Paesaggi mozzafiato e ricchi di storia, una trama apparentemente semplice ma non per questo meno accattivante, la solita, irresistibile vena di leggerezza che contraddistingue le loro performance. Che il film di debutto della coppia Colapesce e Dimartino fosse destinato a riscuotere un discreto successo, era abbastanza prevedibile. Che la pellicola potesse rappresentare una piccola enciclopedia delle leggende siciliane, probabilmente, lo era di meno. Parallela – e talvolta intrecciata – alla vicenda portante, che vede due amici ritrovarsi dopo anni di litigi, corre, infatti, una serie di racconti mitologico-folkloristici che gettano luce su alcuni aspetti ancora oscuri, o perlomeno curiosi, della nostra isola.

MOSTRI E GIGANTI. Durante la prima scena, ad esempio, viene mostrata infatti la “Grotta dei Giganti” – nome fittizio inventato appositamente dagli sceneggiatori – la cui immagine corrisponde però all’Ipogeo di Piazza Duomo di Siracusa. Questa è la prima tappa del percorso intrapreso dai due cantanti, organizzato da Dimartino per conto dell’Ordine dei Semeniti, una sorta di setta religiosa a cui aderisce. Qui i protagonisti prendono parte ad una visita guidata piuttosto esclusiva ed apprendono delle dubbie informazioni sull’esistenza dei Lestrigoni (di cui vengono mostrate delle prove circa il loro presunto passaggio in Sicilia, come ossa esageratamente grandi e abiti smisurati ma fin troppo moderni). Questa storia, pur conservando un certo fascino, risulta leggermente modificata ai fini della narrazione cinematografica: difatti la Grotta dei Giganti non è mai esistita né è mai stata citata in alcun testo; diverso è il caso dei mastodontici personaggi mitologici, di cui si ha traccia nell’Odissea. Omero però li localizza in Sardegna e non in Sicilia (come invece viene affermato dagli attori): i Lestrigoni infatti erano dei rozzi cannibali guidati dal re Antifate che Ulisse incontrò nel suo viaggio; erano piuttosto i Ciclopi, mostri antropofagi e veri discendenti dei giganti, ad abitare le coste alle pendici dell’Etna e la zona di Aci Trezza. Si tratta di un ritocco molto piccolo, quasi impercettibile agli occhi di spettatori poco attenti. Un espediente che, a ben guardare, ritorna più volte nel corso della pellicola.

SHAKESPEARE DA MESSINA. Verso la metà del film i due protagonisti incontrano Roberto Vecchioni: un evento, questo, che funge da plot device per l’introduzione di un’altra, questa volta celeberrima leggenda. Tutto prende le mosse dalla tragica storia di Romeo e Giulietta, che viene prepotentemente sostenuto sia stata originariamente ambientata a Capo d’Orlando per scelta dell’autore. Tuttavia questo strano episodio fornisce l’occasione per discutere di un’altra leggenda, quella riguardante le presunte origini italiane (o meglio messinesi) di Shakespeare. Simili credenze vengono alimentate da una serie di tesi, piuttosto controverse, secondo le quali dietro lo scrittore si nasconderebbe un certo Michelangelo Florio – un personaggio nato nel XVI secolo, scappato dall’isola alla volta di Treviso prima e di Londra poi per sfuggire alle sentenze della Santa Inquisizione. Arrivato in Inghilterra avrebbe cambiato il proprio nome con quello della madre, Guglielma Scrollalancia, in seguito tradotto in William Shekespeare. Secondo molti questa diversa versione dei fatti troverebbe ulteriore conferma nelle opere teatrali stesse e, soprattutto, nelle specifiche città in cui sono ambientate: oltre alla celeberrima Verona animata dalle faide tra Capuleti e Montecchi, si ricorda la città di Messina che fa da sfondo alle vicende narrate in Molto rumore per nulla, o ancora il capoluogo veneto in Il mercante di Venezia, Padova in La bisbetica domata e così via. Questi sono solo degli esempi che alimentano bizzarre supposizioni o, addirittura, dei veri e propri complotti (come dirà Colapesce in una scena). Complottismo o no, il vero punto della questione è che si hanno notizie talmente ridotte e frammentate sulla vita di Shakespeare che è quasi impossibile giungere ad un verdetto definitivo, perciò l’unica cosa che resta da fare è continuare ad annoverare tale storia tra le leggende siciliane.

PANE E ALLUCINAZIONI. A proposito di queste ultime, nel film viene citato un altro evento piuttosto strano che, a differenza dei due precedenti casi, sembra essere più solidamente ispirato a fatti realmente accaduti. Si tratta dell’episodio riguardante le allucinazioni di massa registrate, nei primi del ‘900, nell’isola di Alicudi. I due protagonisti, sempre per rispettare l’itinerario dei Semeniti, si recano sul posto e ripercorrono i fatti accaduti in questo piccolo angolo selvaggio dell’arcipelago delle Eolie. Qui, agli albori del secolo scorsi, correvano voci circa la presenza di streghe e di creature femminili tramutate in uccelli. Dicerie da paesino, verrebbe da credere. Eppure questa volta era diverso: non si trattava delle solite voci, ma di vere e proprie visioni condivise da ciascun abitante, tra l’altro iniziate nel momento in cui fu introdotto il pane di segale cornuta nell’alimentazione degli arcudari. Solo qualche tempo dopo fu scoperta la causa di una tale illusione collettiva: la segale cornuta era infestata da un fungo parassita, il claviceps purpurea, ingrediente dal forte potere psichedelico contenuto anche nell’LSD. Ma com’è possibile che nessuno si sia accorto di nulla? Diciamo che la questione è alquanto delicata: la zona era, ed è tuttora, abbastanza lontana e geograficamente “appartata”, la popolazione constava di circa un centinaio di persone e, per di più, il pane era la fonte principale di sostentamento. Non era così semplice razionalizzare l’accaduto, soprattutto perché assumere droghe inconsapevolmente produce effetti molto più incontrollabili. La situazione tornò alla normalità solo dopo qualche decennio, quando il luogo cominciò a diventare una meta turistica. Per ironia della sorte, furono proprio dei gruppi di viaggiatori hippie a realizzare per primi cosa stava succedendo. Colapesce e Dimartino si recano sull’isolotto proprio per gustare queste pagnotte allucinogene: cosa che, fortunatamente, oggi è possibile fare solo al cinema. Il luogo dove le leggende sono ancora in grado di sopravvivere.

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