I sistemi di intelligenza artificiale guadagnano sempre più spazio nelle nostre vite animando il dibattito sulle loro implicazioni e sugli strumenti di cui fornirci per fronteggiare al meglio la nuova era. Come sta cambiando in questo senso l’approccio del diritto?

«Preferisco morire come uomo che vivere per tutta l’eternità come macchina»: con questa frase il robot Andrew Martin, finalmente invecchiato grazie a del sangue umano iniettato nei circuiti, richiede al Congresso Mondiale di essere riconosciuto come umano e quindi ufficialmente legato in matrimonio con Portia. Il singolare prototipo, umanizzato nelle abitudini, nell’aspetto fisico e nei sentimenti, alla fine, dopo 200 anni, muore con i capelli bianchi accanto alla donna amata, membro a tutti gli effetti del genere umano. È “L’uomo bicentenario”, il film del 1999 ispirato al racconto di Isaac Asimov che, a distanza di 20 anni, riscopriamo di grande attualità nei dibattiti giuridici che ne fanno decadere il tabù fantascientifico: sarà possibile introdurre negli ordinamenti, accanto alla persona fisica e a quella giuridica, la persona elettronica? La questione è stata trattata da Giovanni Di Rosa del Dipartimento di Giurisprudenza di Catania in occasione del Convegno “Dio, Macchine, Libertà” svoltosi la scorsa settimana nell’aula magna del Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania.

SEMPLICI OGGETTI… L’utilizzo dei cosiddetti robot nella nostra vita può essere molteplice: dall’industria alla sanità, senza dimenticare gli usi consumeristici, come nel caso di veicoli con pilota automatico. Altrettanto molteplici sono le implicazioni: quali sono le norme giuridiche in materia di robotica? La questione, affatto avveniristica, si fa urgente se si considerano i danni che possono derivare dall’utilizzo di robot. Chi dovrebbe risponderne in questo caso? La risposta dipende anzitutto da considerazioni ontologiche: i robot, macchine dotate di sistemi di intelligenza artificiale, sono meri oggetti o qualcosa di più? «Se consideriamo un robot come una res allora, in caso di dovuto risarcimento, il riferimento europeo è la normativa relativa ai prodotti difettosi, nella fattispecie in Italia il decreto 224 del 1988. Ciò potrebbe valere ad esempio nel caso dei nuovi camerieri robotizzati che lavorano su indicazioni del software per cui sono in grado di evitare ostacoli ma non di decidere da sé il percorso», spiega Di Rosa. «In questo caso   ̶   prosegue il docente   ̶   sarebbe il produttore a rispondere dei danni arrecati dall’utilizzo del proprio prodotto difettoso a condizione che il danneggiato provi il difetto, l’esistenza del danno e il nesso di causalità i due. La differenza sarebbe che, nel caso del robot, bisognerebbe fare qualche distinguo a seconda della sua destinazione».

O QUALCOSA DI PIÙ? Tutto cambia però se si considera il robot senziente, capace cioè di produrre risposte autonome. «Qui si inserisce un altro ordine di riflessioni cioè sulla possibilità di introdurre nel nostro ordinamento una nuova categoria giuridica che si aggiunga alla persona fisica e alla persona giuridica: la persona elettronica». Il nuovo soggetto del diritto sarebbe considerato, in quanto tale, titolare di diritti e di doveri. La questione, come è facile capire, è cruciale e non priva di conseguenze. L’economia, ancora una volta, avrebbe un’importante voce in capitolo: «Oggi la maggiore preoccupazione è non porre freni allo sviluppo tecnologico. Se i produttori sono ritenuti responsabili della macchina è importante trovare compromessi che non li scoraggino ad investire, tutelando tuttavia i danneggiati». Ma se la persona elettronica venisse riconosciuta, il rischio sarebbe quello di deresponsabilizzare chi crea questi artefatti. «È per questo motivo che il Cese (Comitato economico e sociale europeo) ha mitigato la possibilità estremista, non del tutto esclusa dal Parlamento Europeo, mostrandone la deriva etica». Siamo disposti a riconoscere “uomini bicentenari”?

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