«Sabato sera è stata la prima rappresentazione dei Puritani, tutto è stato marcato dagli applausi, e che applausi, che applausi». Nel racconto trasognato che Bellini fa, per lettera, all’amico Francesco Florimo riecheggia tutta la soddisfazione di quell’opera, l’ultima, andata in scena nel 1835 al Théâtre Italien e alla quale lavorò costantemente per nove mesi. Centoottantotto anni dopo, per celebrare l’anniversario di morte del suo Cigno, Catania la ripropone all’interno della III edizione del Bellini International Context, con due repliche sabato 23 e martedì 26 settembre. Questa edizione, con la regia di Chiara Muti e la direzione d’orchestra del M° Fabrizio Maria Carminati, vede nel ruolo della protagonista, Elvira, il giovanissimo soprano Caterina Sala. A dispetto dei suoi ventitré anni, la Sala, che calca il palcoscenico da quando ne aveva cinque, ha già vinto il 70° Concorso Aslico cantando alla Scala e all’Arena di Verona accanto a grandi nomi della lirica e facendosi apprezzare per la tessitura vocale e per la grande maturità interpretativa che ha già sfoggiato in occasione della serata inaugurale del BIC.

La musica è scritta nei suoi geni: il suo papà ha lavorato per oltre venticinque anni nel coro della Scala, la sua mamma è musicologa, e anche le sue tre sorelle e suo fratello cantano. Era scontato per lei intraprendere questa carriera?
«In realtà è stato un percorso maturato durante la crescita, nel senso che per tantissimi anni ho cantato in un gruppo vocale composto da tutti e sette i membri della mia famiglia, con cui ho fatto tantissimi concerti. Quando alla fine delle superiori è stato il momento di decidere cosa fare, avendo una grandissima passione per gli animali, in particolare per i cavalli e per i cani, ho pensato che quello sarebbe stato il mio futuro, invece la vittoria all’ASLICO ha cambiato le cose. Non c’è posto in cui mi senta più a mio agio come in palcoscenico, sentire l’orchestra che suona, avvertire il calore del pubblico, mi infonde serenità».

Che effetto fa portare Bellini nella sua Catania?
«Il palcoscenico è la mia casa per cui non vivo mai la performance con tensione anzi quando canto mi sento completamente me stessa. Certo, il Belcanto soprattutto Bellini richiedono una grande preparazione tecnica oltre che una maturazione vocale, per questo ho iniziato a studiare “Puritani” con il mio papà, che è anche il mio preparatore, tre mesi fa. Il ruolo di Elvira oltre a essere impegnativo dal punto di vista del canto richiede una grande prova attoriale e in questo Chiara (Muti ndr) mi ha aiutato moltissimo. È una persona molto esigente in palcoscenico, attenta ad ogni minima sfumatura musicale e il fatto di essere anche un’attrice le ha permesso di raccontare il dramma in maniera molto realistica».

Il personaggio di Elvira è carico di sfaccettature, si passa da un approccio brillante nella polacca “Son vergin vezzosa” per arrivare a una linea vocale più frammentata nel cantabile “Qui la voce sua soave” in cui la giovane vaga, per le stanze del castello, in preda alla follia.
«Elvira è un personaggio molto complesso che ha ispirato tantissimi compositori a partire proprio da Verdi. In molte delle sue eroine, penso a Gilda o a Lady Macbeth, ci sono diversi richiami alla protagonista belliniana. Credo che la scelta registica di mostrarla sin da subito come una donna tormentata sia vincente, prima ancora di impazzire infatti Elvira oscilla tra improvvisi scatti di rabbia e una profonda insoddisfazione, facendo trasparire quanto in realtà sia una personalità disturbata. Ho imparato tanto da questo personaggio e sono certa mi sarà molto d’aiuto fra qualche mese quando dovrò interpretare Lucia di Lammermoor di Donizetti al Teatro di Bergamo».

