Incontrato in occasione del consueto appuntamento con gli attori, organizzato dal Teatro Stabile di Catania, il Cast de Il padre racconta di questo allestimento sul delicato tema dell’Alzheimer

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]H[/dropcap]o intuito subito che si trattava di un testo molto forte ed è un fatto alquanto buffo visto che Alessandro, al contrario mio, ha avuto all’inizio delle perplessità. Quello che mi è piaciuto nella scrittura di Florian Zeller è che ci fosse un lato comico nel dramma; in più ho trovato interessante che l’autore non si limitasse a descrivere la malattia, ma avesse avuto l’intuizione di raccontare la storia come se fosse un giallo». In occasione dell’incontro con il pubblico del Teatro Stabile di Catania, Lucrezia Lante della Rovere ha introdotto così Il padre, lo spettacolo che l’ha vista negli scorsi giorni calcare il palcoscenico del teatro Verga insieme ad Alessandro Haber per la regia di Piero Maccarinelli.

LO SPETTACOLO. Quello di Zeller – giovane scrittore francese che mette al centro del plot questioni che attanagliano da vicino la nostra società, come l’Alzheimer – è bell’esempio di drammaturgia moderna, in grado di restituire al pubblico in maniera ineditaquanto accade all’interno della mente del protagonista. Un successo decretato sin dal suo debutto nel 2012 all’Hebertot Théatre di Parigi, dove restò in scena per due anni, prima di approdare a Londra, Broadway e infine in Italia. Lucrezia Lante Della Rovere è sulla scena Anna, figlia affettuosa di Andrea, interpretato da uno straordinario Alessandro Haber il quale ha spiegato di aver riscoperto il testo in modo del tutto casuale: «Durante la tournèe de Il visitatore, il direttore del teatro di Lugano sottopose alla mia attenzione alcuni testi, fra i quali c’era questo. Distratto, sfogliai il copione senza capirne molto il senso e accantonandolo. In seguito fu Federica Vincenti, la produttrice con Placido della Goldenart Production, a ripresentarmelo insieme ad altri. Fu allora che leggendolo con calma, capii anch’io, che aveva grandi potenzialità. Sapevamo che lo spettacolo avrebbe avuto un buon impatto sul pubblico e sulla critica ma non avevamo certezze, quelle arrivarono solo dopo il debutto di Carrara». Certo all’inizio fu necessario un periodo di rodaggio confessa la Lante Della Rovere: «Spesso il pubblico va a teatro per divertirsi, per cui inizialmente il fatto che al centro del testo ci fosse l’Alzheimer spaventava un po’ sia gli spettatori sia i direttori dei teatri. Il primo anno abbiamo avuto una tournèe breve, per testarlo, oggi siamo al terzo anno di fila e sono già previste molte tappe per il 2019».

Alessandro Haber (foto Antonio Parrinello)

TEATRANTI DI PROFESSIONE Una carriera lunga, quella di Alessandro Haber, costellata di successi non solo al cinema, dove ha interpretare tantissimi film di registi quali Pupi Avati, Mario Monicelli, Nanni Moretti ma anche a teatro, forse la sua passione più grande insieme alla musica: «Il primo spettacolo che vidi fu “Chi ha paura di Virginia Woolf?” con Enrico Maria Salerno, Sarah Ferrati e un giovanissimo Umberto Orsini; rimasi sconcertato. Allora conoscevo solo il cinema non sapevo che esistesse un’altra forma d’espressione, da lì non ho mai più abbandonato il teatro né saltato una stagione». Un legame solido legato al senso di responsabilità: «Mentre il cinema dipende da qualcun altro – precisa Haber– che taglia e cuce, il teatro dipende esclusivamente da noi attori». Quando gli chiediamo come ha costruito il personaggio di Andrea, risponde deciso: «Qualcuno, non so chi, mi ha regalato il talento; la sensibilità, l’amore, la dedizione per questo lavoro mi porta continuamente a mettermi in gioco. Ho dedicato la mia vita al cinema e al teatro ed è grazie ai personaggi se riesco a conoscere me stesso. Un giorno a Milano davanti al portone di casa ho catturato lo sguardo della mamma di Gigio Alberti, affetta da Alzheimer, da lì ho seminato qualcosa. Ho cominciato a riflettere, a immaginare, a trovare dei segni, delle camminate che mi potessero tornare utili per il personaggio».

Lucrezia Lante Della Rovere (foto Antonio Parrinello)

FIGLIE E PADRI Come Haber anche Lucrezia Lante Della Rovere ha alle spalle una carriera cinematografica, televisiva e teatrale fortunata, anche se i suoi esordi sono legati al mondo della moda: «Erano gli anni Ottanta ed io ero una ragazzina abbastanza inquieta con il desiderio di andar via di casa, lontano da quella famiglia che mi stava un po’stretta. Il lavoro di modella mi permetteva di guadagnare molti soldi e viaggiare tanto. Ho avuto la fortuna, poi, di essere scelta da Mario Monicelli per il film “Speriamo che sia femmina”, un’esperienza fatta nella totale incoscienza. In seguito ho capito che fare la modella non m’interessava poi così tanto e quindi ho deciso che dovevo studiare e proseguire in questa direzione». Anna è un personaggio scisso in due fra i suoi desideri, il suo lavoro, l’amore per un uomo che la vorrebbe tutta per sé e la responsabilità di un padre malato, il quale spesso la colpevolizza: « Per la persona che sta male le attenzioni non bastano mai, è una continua richiesta, come un bambino che entra in un buco nero d’amore. Ricordo che anche mia madre aveva quest’atteggiamento. Per quanto potessi starle vicino, sembrava che la mia presenza non le fosse mai del tutto sufficiente». C’è un monologo particolarmente intenso di Anna, quando come un’intima confessione racconta di aver sognato di uccidere il padre, un omicidio metaforico che racchiude paradossalmente tutto il senso di liberazione di questa figlia:«Un sogno proibito che facciamo tutti noi quando abbiamo vicino una persona che soffre, un sogno che neghiamo a noi stessi, che ci dà dolore, ci fa venire i sensi di colpa, che nasce dall’impotenza, un sogno che è molto vicino alla realtà. Come del resto vorremmo ammazzare anche nostro figlio quando ci fa arrabbiare (ride per stemperare la tensione). Un momento che Zeller racconta perché è un sentimento che tutti quanti proviamo e di cui non ci dobbiamo vergognare».

 

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