«Occorre riscrivere la storia senza demonizzare il mondo maschile, ma rivalutare il ruolo della donna e i personaggi femminili importanti in diversi campi. È importante coinvolgere gli uomini sul ruolo e sulla libertà delle donne, sulla divisione dei compiti in famiglia, sulla loro partecipazione alla vita sociale e pubblica». Questa la strada tracciata da Dacia Maraini, recentemente protagonista di uno dei colloquia promossi dalla Scuola Superiore di Catania, per superare la disparità tra i sessi. A ispirare il dibattito è stato il recente saggio “Il coraggio delle donne” (Il Mulino, 2020), nel quale l’autrice toscana, in collaborazione con la giornalista e scrittrice Chiara Valentini, indaga il rapporto tra donne e società, portando alla luce figure femminili che si sono contraddistinte nella Storia per la loro audacia. 

UNA QUESTIONE ANTICA. Soltanto un profondo cambiamento culturale, secondo la scrittrice di Fiesole, potrà colmare la diseguaglianza di genere, che affonda radici antichissime nella storia dell’uomo dominata da una matrice misogina e androcentrica. «Con il passare dei secoli le donne hanno imparato a sublimare, cioè a trasformare gli istinti più aggressivi e violenti in una forma di autorepressione e autocontrollo, hanno imparato quindi mutare le energie negative in qualcos’altro». Questa logica, secondo Maraini, si applica anche ai fatti di cronaca e femminicidio, i quali avvengono spesso per ragioni legate alla gelosia, al possesso mentre «se una donna viene lasciata da un uomo, piange, lo insulta, si dispera, ma non uccide». 

PAROLE CHE DISCRIMINANO. Per ottenere un cambio di prospettiva che coinvolga intimamente il pensiero dell’essere umano, occorre soffermarsi sui pregiudizi che si annidano nel nostro modo di parlare: «molti pensano che il linguaggio sia neutro, ma non è così. Tutto si coniuga al maschile, genere che si riconosce come l’universale, quando invece al femminile spetta il particolare. Ecco che un linguaggio che discrimina diventa anche un pensiero che discrimina». Ci siamo chiesti secondo quali criteri, ad esempio, si dice che le parole avvocata, ministra, ingegnera e architetta suonino male? «Affermare la propria femminilità non sottrae prestigio e autorevolezza alla professione, come ci ricorda la linguista Alma Sabatini». Secondo il pensiero di quest’ultima, infatti, “le forme linguistiche portatrici di ideologie e pregiudizi anti-donna sono così profondamente radicate nella nostra struttura del sentire che difficilmente le riconosciamo”.

UNA SFIDA PER LA COLLETTIVITÀ. La questione di genere, tuttavia, non è soltanto un problema culturale ma ha dirette ripercussioni sulla vita delle donne nella nostra società: «Essa – spiega ancora la scrittrice – è basata ancora sul ruolo della donna che si deve occupare della famiglia e della casa, senza alcuna retribuzione, con conseguenze nel campo professionale e la pandemia ha aggravato questa ingiustizia visti i numerosi licenziamenti che hanno colpito principalmente le donne». Ciononostante la Maraini è fiduciosamente ottimista sul superamento di questi ostacoli, a condizione che la questione di genere venga finalmente accolta nell’alveo di una più ampia lotta per la tutela dei diritti umani. «I diritti delle persone sono universali e tutti noi dobbiamo impegnarci a rispettarli e ad impedirne la violazione». Una sollecitazione che, pur nel riconoscimento dei suoi limiti intrinseci, la Maraini rivolge anche alla politica: «A lei spetta il compito di realizzare una società equa dal punto di vista del genere, ma ancora oggi assistiamo a Paesi, anche quelli guidati da presidentesse, in cui il potere decisionale è nelle mani degli uomini».

L’INCONTRO ALLA SCUOLA SUPERIORE DI CATANIA

L’incontro con Dacia Maraini è stato contestualizzato all’interno di uno dei colloquia della Scuola Superiore di Catania. Dopo l’intervento del Rettore Unict Francesco Priolo, il tema è stato introdotto dalla presidente SSC Maria Rosaria Maugeri: «Secondo i dati di una ricerca del World Economic Forum è emerso che nessun paese al mondo sarà in grado di raggiungere la parità di genere nell’arco di un decennio. L’Italia conta uno dei peggiori gap salariali tra generi in tutta Europa e una bassissima percentuale di donne che ricoprono posizioni manageriali». Inoltre, sempre in Italia, come dimostra il dato Istat dello scorso dicembre, il 98% di chi ha perso il lavoro nel 2020 a causa della pandemia è donna. L’importanza di organizzare questo dibattito è stata confermata dalle parole di Adriana Di Stefano, coordinatrice della classe di Scienze Umanistiche della SSC e delegata del Rettore alle Pari Opportunità: «Si tratta di tematiche emerse tante volte tra i nostri studenti, perché è indubbio che molte delle fragilità attuali nascano proprio dal gap di genere». L’evento ha riscontrato la partecipazione di circa 170 persone, in gran parte allievi SSC, studenti UniCT e dei licei. 

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