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il tuo “Walls Tour”

Basta con Auschwitz e Berlino: prenota adesso la tua vacanza Summer2k21 per il Walls tour. Scegli tra: la barriera elettrificata del Sudafrica al confine con lo Zimbabwe; quella tra Arabia Saudita e Yemen; vola nell’India che ha murato fuori Pakistan, Bangladesh e Burma; visita il muro tra Thailandia e Malaysia; tra Uzbekistan e Kighizistan e Afghanistan; tra Botswana e Zimbabwe; Egitto e Gaza; Iran e Pakistan; Cina e Corea del Nord; Usa e Messico; passeggia per il Muro israeliano; per quello marocchino nel Sahara Occidentale; visita Nicosia, nell’isola di Cipro, dove una barriera divide la parte greca da quella turca; fotografa in Marocco i muri spagnoli di Ceuta e Melilla finanziati dall’Unione Europea, con la possibilità di fare surf nella più grande fossa comune, il Mar Mediterraneo; assapora la vera birra irlandese in giro per gli 88 muri dell’Irlanda del Nord e, già che ci sei, porta un fiore al sunken wall, il muro scavato nel cimitero comunale di Belfast per dividere le tombe dei protestanti da quelle di ebrei e cattolici. Tocca con mano il cemento di filo spinato e circuiti di sorveglianza eretto da democrazia, globalizzazione e civiltà. Storia, maestra di vita? No, maestra di identità; così preziosa per l’uomo che le barriere sono il prezzo che più facilmente è disposto a pagare per difenderla. Ma da chi?

TEMPLI 2.0. «I muri degli Stati-nazione sono templi moderni in cui dimora lo spettro della sovranità politica». È la tesi ragionata in Stati murati, sovranità in declino dalla filosofa politica statunitense Wendy Brown, docente all’Università di Berkeley. In che senso? Mentre l’economia si stacca dalle singole bandiere grazie a neoliberismo e governance internazionali, la politica si chiude sempre più nel perimetro di nazionalismi (sì, è un paradosso). I decision makers delle imprese sembrano i veri sovrani: «Per certi versi forse il capitale è più simile a Dio di quanto siano mai stati i sovrani politici moderni». La frontiera è una linea che sposta l’economia. Cosa fanno i leader per resistere? Mentre la sovranità statuale si fa evanescente, le componenti religiose riemergono. Così innalzano recinti. Tempio dal latino e dal greco significa recinto sacro e tagliare. Quei muri vogliono tagliare fuori e murare dentro, benedetti dalla convinzione di preservare purezza, innocenza e virtù. Lo fanno davvero?

Il muro che divide Messico e Stati Uniti
Il muro che divide Messico e Stati Uniti

CARO BABBO NATALE… I morti aumentano, le migrazioni come i traffici illegali si appoggiano alle mafie e cresce il clima di guerriglia, nonché la spesa pubblica. Ma allora perché continuiamo a chiederli a Babbo Natale? Brown esplora il desiderio di democrazia murata con l’ausilio della teoria psicanalitica: i muri producono identità individuale e collettiva estendendo l’immagine protettiva delle mura di casa alla nazione. Essi proiettano il disagio sociale e psichico fuori dal loro dentro. Così le nuove Berlino funzionano da difese psichiche: riparano l’Io. Creando un nemico, creiamo la possibilità di diventare dipendenti da un Super-Io, come nell’infanzia freudiana siamo dipendenti da genitori onnipotenti: «Il muro restaura l’imago del sovrano e delle sue capacità protettive». Il desiderio di muri è desiderio di regressus ad uterum in cui l’altro non esisteva se non come soddisfacimento dei bisogni vitali. Perché, in fondo, si tratta di riconoscere all’altro l’esistenza. Così la vertigine, connaturata all’uomo, è diventata negli ultimi decenni una malattia storica che ha il volto dell’altro. Insomma, né lo Stato né noi stessi riusciamo a governarci.

Non è così peregrina l’idea di un viaggio per quei luoghi che aspettano in vita di essere ricordati, per quei muri che ancora aspettano di cadere e diventare cartoline.

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Laureata in "Scienze Filosofiche" presso l'Università di Catania. Giornalista pubblicista, collabora col Sicilian Post dal 2018, curando la rubrica "Il filo di sofia" e occupandosi di tematiche legate alla cultura e all'ambiente.

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