Dove sono le Canarie? Dove la nebbia padana s’incontra con il mare dei Ciclopi, sulla cui riva, tra silenzi antartici e innocenti evasioni, accoccolati alle canzoni di Baglioni e carezzati da languidi ritmi sudamericani, veniamo travolti dalla malinconica onda della maledetta nostalgia di un’altra estate italiana. Sono un luogo immaginario le Canarie. «Un luogo che ti ospita, che abbiamo scelto per il caldo habitat, perché circondato dal mare, inteso come elemento purificatore al quale confessare le proprie paure, i propri desideri nascosti», spiegano Paola Mirabella e Andrea Pulcini, compagni di vita e d’arte, novelli genitori del piccolo Milo, che dal 2019 danno vita alla band Canarie.

Paola è il mare dei Ciclopi. Ha lasciato Catania quando aveva 20 anni per andare a studiare musica a Roma. «Prima al St. Louis, poi frequentando il Conservatorio di Frosinone», ricorda. «In Sicilia torno spessissimo e sono sicura che prima o poi il suo richiamo diventerà così forte che ci tornerò a vivere. La mia gavetta musicale si è svolta principalmente a Roma con gli Honeybird & the Birdies. A Catania però, quando ho iniziato a suonare la batteria, avevo un gruppo di sole donne, le Zero in Condotta, con il quale ho iniziato a fare i primi concerti. Potremmo dire che tutto è partito da lì…».

Il marchigiano Andrea è l’onda malinconica e intimista dell’Adriatico. L’incontro avviene fra le nebbie padane di Bologna, dove entrambi vivono e lavorano. «Ci siamo conosciuti nel 2015 e oltre all’unione sentimentale c’è stata fin da subito anche quella artistica con il progetto Vincent Butter, un concentrato di atmosfere intime e bucoliche create da arpeggi di ukulele, chitarra e delicate armonie vocali in differenti idiomi. Forti di quella e delle nostre passate esperienze musicali (Persian Pelican e Honeybird & the Birdies), ci siamo voluti confrontare con la nostra lingua madre e dopo un lungo lavoro di scrittura e ricerca del nostro stile è nato Canarie che ha esordito pubblicamente nel 2019 con Tristi Tropici».

Simbolo di mare, caldo, palme, ballo, estate, sui Tropici di Andrea e Paola cala la malinconica poesia della nebbia. «Dietro a ogni immaginario pubblico se ne nasconde un altro diametralmente opposto», spiegano. «I Tropici a cui fa riferimento il titolo del nostro primo disco sono quelli del corpo: due rette parallele che racchiudono gli organi caldi dove si annidano gli oscuri oggetti del desiderio. Ci piace immaginare Canarie come un arcipelago di relazioni in continuo avvicinarsi o allontanarsi a seconda dei venti o delle maree».

La cover dell’album “Immaginari” di Gianluigi Toccafondo

E gli Immaginari dei Canarie si svelano nel secondo album del duo. Un disco di musica leggera, anzi leggerissima, dal vago sapore vintage. La canzone d’autore e l’it-pop s’incontrano con il tropicalismo, con l’hypno-rock dei Tame Impala e alt-folk di Andy Shauf. Un insieme di melodie, armonie, elettronica dai colori pastello, nostalgico, malinconico, lieve, onirico, talvolta surreale, altre ironico. «Siamo amanti di valore, per citare Mina, del cantautorato italiano degli anni ’60/’70/’80 che comprende in pieno Battisti, Conte, Dalla, Battiato, Ciampi, Tenco, Carella, e della musica brasiliana in generale della quale, negli anni stiamo indagando il ricchissimo sottobosco nascosto dietro a numi tutelari come Veloso, Zé, Gil, Buarque, De Moraes».

Riferimenti non solo musicali fra le storie di Immaginari. A Gesualdo Bufalino, ad esempio, riporta la canzone iniziale Quadri ribelli. Altri versi ricordano il Battisti di Pasquale Panella, come “persi dentro il brodo / illuminati da un uovo sodo” in Brodo. Fra le righe si leggono anche La Pelle di Curzio Malaparte, echi di Battiato.

Nell’ultimo anno ci siamo tuffati a capofitto nella letteratura italiana, specie siciliana. I libri di Ennio Flaiano, Gesualdo Bufalino e Dino Buzzati insieme a molti film italiani degli anni Sessanta dalle venature cinico-esistenzialiste come La Voglia Matta sono stati importantissimi. Siamo sicuri di condividere con il conterraneo Colapesce, che conosciamo bene e stimiamo, molti dei nomi sopra citati. Molte delle immagini e suggestioni sono finite nel disco diluite con le nostre visioni e immaginari. Anche se preferiamo di gran lunga il sodalizio Battisti-Mogol, ci piace anche quello con Panella di cui apprezziamo molto il lavoro fatto nei primi tre album di Carella».

In Anima in vacanza cantate: “Non sopporto più i cantanti / Che mi parlano d’amore”. Come giustificate le vostre canzoni che parlano di relazioni sentimentali e d’amore?

«In realtà la strofa continua col dire: “annegando nei fantasmi della loro delusione”. Per essere più sibillini la stesura iniziale recitava: “non sopporto più i cantanti egocentrici e lagnoni, che mi parlano d’amore sfracassandomi i coglioni”. Ci riferivamo a questo tipo di racconto che non prevede un’analisi del rapporto sentimentale con le sue dinamiche di potere e ricatti affettivi come mostra bene Rainer Werner Fassbinder nei suoi melodrammi cinematografici».

Amori litigarelli, soprattutto, quelli cantati. L’opposto, spero, della vostra relazione.

«Siamo amanti dei melodrammi con i loro conflitti sentimentali e dai finali imprevedibili, piuttosto che degli inizi idilliaci di qualsiasi relazione. Questo è il mondo che ci piace indagare per ora, diversamente dalle vicende personali».

Immaginari viene presentato come prima parte di un progetto in itinere, il cui secondo capitolo è atteso in autunno. Una sorta di “concept”?

«L’idea era di pubblicare un canzoniere liquido lungo un anno solare, adatto a ogni tempo e stagione. Le sedici canzoni comprese in Immaginari sono brevi, ma contengono un doppio concentrato emotivo. Abbiamo voluto separarle per farle decantare al meglio nei corpi dei nostri ascoltatori».

Una scommessa in tempi di singoli e di poca attenzione alla musica. Oppure, secondo voi, da parte delle nuove generazioni c’è una riscoperta dell’album?

«Oggi c’è la tendenza ad un consumo rapido, quasi fast food della musica. Il nostro è un invito alla lentezza e alla degustazione di canzoni confezionate con ingredienti genuini come la cucina autentica delle nostre nonne».

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