Una mappa interattiva delle città interessate dall’esperimento, tra cui Catania, indica le zone più a rischio. Molti dei percorsi sono ritenuti pericolosi a causa pregiudizi legati alla presenza di extracomunitari e quindi è sempre bene appoggiarsi ai commenti degli utenti. L’idea ha comunque il pregio di mettere in luce un problema reale ma spesso taciuto

Uno strumento intuitivo e rivoluzionario capace di rendere più sicuri i percorsi cittadini delle donne: questo promette di essere Wher, la tanto chiacchierata applicazione che intende favorire il dialogo tra tecnologia e sicurezza. Curiosi di vagliarne l’efficacia, questa estate ci siamo affidati alle sue indicazioni per testarla. L’app, rigorosamente made in Italy, ha fatto il suo debutto nel 2018 con il preciso scopo di agevolare la mobilità e la libera circolazione delle donne nelle realtà metropolitane. Insieme a Torino, Milano, Roma e Londra, anche la città di Catania è stata ricompresa nel progetto ed è stata mappata per consentire un sicuro ritorno a casa, privo di inconvenienti o incontri spiacevoli, anche alle abitanti del comune etneo. Come? Ce lo siamo chiesti anche noi. Così, una volta installata sul nostro smartphone, abbiamo deciso di testarla per comprenderne meglio il funzionamento, calcando a questo scopo le strade del centro storico di Catania, dalle più illuminate alle meno frequentate, passando per i vicoli deserti, giungendo fino ai formicai umani della movida catanese.

L’ITINERARIO. Decidiamo di uscire a piedi per testare l’app e il pollice corre subito su Wher. Il nostro criminoso proposito, quello di disattendere ogni avvertimento ed avventurarci nelle zone gialle e rosse – indicate come più pericolose e perciò da evitare – del centro storico è ormai prossimo a compiersi. Il nostro itinerario incomincia perciò in Via Garibaldi, nelle immediate vicinanze del monastero dei Benedettini, prosegue nelle vie parallele, come Via Vittorio Emanuele, giungendo sino al Duomo e in Piazza Università, incrociando Via Etnea e via Antonino di Sangiuliano, piazza Teatro Massimo, infine il quartiere di San Berillio, Piazza Stesicoro e nuovamente Via Etnea.

PRO E CONTRO. Emerge immediatamente come la fisionomia della mappa cambi volto a seconda della fascia oraria presa in considerazione, passando dal viola “stai tranquilla” al rosso “evita” anche nel giro di poche ore, specie la sera. Il caso più eclatante è proprio San Berillio, zona calda in parte bonificata, capace di essere sottoposta a giudizi aspramente contrastanti nel passaggio dal giorno alla notte. La presenza di zone di prostituzione o spaccio viene, difatti, opportunamente segnata da appositi commenti in rilievo sulla mappa. Ma un dettaglio salta subito all’occhio e con esso le prime criticità: spesso alcune vie, a volte parallele, vicinissime, entrambe segnalate dalla community come abbastanza illuminate, ma poco affollate, sono oggetto di giudizi diametralmente opposti. La prima via presa in considerazione, ad esempio, è indicata dal colore rosso acceso: è dunque nella lista nera di Wher ed è certamente una zona da evitare. La seconda, invece, viene descritta come una via tranquilla, percorribile anche in solitario persino di notte. Eppure le indicazioni circa l’illuminazione e l’affollamento, gli unici parametri di cui si serve l’app oltre ai commenti personali, sono i medesimi. In apparenza è una sola la differenza tangibile tra le due vie: la presenza di negozi di generi alimentari gestiti da personale extracomunitario, numerosi nella prima ma assenti nella seconda.

Decidiamo di vederci chiaro. In più occasioni io e la mia intrepida compagna di viaggio – in verità la mia coinquilina – notiamo come simili giudizi non abbiano nulla a che fare con l’illuminazione o con l’affollamento del quartiere in questione. Tengono conto della fama del quartiere, di esperienze passate dirette ed indirette, e si appellano al buonsenso. Tuttavia, in alcune circostanze, anche i pregiudizi possono giocare un ruolo importante. L’esercizio di una ragionevole cautela talvolta cede il posto alla diffidenza, se non al terrore. Ed il rischio di incappare nel meccanismo psicologico di chi si sottrae ai luoghi della propria città per paura, è sempre in agguato.

LA COMMUNITY. Nonostante ciò il nostro pellegrinaggio, movimentato e denso di adrenalina, ci ha comunque convinte dell’utilità e della genuinità dei propositi che ispirano la community dell’app, costituita da donne volenterose di offrire il proprio contributo attraverso la testimonianza. Wher sopperisce infatti alla mancanza di esperienza diretta della città, migliorando la capillarità, l’affidabilità, e dunque la qualità stessa del passaparola di cui la community si fa portavoce, raggiungendo così centinaia di donne diverse al giorno. Non si tratta solo di un’applicazione che segue i trend degli ultimi anni, ma è la risposta intelligente ad un problema reale, spesso taciuto, combattuto ora con il potere dell’informazione.

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