo preponderante, visto che l’arricchimento del nostro territorio deve necessariamente passare anche dai prodotti del settore vinicolo». Un comparto che in Sicilia è cresciuto moltissimo negli ultimi anni e che anche Currenti e Lo Turco vogliono percorrere per condurre i paesi dell’area taorminese ad essere riscoperti tutti quanti a 360 gradi. «L’Assessorato regionale all’Agricoltura, quello ai Beni Culturali, e la Facoltà di Lettere Antiche e Moderne dell’Università di Messina – afferma ancora Currenti – stanno largamente contribuendo affinché il Tauromenitanum venga rimesso in commercio al più presto. Abbiamo già assaggiato le prime bottiglie ma per salpare definitivamente alla conquista dei mercati internazionali c’è bisogno di un ulteriore sforzo». Ma prima, come già detto, si dovranno attendere i risultati dei test di ricerca documentale e sui vitigni tipici di quest’area. «L’obiettivo – aggiunge ancora Currenti -, oltre che di inserirlo nelle liste per il commercio, sarà quello di ricostruire il vero ceppo Tauromenitanum. Qualcosa che sembrerebbe facile, ma che così non è». E per farlo anche il Vivaio Federico Paulsen, l’Istituto per la Vite e l’Olio, l’Ente di sviluppo dell’agricoltura e il Dipartimento Agricoltura dell’Assessorato regionale stanno facendo e continueranno, molto probabilmente, a fare la loro parte.