Con l’associazione “Dolce Buonaspina”, ispirata al nome del carcere minorile palermitano in cui ha conosciuto una seconda possibilità dopo un’infanzia difficile, il 45enne coinvolge giovani disagiati e disabili nella realizzazione di tipici dolci siciliani da vendere nei teatri cittadini. «Il sogno? Un punto vendita tutto nostro»

Aveva soltanto 11 anni quando tra i vicoli del quartiere Ballarò di Palermo ha conosciuto la terribile faccia dell’illegalità, quella fatta di droga e criminalità. Ma dal sapore amaro dell’esperienza in carcere, Marcello Patricola, oggi 45enne, ha trovato la spinta per costruirsi un futuro che profuma di cannella e arancia. Un profumo di vita, che lo rende protagonista delle attività portate avanti con la sua associazione “Dolce Buonaspina”, fondata proprio in ricordo del carcere minorile Malaspina di Palermo, con la speranza che si possano diffondere sempre di più misure alternative alla pena, soprattutto per i giovani.

Con il suo cappello da chef e un sorriso che testimonia un lungo percorso di riscatto sociale, Marcello si occupa con l’associazione di produrre dolci tipici siciliani, come i biscotti alla cannella e il pan d’arancio, e venderli nei foyer dei teatri cittadini. Una professione, quella da pasticciere, che ha coltivato durante gli anni trascorsi in carcere. «La scuola mi ha salvato la vita – commenta -. Oggi il carcere è molto più riabilitativo rispetto a tanti anni fa, io ho avuto la fortuna di frequentare l’Istituto Alberghiero e apprendere un mestiere che mi è servito per ricominciare».

L’ALTRA FACCIA DELLE PERIFERIE. Figlio di entrambi genitori disabili, Marcello conosce sin da piccolissimo modelli di vita sbagliati, che lo portano a scontrarsi con la dipendenza e il consumo di droghe pesanti fino a quando viene segnalato dal tribunale per minorenni e inserito nella comunità di recupero di San Patrignano. «Dopo un percorso in comunità – aggiunge – avevo superato il problema della dipendenza, ma non quello del “fascino del quartiere”. Quei motorini, quelle luci sono per chi cresce in periferia delle altalene, se ci fossero più interventi di rigenerazione urbana, più centri aggregativi, più contaminazione con modelli positivi forse molti ragazzi prenderebbero strade diverse. Io non ho scelto di rubare, conoscevo solo quel modello».

LA FORMAZIONE COME RISCATTO. Ha studiato la Divina Commedia più volte, letto intere pagine dei Promessi Sposi ma poco importa se qualche volta ha dovuto ripetere l’anno scolastico. La scuola e soprattutto gli insegnanti sono stati i migliori compagni di vita con il quale confrontarsi e riflettere su tematiche sociali. «Quando suonava la campanella ero il primo ad entrare in classe e l’ultimo ad andare. A differenza del carcere, dove devi mantenere il ruolo del duro, a scuola sei libero. Libero di costruirti nuovi modelli, parlare di valori e alimentare il tuo pensiero critico. Non smetterò mai di dirlo: ogni giovane che sfortunatamente vive l’esperienza del carcere deve avere la possibilità di studiare».

DAL CARCERE ALL’INCLUSIONE. Non soltanto legalità e riscatto sociale, il cuore pulsante dell’associazione è promuovere buone pratiche di inclusione coinvolgendo sia gli ex detenuti che le persone disabili. “Dolce Buonaspina” collabora, infatti, con l’Aias, Associazione Italiana per l’Assistenza agli Spastici, attraverso un laboratorio di pasticceria, guidato da Marcello, che appassiona sempre di più i disabili nella preparazione dei dolci. «Da loro ricevo tantissimo – confessa – e questo mi dà la carica per continuare a portare avanti la mia battaglia. Che è quella di donare ai giovani meno fortunati speranza ed esempi positivi. Da qualche anno, mi vengono affidati inoltre alcuni ragazzi che vivono nelle case famiglie e attraverso lezioni di pasticceria cerco in tutti i modi di far comprendere che c’è sempre un’alternativa».

L’associazione non ha un punto vendita dove proporre le proprie specialità, ma in maniera del tutto itinerante si garantisce la sostenibilità. Ma il sogno adesso è di avviare una vera e propria attività che coinvolga ex detenuti e disabili. «Una pasticceria o un mini market, mi piacerebbe vedere dietro il bancone il sorriso di un ragazzo disabile o lo sguardo di chi ce l’ha fatta. Confido proprio nella generosità di chi ci apprezza e spero prima o poi di realizzare questo sogno».

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