La trentanovesima edizione del “Meeting per l’amicizia fra i popoli” si chiude oggi nella città romagnola. Numerosi gli spunti di discussione: Andrea Pezzi «Ciò che facciamo per lavoro ci fa stare bene se l’intento è conoscerci meglio». Brunello Cucinelli: «Bisogna partire dalla consapevolezza che non siamo i padroni del creato, ma solo i custodi»

La notizia è di quelle vere. Non è una fake news estiva, che dura poche ore e poi nessuno ricorda più. L’uomo, se vuole, può essere felice. Non solo. Il desiderio che sente è infinito, ha radici profonde e il futuro della storia non è in mano al caos e all’indifferenza generale, come sembra, ma a qualcosa che esige la nostra attenzione continua. Questo il nucleo portante della trentanovesima edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli che si chiude oggi a Rimini. Il tema, quest’anno, è stato di quelli che ti mette con le spalle al muro e a cui non puoi sfuggire: “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice”, e le attese non sono state deluse. Col supporto di 2527 volontari venuti da tutto il mondo, la kermesse riminese nei 245 incontri e nelle 12 mostre allestite in Fiera, ha mantenuto il metodo di sempre che lo contraddistingue: proporre incontri con testimoni del mondo economico, politico, sociale, scientifico, artistico e storico, approfondendo gli ambiti della quotidianità di tutti, dalla salute al lavoro, dalla mobilità all’innovazione. Mettendo a tema vicende umane che, a volte in sordina e apparentemente con poco rilievo, pongono semi di novità destinati a fiorire, a creare nuovi orizzonti di conoscenza.

L’EVENTO. Certo, non è facile raccontare tutto, anche perché il Meeting è un evento che pur potendolo seguire anche a distanza, grazie ai social, si deve gustare da vicino, guardando il volto variopinto del vero protagonista di tutta la settimana, un popolo. Sì un popolo lieto fatto di adulti e giovani con tanti adolescenti, giovani coppie con tante carrozzine e molti bambini. Un popolo che ha tanto a cuore il futuro del mondo, che non rinuncia a farsi certe domande essenziali e a percorrere itinerari difficili per ridare speranza ai giovani. In questo senso interessanti sono stati gli incontri con a tema nuove generazioni e lavoro oggi.

La coda all’ingresso dell’area fieristica (Foto Nuccio Condorelli)

GLI INCONTRI. Ne raccontiamo due. Il primo su come la creatività diventa lavoro tra Andrea Pezzi, ex volto noto della televisione italiana e attualmente imprenditore di successo, e Sandro Bicocchi, vice presidente Fondazione per la Sussidiarietà. Alla domanda di Bicocchi «Come sei arrivato da personaggio di spettacolo a fare l’imprenditore?», Pezzi risponde che il suo obiettivo è sempre stato quello di essere felice. «Smetti di essere felice quando hai imparato a fare ciò che fai. Esperienza è indice di un’avventura ormai consumata». Per questo l’esigenza di reinventarsi, il bisogno di crearsi problemi nuovi e rimettersi in gioco. «Se smetto di cambiare mi annoio, mi abbruttisco e non ho più l’occasione di incontrare gli altri». Pezzi ha tenuto a puntualizzare che in un mondo che si muove sempre più verso il digitale: «Quello che facciamo ci fa grandi». Ad una domanda di un giovane indeciso sulla strada da prendere nella vita, Pezzi ha risposto così: «Non importa quello che farai. Se lo farai con motivazione, per conoscerti, forse non sarai l’uomo più ricco del mondo, ma magari sarai l’uomo più felice del mondo. Non c’è un lavoro grande abbastanza per la tua anima. Ogni mestiere è lo strumento per capirti. La domanda giusta non è cosa farò da grande, ma cosa mi farà grande».

Nel secondo incontro Brunello Cucinelli, fondatore dell’omonima casa di moda, approfondendo il tema: “Il gusto di creare sviluppo”, a partire dalla sua esperienza concreta ha parlato ai giovani condannando due errori commessi dalla sua generazione: «Vi abbiamo trasmesso l’obbligo di avere paura del futuro e abbiamo considerato il lavoro quasi una giusta punizione per chi non vuole proseguire gli studi. Stateci a sentire solo quando vi parliamo di ideali e di sogni; per il resto mandateci a quel paese e fate di testa vostra. Noi adulti dovremmo essere esigenti maestri e amabili padri. Bisogna tornare a valorizzare il lavoro, a ricercare il sano profitto e a ritrovare l’amore per vivere semplicemente con la consapevolezza che non siamo i padroni del creato, ma solo i suoi custodi».

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