Trasformare la bellezza in azione, rimettere al centro il rapporto con l’Altro: è stato il coraggioso tentativo del collettivo “Muoversi adesso è benzina”. Un segnale ad una società intorpidita da divisioni e preconcetti

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]I[/dropcap]o non credo che l’arte possa permettersi di essere fine a sé stessa. Se vuole cambiare il mondo, l’arte deve diventare azione». Con questo accorato appello il grande poeta catanese Angelo Scandurra, dal suggestivo palco del Teatro Machiavelli di Catania, ha mirabilmente sintetizzato il proposito dell’iniziativa La vita, Amico, è l’arte dell’incontro, andata in scena lo scorso sabato e frutto di un peculiare tentativo. Quello dei giovani del collettivo Muoversi adesso è benzina, impegnati ogni giorno nelle più disparate attività – dall’avvocatura alla corsia d’ospedale, passando per l’impegno a scuola e la ricerca universitaria – ma accomunati da una salda amicizia e dalla convinzione che esista un seme capace di generare molteplici frutti: il rapporto con l’Altro.

Foto di “Mario Cicala Fotografo”

INCROCIO DI SPADE. È proprio questo concetto a materializzarsi e a catalizzare i primissimi sguardi degli spettatori: due agili schermidori, infatti, incrociano con agonismo e grazia le loro armi, a metà tra conflitto e coreografia di coppia, tra serrato confronto e danza. Non è forse questa l’autentica natura dell’incontro? Un evento inatteso e sconvolgente, talvolta persino tumultuoso, crepa su ogni barriera creata dall’indifferenza. Perché non esiste incontro che non sia, in primo luogo, scontro, ricerca disperata di una salvifica armonia. Fino a quando, a match concluso, l’ostilità si tramuta in un abbraccio di condivisione, che annulla ogni distanza in nome di un punto di vista rinnovato, arricchito. Come testimoniano le storie di piccoli e ordinari miracoli sparsi per il mondo, che germogliano nel corso della serata: l’incontro tra il musicista emigrato Daniele Giustolisi e l’anonimo sorriso di un ragazzo indiano in una bettola del bolognese; l’inedito duetto tra Raffaella Soriano, insegnante di violoncello nella difficile periferia di Librino, e il primo contrabbasso del Teatro Bellini Nicola Malacugini; tra il sottofondo poetico di Davide Rondoni e i suadenti passi della giramondo Roberta Ceppaglia. «L’incontro accade e devi lasciargli spazio» afferma il poeta Pietro Cagni. Uno spazio che non ha più confini ma frontiere, dove ogni arte può esprimere sé stessa in funzione dell’altra, dove la parola può scorrere e legare ogni frammento della realtà.

Davide Rondoni e Roberta Ceppaglia. Foto di “Mario Cicala Fotografo”

RESILIENZA POETICA. C’è una parola, tra tutte, che può assurgere a questo ruolo, quella della poesia, e un filo rosso che per tutta la serata ha unito i numerosi poeti messisi in gioco dinanzi alla platea: l’esigenza di comunicarla, di mostrarne l’intrinseca connessione con il tema della libertà. «La vita – annuncia introducendo le sue liriche Paolo Lisi – vale la pena di essere vissuta soltanto se si ha avuto modo di conoscere l’amore e la verità». La conoscenza, in effetti, presuppone un interesse, e un interesse, a sua volta, può generare sincero affetto. Ma come dedicarsi alla ricerca di tali presupposti in un’epoca in cui divisioni e preconcetti vanno per la maggiore? La poesia può rappresentare un buon punto di partenza: non limitandosi a declamarla, a rinchiuderne le pregevoli raffinatezze in pagine polverose e spesso inaccessibili, ma trasformandola in strumento di aggregazione, in attrazione magnetica che unisca gli uomini per il piacere di riscoprirsi simili nei loro afflati. È ciò su cui hanno scommesso i poeti intervenuti, spogliandosi di ogni remora e di ogni fragilità aprendo i loro versi all’ascolto indistinto. È ciò sui cui l’intero spettacolo si è retto: il realizzare che può esistere, anche per una sola frazione di secondo, una dimensione dove si sgretola la differenza tra “io” e “tu” per lasciare il posto alla meraviglia della reciproca scoperta. Con questo auspicio gli organizzatori della serata congedano gli spettatori. Che non si portano dietro tanto un giudizio di valore sullo spettacolo, quanto il compiacimento per un progetto che non ha avuto paura di sperimentare. E per la constatazione che una simile scintilla ha trovato la sua miccia qui, in Sicilia, da secoli terra di incroci e poesia, che prova a ricordare la sua identità.

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