Come descriverebbe questo mese di lavorazione insieme ai suoi colleghi? E il confronto con il M° Carminati, da sempre attento ai giovani artisti?
«Devo dire che ho avuto la fortuna di lavorare con un cast di primissimo ordine a partire proprio da Dmitry Korchak, che interpreta Arturo (nel cast sono presenti anche Dario Russo nei panni di Sir Giorgio e Christian Federici nella parte di Sir Riccardo Forth ndr). Ho sempre avuto un’ammirazione per il suo lavoro e poter debuttare questo ruolo con lui mi sembra incredibile È anche la prima volta che vengo diretta dal M°Carminati che reputo una bellissima persona, sempre sorridente, con tanta energia oltre a essere un direttore aperto a lavorare sulla vocalità dei cantanti. Ho apprezzato molto la lettura attenta e filologica che ha fatto della partitura, con pochi tagli, nonostante le difficoltà dell’opera. Posso dire che questo mese è letteralmente volato, è stato tutto molto stimolante e probabilmente quando fra qualche giorno dovrò partire sarà un lutto».

La scelta della Regione siciliana di rendere gratuiti tutti gli appuntamenti del BIC nasce probabilmente dalla necessità di far accedere all’opera tutti, soprattutto i ragazzi. Da artista qual è la sua percezione?
«Credo che bisognerebbe impartire un’educazione musicale già dall’infanzia. Ricordo che quando andavo a scuola spesso e volentieri si continuava l’ora di italiano durante quella di musica. Invece se l’opera venisse spiegata, probabilmente ci sarebbe molta più affluenza giovanile nei teatri. Ho appena concluso una “Figlia del reggimento” al Regio di Torino in cui uno spettacolo è stato interamente dedicato ai bambini e ai giovani sotto i 30 anni, è stato bellissimo vederli ridere ed emozionarsi. Questo genere di iniziative sta prendendo sempre più piede penso al teatro di Como, la città da cui vengo, che propone riduzioni per le scuole elementari e medie, la Scala che ha delle giornate aperte solo per studenti quindi, sono molto fiduciosa per il futuro».

C’è ancora chi pensa che quella dell’attore, del regista o del cantante non sia una vera professione.
«È successo anche a me, purtroppo. Durante l’esame di maturità, una delle mie insegnanti mi chiese cosa avrei fatto dopo il diploma e quando risposi la cantante, mi disse: “e come lavoro?”. Mi è dispiaciuto perché io già facevo produzioni alla Scala, per fortuna ho avuto anche dei professori meravigliosi che mi hanno sempre sostenuta ma purtroppo questa è un pregiudizio che ancora esiste nella nostra società».

Beh devo dire che le soddisfazioni non le sono mancate. È stata diretta da Daniel Oren, con cui a breve tornerà a lavorare, e la sua agenda 2024 è già fitta di debutti.
«Non vedo l’ora di studiare Lucia e Musetta ma soprattutto di poter reinterpretare Gilda, un ruolo a cui sono particolarmente legata. Il mio debutto in “Rigoletto” è stato faticoso, l’interprete designata si ammalò una settimana prima dello spettacolo, e sebbene io fossi in scena con l’“Ariadne auf Naxos di Strauss” preparai il ruolo in pochi giorni quindi aspetto con ansia di portarla nuovamente in scena, per potermi godere appieno il momento».

Tante soddisfazioni ma le è mai pesato essere lontana dalla sua famiglia e dai suoi animali?
«Si rinuncia a molto in questa professione, non sempre riesco a stare con i miei cavalli, soprattutto Jugetone che ho da tredici anni, o ad uscire con gli amici. Anche il fatto di vivere ogni mese in una città diversa cambiando sempre compagni di lavoro, è faticoso ecco perché a dicembre scorso per sentire meno la mancanza degli effetti ho deciso di prendere un bassotto, Tito, che ormai è diventato il mio compagno di avventure musicali oltre ad essere la mascotte di tutti i teatri in cui andiamo e devo dire che la qualità della mia vita è davvero migliorata».

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