Cosa raccontano di noi le luci notturne delle città viste dallo spazio?

Le città di notte, viste dallo spazio, sono un’altra cosa, come sanno particolarmente bene gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, che ogni 90 minuti compiono un intero giro del nostro pianeta. Se nessuna di esse fosse illuminata, avrebbero difficoltà a riconoscerle durante la notte. Ma le luci che straripano, anche verso l’alto, dai territori urbani producono una visione che associa a ognuna dei tratti distintivi, non solo per la loro forma, ma anche per il tipo di illuminazione. È possibile trovare in rete molti video (come per esempio questo, prodotto dalla NASA) che raccontano dei viaggi notturni alla scoperta di città, grandi o meno grandi, presenti sulla Terra, offrendoci una particolare vista da un osservatorio speciale.

La prima considerazione che salta all’occhio è proprio la loro visibilità notturna dallo spazio, cosa che poco più di un secolo addietro sarebbe stata impossibile, immerse com’erano le città nelle fioche luci dei lampioni a gas, e, prima ancora, nel solo chiarore delle torce. Una visibilità derivata quindi dall’opera dell’uomo, che ha apportato con il suo impatto mutamenti profondi nel territorio nell’arco di appena cento anni. Ma, scorrendo le immagini notturne delle principali metropoli del mondo, emergono altri tratti distintivi, prima tra tutti la loro forma, definita dai contorni luminosi.

Più alta è la temperatura della luce emessa da una fonte luminosa, più bianca o bluastra apparirà ai nostri occhi; temperature più basse, al contrario, daranno tonalità di colore più “calde”

Le città del Vecchio Continente presentano tipicamente una struttura a raggiera, che ricorda la loro evoluzione a partire da un centro storico, caratteristico dell’Europa medioevale; altre, come alcune collocate negli Stati Uniti, hanno invece una struttura a scacchiera, con lunghe strade rettilinee che si intersecano lungo le direttrici Nord-Sud e Est-Ovest, che forse potrebbero ricordare la struttura delle strade di costruzione romana. Un’altra caratteristica è il colore. Non tutte le luci sono infatti uguali, come abbiamo imparato ormai da alcuni anni, sostituendo progressivamente le vecchie lampadine a incandescenza con altre fonti luminose, nelle cui confezioni leggiamo la temperatura di colore, cioè la tonalità della luce emessa da una sorgente luminosa. Si tratta di una temperatura espressa in gradi Kelvin: più alta è, più bianca o bluastra apparirà la sua luce; temperature più basse, al contrario, daranno tonalità di colore più “calde”, con colori più carichi di giallo.

Scozia, Gran Bretagna e Francia viste dall’ISS | Fonte: NASA

Ebbene: anche le città, attraverso la loro amministrazione, hanno scelto una tonalità specifica: i giapponesi ne prediligono una sul verde, che è prodotta dalle lampade a vapori di mercurio, laddove in altri luoghi, come l’America, si preferisce il giallo, tipico delle lampade a vapori di sodio. Negli Emirati Arabi predomina il bianco, tipico delle luci a led. E in Europa? Anche in questo caso, si sono sapute coniugare e armonizzare diverse tendenze, adattandole al particolare contesto urbano: luci più verdognole nei centri storici e luci più gialle nei contesti più periferici, di stampo più moderno.

Infine, una caratteristica da considerare riguarda la quantità di luce emessa dalle città. Sempre più aumentata nel corso degli anni, costituisce infatti un sintomo eclatante del livello di benessere in ogni Paese, ma anche delle differenze geografiche nella distribuzione delle ricchezze. Così, alcune nazioni extraeuropee sono caratterizzate da agglomerati urbani enormi, con una impressionante quantità di luce concentrata in una piccola zona geografica ma circondati dal buio nei territori circostanti, laddove l’Europa, pur con la presenza delle sue grandi città, mostra una distribuzione della luce più uniforme in tutto il territorio.

a cosa assomiglierà la Terra vista dai futuri astronauti, e che idea ci si potrà fare dallo spazio del pianeta in cui viviamo, in cui ormai siamo in compagnia di otto miliardi di persone?

A questo punto, più di una domanda sorge spontanea: le zone di luce e di buio saranno destinate a rimanere come le vediamo adesso o andranno verso una distribuzione più uniforme della luce in tutto il Pianeta? Oppure ancora, potremmo vedere ribaltate le proporzioni attuali della geografia della luce con il passare dei decenni? Oltre a questi interrogativi, rimane aperto il quesito con cui il video conclude questa interessante carrellata di immagini: a cosa assomiglierà la Terra vista dai futuri astronauti, e che idea ci si potrà fare dallo spazio del pianeta in cui viviamo, in cui ormai siamo in compagnia di otto miliardi di persone?

About Author /

Professore ordinario di Fisica Sperimentale delle Interazioni Fondamentali Dipartimento di Fisica e Astronomia "E. Majorana" dell'Università di Catania.

Start typing and press Enter to search