Gesualdo Busacca, dottorando siciliano a Stanford: «Una mia collega sudanese maltrattata in aeroporto. Non ci sentiamo più al sicuro, ma la rivoluzione arriverà dalle gente e anche noi dovremo fare la nostra parte»

«Quando sono arrivato in America tre anni fa mi sono sentito un siciliano spaesato. I primi tempi sono stati difficili e intensi. Presto, però, mi sono abituato non solo ai ritmi frenetici dell’accademia ma a vivere in questo paese, che offre grandi opportunità. Oggi tutto è cambiato, si respira un’aria di fortissima tensione e basta uscire di casa per rendersene conto. Per fortuna, però, la gente sta scendendo in piazza, e questo deve farci davvero riflettere».

La nuova presidenza Trump, fin dai suoi primissimi giorni di attività, ha monopolizzato l’attenzione mediatica mondiale. Scelte radicali come il recente licenziamento del ministro della Giustizia Sally Yates, (considerata l’ultima “superstite” dell’era Obama e contraria al bando agli immigrati) hanno indignato stampa e opinionisti di tutto il mondo. Perfino alcune grandi multinazionali hanno preso le distanze dalla linea del nuovo inquilino della casa bianca. La reazione del popolo americano (quello democratico) non è tardata ad arrivare: in molti, come mostrato dalle tv di tutto il globo, si sono lanciati in cortei al grido “Not my president”. Ma cosa è cambiato nella prospettiva di chi negli Usa sta cercando di costruire una pagina del proprio futuro? Come vivono oggi negli Usa gli studenti stranieri?


Gesualdo Busacca

Gesualdo Busacca ha ventotto anni ed è originario di Caltagirone. Da alcuni anni vive a Stanford, in California, dove sta ultimando il suo dottorato di ricerca in archeologia. «La mia – racconta – non è stata un’emigrazione forzata, ma una scelta dettata dalle opportunità. Qui cerco di costruire il mio futuro, ma non escludo di tornare in Italia dopo aver completato gli studi. Sono arrivato negli Usa durante l’amministrazione Obama, che si è caratterizzata per una politica molto inclusiva. In quegli anni sono stati compiuti grandi passi avanti nella sanità e nei diritti civili, basti pensare alla situazione delle minoranze e delle comunità Lgbt. Alcuni analisti oggi spiegano la vittoria di Trump come una reazione degli americani a queste politiche, ritenute troppo progressiste, ma la percezione è che, semplicemente, si sia tornati indietro nel tempo».

«Alcuni analisti spiegano la vittoria di Trump come una reazione alle politiche progressiste di Obama, ma la percezione è che si sia tornati indietro nel tempo»

Il cambio di rotta della nuova presidenza, con provvedimenti che vietano l’ingresso a immigrati provenienti da paesi a maggioranza musulmana, ha sconvolto anche la quotidianità nel campus frequentato da Gesualdo. «Una mia collega sudanese con la green card (un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, n.d.r.) – continua – è stata trattenuta nell’aeroporto di New York perché tornava dal suo paese. Le hanno fatto un interrogatorio, è stata ammanettata e perquisita in maniera molesta per assicurarsi che non avesse legami con l’Isis. Come si fa a sentirsi sicuri in questo contesto?»

Proteste all’aeroporto di San Francisco (foto G.Busacca)

La risposta, secondo il giovane studente, starebbe nella reazione stessa del popolo americano. «La politica avviata da Trump – continua Gesualdo – mi ha toccato da vicino e mi ha fatto sentire un estraneo, ma la maggioranza della gente non la pensa come lui. Ho visto masse muoversi, ribellarsi, scendere in piazza per proteste solidali nei confronti della gente colpita dal muslim ban».

 «La politica avviata da Trump mi ha fatto sentire un estraneo ma mi rassicura il fatto che molta gente non la pensi come lui»

Il pensiero immediatamente successivo, Gesualdo lo rivolge all’Italia. «Rendermi conto che tutto questo accade a pochi metri dal luogo dove vivo mi ha molto colpito e mi ha fatto pensare al ruolo della cittadinanza attiva. In Italia si parla molto, ma abbiamo davvero bisogno di vivere anche noi un’esperienza come questa prima di risvegliarci e reagire alle politiche che calpestano i diritti umani?»

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