Il 29 febbraio vede la luce per Viceversa l’album realizzato con la collaborazione degli ospiti dell’Istituto penale per minorenni di Acireale. «Presto il secondo capitolo con il sostegno della Fondazione Treccani». «I laboratori dietro le sbarre hanno cambiato noi e anche alcuni detenuti: in meglio»

“Usciamo tutti quanti dal carcere e facciamo una vita diversa”. È l’augurio che si capta alla fine di Giuglianese rotante, la danza tradizionale che chiude Jacarànda, l’album di debutto della Jacarànda piccola orchestra giovanile dell’Etna. A esprimerlo è uno dei diciassette ragazzi, tra i 18 e i 24 anni, tre dei quali nordafricani, ospiti due anni fa dell’Istituto penale per minorenni di Acireale, coinvolti nella realizzazione del disco. Un’esperienza che abbiamo raccontato su sicilianpost.it nel reportage Acireale, un disco dai “pizzini” dei giovani detenuti.

Il prossimo 29 febbraio, finalmente, quell’album vede la luce grazie a Viceversa Records, documentando una esperienza rimasta impressa nell’ensemble laboratorio diretto da Puccio Castrogiovanni, polistrumentista e compositore, storico membro de I Lautari.

«La prima volta che entrammo all’Istituto penale per minorenni di Acireale fu per un concerto» ricordano i componenti della Jacarànda. «Sistemato un cerchio di pubblico e musicisti insieme, iniziammo a suonare… il pubblico inizialmente sembrava scettico, tiepido, poi sempre più coinvolto e partecipante. Alla fine, una delle educatrici ci disse: “I ragazzi hanno gradito molto la vostra musica. Nessuno ha chiesto di andare a fumare”. Così è nata una collaborazione; un afflato artistico che ha portato alla nascita di questo lavoro discografico. Ci siamo recati in carcere settimana dopo settimana per condividere lo spazio di libertà e di espressione del laboratorio di scrittura creativa condotto da Girolamo Monaco. Qui, ognuno ha portato sé stesso con onestà e l’esperienza di reclusione e di isolamento ha indotto anche in noi una riflessione più intensa. Così sono nate le nostre canzoni».

Testi asciutti, duri, malinconici, commoventi, stemperati dal suono di una zampogna, di un flauto o di un canto femminile

Dai racconti emergono la paura, il senso di ingiustizia, la fragilità e la voglia di pagare per i propri errori, per poter poi ricominciare. Quelli che all’apparenza sembrano scarabocchi, vengono rielaborati, tradotti in siciliano e trasformati in testi per essere adattati alla musica. Testi asciutti, duri, malinconici, commoventi, stemperati dal suono di una zampogna, di un flauto o di un canto femminile.

Come Quattru. “Quattro, come gli angoli del mondo. Quattro, come le mura intorno a me. Quattro, come terra, acqua, fuoco e vento. Quattro, i pilastri della mia vita”. Quattro, come gli anni che Manuel, un ventenne di Milazzo, deve scontare a causa della somma delle condanne per una serie di piccoli reati. Vite e storie di chi sta dentro e fuori il carcere s’intrecciano, trovando punti in comune, nell’arabeggiante Porta ‘nsirrata: “Mi serve un po’ di forza / perché la libertà non c’è in questa gabbia”. In Talìu fòra un detenuto racconta di aver sentito in sogno il profumo del caffè della madre: “Rapu l’occhi / ora nta stanza c’è scuru / era ‘n sonnu / m’arristau n surrisu stampatu” (“Rapu l’occhia, la stanza è al buio, stavo sognando, un sorriso mi rimase stampato sul volto”) canta la superba voce di Valeria Grasso.


“A cunfusioni pigghia u so postu / Vinci, / Propriu comu successi intra a me testa / Manca a quieti intra e fora” ha scritto Francesco in Cca manca: è la stessa confusione nella quale si trovò il venticinquenne di Adrano durante una lite finita in tragedia. La confusione creata da falsi idoli: “È inutile girarci intorno / qui si vive per il soldo / cash money è ciò che gira il mondo / oro nero bianco, rosso e giallo banconote e bancomat la missione è avere tutto quanto”, rappa Kaled Zaguez nella ritmata Cangiari jè na parola difficili. L’amore è un unguento per tutti i mali, come spiega la nonna di Gabriele Ricca in I misi di l’amuri.

Puccio Castrogiovanni: «Quello che inizialmente doveva essere un laboratorio di musica d’insieme è diventato un’Orchestra»

A smorzare tensioni ed emozioni arriva sul finire la travolgente e divertente Munnu persu, che in genere chiude le esibizioni live della Piccola orchestra giovanile dell’Etna: “Abballari, abballari, abballari”, perché “sembriamo angeli quando balliamo / e i problemi… fuori!”.

«Quello che inizialmente doveva essere un laboratorio di musica d’insieme è diventato un’Orchestra» sorride Castrogiovanni che si è buttato anima e corpo in questo progetto. «Sono tutti diventati amici tra di loro. Non s’incontrano soltanto per suonare… Ci sono anche i miei figli». Francesco e Sara. E poi ci sono Alessandra Pirrone, Simone Ardita, Benedetta Carasi, Luca e Riccardo Conte, Giuliano Ursino, Gabriele Ricca, Andrea Mirabella e Alessandro Pizzimento, che Castrogiovanni ha forgiato a sua somiglianza. E, ancora, Luca Bordonaro e Tommaso Noce. Ai quali, nell’album, danno man forte, oltre ai già citati Zaguez e Grasso, Michele Musarra, Salvatore Farruggio, altro “lautaro”, Valentina Lamartina, Lucrezia Costanzo. Special guest, Alfio Antico nelle vesti di pastore in Munnu pessu e Biagio Guerrera poeta in A ddi tempi.


Jacarànda
è il primo capitolo di un progetto che è stato sposato dalla Fondazione Treccani. «Stiamo già lavorando alla seconda parte», anticipa Puccio Castrogiovanni. «Sarà più legato al Mediterraneo e vedrà la presenza di poeti tunisini. Tra gli autori dei testi ci saranno anche Faisal Taher dei Dounia e il poeta polacco Jaroslaw Mikołajewski, traduttore nella sua lingua dei libri di Andrea Camilleri».

Punto di partenza continueranno a essere i laboratori con i ragazzi dell’Istituto minorile acese. «Che continuano a dare soddisfazioni a noi e agli educatori», racconta il “re del marranzano”. «I laboratori dietro le sbarre hanno contribuito alla crescita dei componenti dell’orchestra e degli stessi detenuti. Nel prossimo album, ad esempio, c’è la canzone “Quannu scrivu fazzu danni” scritta da un detenuto che all’inizio snobbava i laboratori e teneva un atteggiamento spocchioso. Adesso è cambiato totalmente, è diventato più umile e disponibile, e, nella scrittura, ha trovato uno strumento per riscattarsi».

“Usciamo tutti quanti dal carcere e facciamo una vita diversa”.

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