Le canzoni di Franco Battiato erano astute e de-ideologizzate nella scrittura. Invettive politiche come Povera Patria piacciono sia a destra che a sinistra come al centro. Tuttavia, restando sempre lontano da atteggiamenti militanti, l’artista nato a Riposto, quando ancora si chiamava Ionia, non ha mai nascosto le sue simpatie per la Sinistra.

A Catania legò il suo nome alla “primavera” del sindaco Bianco, ricoprendo il ruolo di direttore artistico della stagione di spettacoli estiva per quattro anni, dal 1995 al 1998. Spettacoli che ancora oggi i catanesi ricordano con nostalgia. Era l’epoca della “raggiante Catania” dei Rem, degli Skunk Anansie, dei Flor, di Carmen Consoli e di tanti altri.

Una città amata, tanto da prendere casa in via Umberto. Una città odiata, tanto da scappare nel 2005 quando cominciava l’era “sciampagnini”. «Se vince Scapagnini me ne vado», annunciò sollevando polemiche. «Catania negli ultimi anni si è imbruttita, e anche tanto», spiegò. Il Secolo d’Italia, quotidiano di destra, titolò in prima pagina: “Quoque tu, carissimo Battiato…”. Il quotidiano era deluso perché tutto sommato lo consideravano vicino alla destra. «Io di destra?», sbottò Battiato incredulo. «Ma se non sono mai stato di destra in vita mia! Andiamo, per carità, che mi lascino fuori dalla politica!».

Alla fine, non lascerà Catania, per la semplice ragione che, a parte qualche mese invernale, già abitava da tempo a Milo, una manciata di chilometri più in là, sulle pendici dell’Etna. Il rifugio dove aveva una libreria immensa e ricca di volumi pregiati, sala di registrazione, cimeli e ricordi di viaggi in terre lontane. Giù, in città, scenderà per qualche concerto al Metropolitan o al Bellini o per far visita agli amici, ma non prenderà più parte alla vita pubblica. Perché, come si lamentò, non voleva essere tirato per la giacca né da destra, né da sinistra.

Nel 2013, tuttavia, il Maestro di Milo si lascerà nuovamente sedurre dal mondo della politica. Dal novembre 2013 al marzo 2014 sarà assessore alla Regione Sicilia con la giunta dell’amico Rosario Crocetta (Pd). Esperienza finita in modo a dir poco burrascoso per la famigerata frase pronunciata da Battiato al Parlamento europeo: «Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile, sarebbe meglio che aprissero un casino».

«Io l’avevo detto a Crocetta: “Fammi direttore artistico di qualche sezione speciale”», ricostruì dopo essere stato mandato via. «Sapevo di rischiare di finire nel mirino di politici che pensano solo al potere e non sopportano gli uomini liberi». Denunciò un complotto contro di lui, da sempre ostile all’arroganza del potere. «Non aspettavano altro che farmi fuori. Era cominciato tutto con l’accusa di non aver indossato la cravatta alla prima riunione dell’Assemblea. regionale. Poi si sono lamentati per il fatto che non mi presentavo all’Ars. Io invece a Palermo andavo e a spese mie. Davo fastidio, perché non lo facevo per me o per un partito, ma per la Sicilia». E poi mi confessò: «Ti dico una cosa che non sa ancora nessuno, nemmeno Crocetta: ero andato a Bruxelles per battere cassa, su mandato del governatore. Al termine di quel famoso discorso, c’erano tutte le donne che ridevano, fui accerchiato, neanche fossi stato Brad Pitt, e tutte a chiedermi foto e autografi. Tra i più entusiasti c’era anche il responsabile dei fondi europei e mi promise che la Regione Sicilia sarebbe stata la prima a ricevere quei soldi».

Episodi che aumenteranno il suo isolamento. Fino a racchiudere tutto mondo nella “sua” Milo che ora lo piange. Organizzando corsi, rassegne, festival per far conoscere il suo “regno” ad amici musicisti e alle persone comuni. Fino all’ultima festa a lui dedicata, quando già Franco Battiato si mostrava spesso confuso e assente nel backstage. Presagi di un male che lo ha lentamente e inesorabilmente allontanato dalla vita.

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