«Annullare la propria identità per entrare
in preghiera con Dio»:
il Venerdì Santo a Enna
ENNA. Il silenzio che pervade la processione al passaggio dei fercoli sembra quasi surreale. Il coro, le preghiere e gli occhi sono volti a chi si è sacrificato per l’uomo e a una Madre, afflitta dal dolore più atroce, che accompagna il figlio morto. 2.500 confrati sfilano incappucciati lungo un vero e proprio corteo funebre per le vie di Enna. Il colore delle loro mantellette, che fino a qualche ora prima sembrava la cosa più interessante per i turisti alla ricerca del folklore, passa in secondo piano. Agli incappucciati non importa che vengano riconosciuti come singole persone, il loro desiderio è piuttosto quello di tendere la propria anima al cielo. «I turisti arrivano qui in migliaia – racconta Ferdinando Scillìa, Presidente del Collegio dei rettori delle 16 confraternite di Enna -, ma ciò che veramente ci guida è la fede. Ciascuno dei confrati, coprendosi il volto, vuole annullare la propria identità per entrare, attraverso un atto di penitenza, in intima preghiera con Dio».
Assistere al Venerdì Santo di Enna significa molto più che prendere parte a una manifestazione dichiarata “bene protetto” dall’Unesco e recentemente raccontata in giro per il mondo grazie a uno scatto che ritrae due bambine vestite da monachelle che ha vinto un importante premio internazionale di fotografia. Si tratta invece di un’occasione unica per immergersi in un viaggio dell’anima tra sacro e profano, costituito da una serie di processioni religiose che ci riportano alle tradizioni di origine spagnola risalenti al 1261, anno di nascita della prima confraternita della città siciliana.
Un’esperienza da vivere fin dai momenti che precedono la processione, come quello dedicato alla “Vestizione della Madonna Addolorata”, con la minuziosa cura dei capelli che caratterizzano questa statua in cartapesta: si tratta di capelli veri donati da una fedele, lasciati lunghi in segno di abbandono nelle mani di Dio.
Camminando per le vie del centro si sente vivido il fervore della gente, che ha radici antiche in ogni famiglia ennese. Come racconta Scillìa, ogni famiglia di Enna ha almeno un confrate. Da secoli ciascun adulto inculca già al proprio bambino il percorso di fede, ed è così che si possono scorgere molti di loro accompagnare i fercoli per le vie della città: nessuno corre o piange, anche nei più piccoli scorre per le vene lo spirito di questa giornata, come fosse il gioco più bello.
Altrettanto forte dal punto di vista simbolico è l’epilogo del corteo, nel quale una croce infiorata, offerta in dono dalla famiglia Fazzi di Enna, viene arsa per simboleggiare la sofferenza ed il dolore del Cristo morto in croce. A dominare, però, non è il clic dellle macchine fotografiche o il mormorio della gente ma il clima di silenzio e preghiera.
foto Salvo Longo