Era il 2001 quando a San Giuseppe Jato, comune palermitano tristemente noto per l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo nel 1996, dei giovani volenterosi cominciarono a coltivare le terre confiscate alla mafia dando loro nuova vita. Nasce così la Coop “Placido Rizzotto – Libera Terra”, la cui storia è raccontata nel libro Le mani in pasta (Jaca Book) di Carlo Barbieri, scrittore e soprattutto membro interno di Coop Italia, consorzio che riunisce le cooperative di consumo aderenti a Legacoop. A distanza di quindici anni dalla prima edizione, datata 2006, lo scorso anno il testo ha conosciuto una nuova pubblicazione. Ma cosa può spronare uno scrittore a ritornare sulla propria opera dopo così tanti anni?

Innanzitutto, perché, come direbbero i latini, “repetita iuvant” non fa mai male ricordare che la mafia non si combatte con le armi, come dimostra il fatto che essa non sia stata ancora sconfitta. In secondo luogo, perché la nuova pubblicazione è stata l’occasione di celebrare degli anniversari significativi: i 20 anni della Coop “Placido Rizzotto – Libera Terra”, la prima delle cooperative di Libera, da cui prende appunto le mosse la narrazione; i 15 anni dell’agenzia “Cooperare con Libera Terra”, che avvicina le cooperative Libera Terra sparse per l’Italia nate nel tempo; i 25 anni dalla legge 109/96, con cui fu concesso il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi a seguito di una raccolta firme promossa a Corleone da Don Luigi Ciotti.

UN SEGNO DI SPERANZA. E così, man mano che la lettura procede, ci si rende conto che la terra sottratta alla malavita diventa qualcosa di più: il simbolo di un cambiamento radicale e non impossibile.Barbieri, a tal proposito, scrive a chiare lettere che ciò che turba maggiormente i mafiosi è l’idea che lo status quo possa improvvisamente modificarsi. Le foto che arricchiscono il libro mostrano l’evoluzione di agrumeti, uliveti e campi dallo stato in cui furono confiscati e consegnati alle cooperative a quello attuale. Terreni arsi, discariche a cielo aperto su cui nessuno avrebbe scommesso, se non chi lo ha fatto solo in nome di legalità e rinascita.

PRANZO A BASE DI LEGALITÀ. Da questi terreni nascono quei prodotti definiti come “materializzazione della legalità”: leggendo le pagine del libro quasi si assapora quel piatto di pasta al pomodoro condita con olio Igp e accompagnata da vino Docg che fa da sfondo all’intera narrazione. Barbieri avvia il racconto dei fatti relativi alla nascita delle varie cooperative Libera Terra chiacchierando con un amico davanti a un primo prodotto dalla Cooperativa Placido Rizzotto e a un vino dall’etichetta Cento Passi, il cui marchio non ha bisogno di commenti. Sono acquisti solidali, frutto di fatica, sudore e legalità: sono i prodotti di terre di cui la mafia si era ingiustamente appropriata e che vengono così restituiti a chi ha diritto di averli.

RISPONDERE PRESENTE. Dalla Sicilia alla Puglia, passando per la Calabria, i prodotti delle cooperative Libera Terra arrivano negli scaffali dei supermercati di tutta Italia. Questo perché la mafia non è un fenomeno isolato legato soltanto al Meridione, ma esiste anche a Milano e nelle altre città del Nord e va contrastata anche lì con lo strumento della legalità. Tra le righe di “Le mani in pasta” si respira la speranza che questo possa essere possibile: se è vero che la mafia è ovunque, è anche vero che la volontà di annientarla lega tutte le cooperative di “Cooperare con Libera Terra”.

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