Una volta varcata la soglia basta qualche minuto per sostituire al disagio iniziale del buio una certa familiarità con l’ambiente, reso accogliente dalle risate dei partecipanti. Poi inizia la cena, e con essa la presentazione del libro

Si respira aria di gran fermento durante gli ultimissimi preparativi della cena al buio recentemente organizzata a Catania da un gruppo di non vedenti. Un evento che vuole essere un viaggio fra i sensi, come spiega il sottotitolo scelto per l’appuntamento, a cui ha partecipato con entusiasmo e curiosità un nutrito gruppo di ospiti. Se ne contavano circa una ventina in attesa di entrare nella stanza buia dove potersi rilassare e familiarizzare prima di sedersi a tavola, che sono diventati, nell’oscurità, quaranta o forse cinquanta.

Una volta varcata la soglia basta qualche minuto per sostituire al disagio iniziale del buio una certa familiarità con l’ambiente, reso accogliente dalle risate dei partecipanti che durante l’attesa chiacchierano, fanno selfie da pubblicare sui social e incontrano amici, di cui molti riconoscono la voce a grande distanza. Perché sono così i non vedenti, un po’ vittime e un po’ – di più – supereroi, che ogni giorno affrontano la vita senza perdersi d’animo e farsi sopraffare dal loro problema.

Il pretesto per stare insieme è la presentazione del libro del ventisettenne colombiano Bryan Ramirez, che si è trasferito a Catania all’età di 10 anni, a seguito di un incidente con un’arma da fuoco che lo ha reso non vedente. Ma che non ha spento la sua voglia di imparare cose nuove e lavorare sodo per raggiungere i suoi obiettivi. Sportivi – Bryan gioca nella squadra per non vedenti di calcio a cinque Nuovi orizzonti Siracusa e, appunto, letterari.

Jeyson Princeps e la guerra dei falsi dei (Cavinato editore) è il primo tassello di una trilogia con cui Bryan, usando il linguaggio fantasy, affronta il delicato tema dell’immigrazione, raccontato attraverso la storia – a tratti vera, a tratti inventata – di un ragazzo colombiano che incontra personaggi di tutti i tipi e di tutte le galassie, sempre in compagnia dell’inseparabile cane Oscar.

«È la prima volta che il libro viene presentato a Catania e devo dire grazie non solo a quanti sono intervenuti accettando la nostra sfida della cena al buio, ma soprattutto a chi mi ha aiutato a realizzare tutto questo», precisa l’autore a Sicilian Post durante la serata, facendo riferimento a Enzo Martello, che ha dato una grande mano a livello organizzativo, e ai colleghi Carmelo Gurrieri, Lucia Barbera, Andrea La Rosa e Giovanni Pizzino, tutti iscritti alla sezione provinciale dell’Unione Italiana Ciechi di Catania.

«La cena è organizzata in maniera autonoma – sottolinea il gruppetto prima di vestire i panni dei camerieri e servire ai propri invitati pizza, crocchette e patatine – e ci siamo preparati a dovere, anche frequentando un corso di sommelier», scherzano i ragazzi, che si muovono totalmente a loro agio nel locale illuminato fiocamente.

«Il locale Ramblas mi è sembrato adatto per il nostro evento – chiarisce Bryan – perché abbiamo avuto a disposizione una sala interna staccata dal resto del locale, senza finestre e infiltrazioni di luce». Ed è proprio questo, infatti, lo scopo della serata. Perché una cosa è la presentazione di un libro, un’altra è farla capovolgendo i ruoli. «Era proprio questo l’obiettivo – aggiunge il ragazzo – fare una cosa che, scusatemi la presunzione, non è mai stata fatta a Catania. E noi volevamo essere i primi».

E ce l’hanno fatta, organizzando una cena tra amici che però ha delle regole ben precise, a cominciare dallo spegnere qualsiasi fonte di luce, che provenga dal cellulare o dall’orologio elettronico. «La cosa più importante è farsi trascinare dalle emozioni – suggerisce Lucia – perché queste sono occasioni che, al di là della finalità mangiareccia, ne hanno altre più profonde che hanno a che fare con il coinvolgimento dei sensi in un evento informale, la conoscenza di altre realtà e lo scambio dei ruoli». Ed è soprattutto sull’ultimo punto che insistono i ragazzi, che nonostante attendino con ansia il giudizio di fine serata, pensano già ai prossimi eventi.

«Vorremmo organizzare altre cene al buio perché pensiamo siano una buona occasione per fare capire agli altri cosa significa essere non vedente. Che non è l’assistito che sta su una sedia e viene servito, ma un cittadino attivo a tutti gli effetti, impegnato in mille attività». Lucia, per esempio, sta per laurearsi in Scienze Politiche e frequenta un corso di teatro, Giovanni è un funzionario della Monte dei Paschi, mentre Andrea si dedica al volontariato e insegna informatica ai non vedenti.

Molti di loro sono stati impegnati, in passato, in progetti come i percorsi bendati in città per far comprendere ai cittadini la mobilità di un non vedente, o hanno lavorato al museo tattile di via Etnea – dove c’è, tra le altre cose, il bar al buio – o ancora hanno preso parte a progetti di alternanza scuola-lavoro che li hanno visti impegnati, per esempio, in un lavoro di inchiesta sull’accessibilità al centro storico di Catania. A proposito, a che punto siamo? «Ancora siamo lontani da certi esempi virtuosi delle città europee – osserva Carmelo, che proprio l’anno scorso ha fatto da cicerone per il progetto Monastero oscuru- girare con i cani guida è difficile e non tutti sanno come comportarsi quando hanno a che fare con un non vedente. È questione di conoscenza e cultura».

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