«L’industria della moda è la seconda più inquinante al mondo e le emissioni di anidride carbonica che essa produce sono superiori a quelle rilasciate dal traffico aereo. Io, da amante della moda e dell’ambiente, non riuscivo a non fare niente». Con queste parole Gabriella Grasso spiega perché ha deciso di aprire a Catania una boutique in cui vendere capi pre-loved, cioè di seconda mano, ma in ottime condizioni. «Si parla tanto di economia circolare, si criticano i grandi del mondo, ma in verità ognuno nel proprio piccolo deve fare qualcosa» afferma Gabriella, che ha alle spalle una carriera di consulente di immagine, costumista e scenografa e adesso si dedica al commercio sostenibile con “OkiDoki Catania by Atelielle”. «OkiDoki – spiega la proprietaria della boutique – è un franchising originario di Prato: questo genere di negozi è molto diffuso e apprezzato al nord. Qui invece si parla ancora di abbigliamento di seconda mano, in senso riduttivo, e si pensa solo ai mercatini dell’usato storcendo il naso».

Moda e inquinamento. «Quando ho visto un servizio televisivo sul “nero” della moda ho deciso di fare qualcosa: da consulente d’immagine ho aiutato spesso le persone a svuotare i loro armadi e vedere tutti quei capi da gettare via mi ha fatto riflettere molto» racconta Gabriella spiegando l’origine del suo negozio. «Si tratta di vestiti che qualcuno non ama più, ma che altri possono tornare ad amare. Così io – spiega Garbiella – nel mio Atelielle (parola contenitore di atelier e Gabrielle) ho deciso di accettare capi particolari in conto vendita da chi li porta. Il risultato è una collezione di abbigliamento pre-loved selezionato con cura e igienizzato ogni sera tramite il generatore di ozono».

Il mito del fast fashion. Di fronte alla moltitudine di catene d’abbigliamento low cost, ci si potrebbe chiedere perché acquistare un abito che qualcuno ha dato via. Gabriella, sensibilizzando i suoi clienti, così risponde: «Ogni volta che qualcuno compra una maglietta a 10 euro pensa di aver fatto un affare. In realtà non sa che è un male per sé e per l’ambiente: per sé perché i coloranti usati spesso sono irritanti per la pelle. Per l’ambiente perché dietro ogni capo low cost ci sono schiavitù, uso di pesticidi e coloranti fuori norma inquinanti. Un vestito fast fashion – continua la signora Grasso – rilascia il 35% di microplastiche nell’ambiente a ogni lavaggio e, se gettato via, diventa un rifiuto difficile da smaltire».

Dagli abiti agli alberi. Favorire la moda circolare è solo uno dei modi in cui Gabriella si prende cura del pianeta: «Casualmente è passata di qui la presidente di Legambiente Catania Viola Sorbello e si è innamorata del mio progetto. Da qui la stretta di un patto: il 10% del ricavato delle vendite del mese di novembre verrà donato a Legambiente affinché pianti alberi in città. Il negozio è aperto da fine ottobre e non escludo che questo accordo possa protrarsi». La stessa boutique si basa sui principi di riciclo ed economia circolare: i mobili con cui è arredata non sono acquisti di prima mano, alcuni provengono da esposizioni, scenografie curate dalla stessa signora Grasso. Anche gli scatoli di scarpe, dipinti, hanno vita nuova e diventano raffinati oggetti scenografici. «La gente quando entra resta stupita, non si aspetta un ambiente così elegante pensando riduttivamente ad abiti usati. Considerate che tra la “roba usata” – conclude Gabriella – c’è anche un abito indossato solo da una modella che ha sfilato per “La via della Seta”».

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