Scomparsa prematuramente dopo una lunga malattia, il pubblico di Catania non ha potuto applaudirla ne “I Giganti della Montagna”, ultimo mito pirandelliano firmato da Lavia, dove vestiva i panni della Sgricia

Quando arrivarono alla Favara, l’Angelo Centuno, che l’aveva scortata per tutta la notte con le anime del Purgatorio intimò alla Sgricia di mettersi in regola con Dio perché prima di mezzogiorno sarebbe morta. E difatti, fu così. In un mescolamento tra realtà e finzione la Sgricia/Nellina Laganà se n’è andata prima di riuscire a calcare le tavole del palcoscenico del Massimo Bellini di Catania, dove in questi giorni si danno “I Giganti della Montagna” con la regia di Gabriele Lavia. Una malattia se l’è portata via appena un mese fa, chi la amava non ha fatto in tempo a vederla nei panni della più saggia e visionaria degli scalognati, un’intensa interpretazione che le era valsa molte critiche positive e gli applausi sentiti delle platee di tutta Italia.

CINEMA E TEATRO. Era entusiasta, come ha raccontato Lavia, all’idea di poter tornare su quel palcoscenico dove nel 1983 diretta dal marito Gianni Scuto aveva portato in scena “Attrice”, un monologo scritto da lei per ricordare l’immensa Anna Magnani. Uno spettacolo fortunato che fra l’Italia e l’estero aveva fatto più di trecento repliche. «L’adoravo – racconta Federica Di Martino, sua compagna di scena – la sua perdita è stato un grande dolore. Meritava di essere qui, Nellina è il teatro di Catania. Queste ultime repliche senza di lei non saranno la stessa cosa». La Laganà aveva dedicato la sua vita all’arte, attenta interprete della cruda scrittura di autori come Verga, Fava, Pirandello diretta dai più grandi. Come dimenticarla in “Un bellissimo novembre” con la regia di Mario Missiroli o nelle tragedie greche di Luca Ronconi a Siracusa, sua città natale. Era stata diretta da Tornatore in “Nuovo cinema Paradiso” ma aveva preso parte anche a tante serie televisive fra cui “La Piovra”, “Il caso Gallo”, “Il Commissario Montalbano” nell’episodio Le ali della sfinge, con la regia di Sironi.

Una pasionaria che ribatteva a Salvini con spirito critico e intelligenza, diventando per questo oggetto di attacchi beceri

SPIRITO CRITICO. A renderla unica non era solo il talento ma anche la sua arguzia, non le mandava di certo a dire Nellina sempre pronta a battersi per una giusta causa, come quando si era fatta promotrice, insieme ad altri colleghi, della Festa dell’Accoglienza al Porto per chiedere al Governo di far sbarcare i migranti bloccati sulla Nave Diciotti. Una fiumara unita da un arancino, eletto a simbolo di solidarietà. Pasionaria del pensiero libero aveva più volte ribattuto via Twitter alle posizioni estreme di Salvini, sempre con spirito critico e intelligenza, diventando per questo oggetto di beceri attacchi anche dopo la sua morte. Ci aveva divertito con i meme de #Uiattu, frutto dell’amore per gli animali e per quel suo essere presente sui social networks con idee chiare, senza troppi filtri.

Nei “Giganti”, Lavia l’aveva immaginata come una vecchina dalla forte personalità, cambiando le battute dall’italiano al vernacolo

I GIGANTI. A interrompere gli applausi del finale ieri è stato proprio Lavia. Così l’ha ricordata: «In una battuta Amleto dice che c’è una speciale provvidenza anche nella caduta di un passero, forse c’era una speciale provvidenza anche nella caduta di questo meraviglioso passerottino che era Nellina Laganà e che né noi né voi potremo mai dimenticare». Per lei aveva immaginato una vecchina dalla forte personalità, arrivando addirittura a cambiare le battute dall’italiano al vernacolo e inscenando con lei un serrato botta e risposta in cui Lavia stesso si cimenta con il siciliano. A un’altra grande interprete catanese, Matilde Piana, è toccato il difficile compito di sostituirla, cosa che ha fatto maniera egregia. Nellina Laganà non era fisicamente lì ieri ma c’era, in quello spazio indefinito al limite tra favola e realtà che è “La Scalogna”.

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