Se vi dicessero che la libertà intellettuale e spirituale di cui l’Occidente si fa orgogliosamente vanto è figlia dell’intuizione di un tipografo tedesco della metà del ‘400, ci credereste? E se vi svelassero che la storia di noi moderni comincia grazie ad un puntone da orefice, ad una matrice ed a un libro, sapreste riannodarla fino a quel momento così cruciale? «Oggi l’atto del leggere è così naturale che quasi non ci rendiamo conto di tutti gli avvenimenti che hanno permesso di arrivare a questo punto. Quando Gutenberg e i suoi collaboratori diedero vita alla celebre Bibbia a 42 linee, il risultato non rappresentò soltanto una rivoluzione strettamente metodologica e progettuale – tanto che i professionisti dell’editoria contemporanea devono ancora molto a quel genere di impostazione delle griglie e delle marginature – ma anche e soprattutto la definitiva e autentica riappropriazione che l’uomo fece della sua creatività».

Nel racconto di Luigi Ugolini, visual designer catanese autore di pregevoli pubblicazioni sul tema, l’arte tipografica si mostra in tutte le sue nobili sfaccettature. Come l’unione irripetibile di pregio estetico, sapienza tecnica e sensibilità. Come compimento di un piano partito da lontano e per questo ancora indelebile. Sulla scia di questa consapevolezza, del resto, ha voluto che l’evento di cui sarà curatore e principale relatore sabato 17 settembre presso la Società Storica Catanese recasse come titolo La tipografia e il tempo della libertà. «Credo sia importante sottolineare – afferma soffermandosi sulle ragioni che lo hanno condotto a tale scelta programmatica – come il lavoro di Gutenberg sia strettamente collegato all’operato di Martin Lutero. Non è casuale, infatti, che il primo volume ad essere stampato con caratteri mobili sia stato proprio la Bibbia. Il libro per eccellenza, il libro più speciale che sia mai stato scritto, fino a quel momento ad esclusivo appannaggio dei ministri della Chiesa cattolica, che ne comunicavano il contenuto al popolo soltanto attraverso la loro interpretazione o la traduzione figurativa degli artisti». Una dimensione che venne stravolta dall’inedita possibilità popolare di accedere al testo scritto: «La subordinazione degli strati più bassi della società, di quell’intera generazione, nasceva da questa mancanza. Ma grazie a Gutenberg, a Lutero e alle prime grandi stirpi di tipografi che si trasferirono in Nord Europa per sfuggire alla censura, dagli Elzevier ai Plantin, la parola scritta, e soprattutto la Parola di Dio, divenne di tutti. L’editoria, con la produzione sempre più massiccia di libri e delle prime enciclopedie, conobbe una grande evoluzione e lo stesso valse per il popolo, sia dal punto di vista economico che culturale. La libertà spirituale cominciò ad andare di pari passo con la libertà di pensiero».

L’ARTE DEL GESTO. La diffusione della stampa, insomma, contribuì a plasmare il volto del mondo che oggi conosciamo. A rendere pervasiva la diffusione dei saperi, anche di quelli più osteggiati. Un salto in avanti che, all’epoca, dovette apparire tanto incredibile quanto il progresso del digitale che contraddistingue il nostro tempo e che, inevitabilmente, ha finito per dare la sensazione che il mestiere del tipografo, almeno nella sua forma originaria, sia stato oramai definitivamente soppiantato. Tuttavia, secondo Ugolini, un peccato di superficialità accompagna questo convincimento: «La creazione di un carattere tipografico ha alla base l’incontro tra conoscenza e pratica, è qualcosa di artigianale e, come tale, espressione profonda dell’interiorità dell’uomo. Non può, questa espressività, essere equiparata al digitale, che è una forma meccanica, per quanto impostata da mano umana. Il gesto tipografico è unico, un po’ come quello pittorico. È legato all’emozione, allo stato d’animo che accompagna il suo essere impresso». Vale la pena, quindi, nell’epoca in cui il concetto dello stampare ha subito un forte deterioramento semantico, al punto da essere associato ad una riproducibilità priva di ogni estetica, riaccendere i riflettori sull’importanza di un’arte che ha ancora molto da dire, soprattutto ai giovani. Un intento che l’evento di dopodomani vuole mettere in evidenza: «Sono convinto che sia necessario mostrare ai giovani cosa significhi accompagnare l’intelletto con il lavoro delle proprie mani, senza che il tasto di una stampante li privi del piacere di compiere un’esperienza personale». Per questo, a margine della manifestazione, sarà presentato il workshop La wood typography, rivolto ai ragazzi provenienti dalle accademia che potranno cimentarsi nella creazione di un proprio, nuovo carattere tipografico o di un prodotto editoriale. Ed imparare a diventare efficaci comunicatori.

TIPOGRAFIA BATTE INFODEMIA. Nell’era dei social e delle campagne comunicative improvvisate, infatti, l’esempio dei grandi maestri del passato più o meno recente può aiutare a mettere ordine in un ambito che, sempre più spesso, sta perdendo di vista l’importanza dei fondamentali. Che sia inaspettatamente un’antica pratica a fare da antidoto all’attualissimo problema dell’infodemia? «Tipografia – spiega Ugolini – non equivale appena alla stampa di un prodotto. Piuttosto, è anche tutto ciò che sta dietro: lo studio di un segno, le caratteristiche in grado di rivelare la personalità di chi lo ha disegnato. Chi opera sul web, oggi, non solo non può fare a meno di curare la tipografia, ma anche di conoscerne la storia». D’altro canto, nell’epoca dell’approssimazione, della verità che non riesce mai ad apparire troppo diversa dal falso, le regole della progettazione tipografica possono venire in aiuto di tante figure professionali impegnate nel rapporto con il pubblico: «Ogni carattere, sin dalla sua forma, comunica qualcosa di preciso. Oggi troppo spesso assistiamo a delle disposizioni di informazioni errate, inserite in contesti non adatti. Il carattere va scelto in base a cosa e a come ho intenzione di comunicare. In questo, preziosa è la lezione del Bauhaus: la comunicazione più ficcante è quella che segue una logica di linearità e semplicità. E il beneficio sarà reciproco: sia per coloro che la producono sia per coloro che la ricevono». A cosa servirebbe la libertà che la tipografia ci ha donato, se non applicassimo i suoi criteri per produrre, nel tempo che guarda solo alla quantità, una qualità capace di esprimere dei valori?


L’EVENTO

Sabato 17 settembre, alle ore 18, oltre al dott. Luigi Ugolini, interverrà la Società Storica Catanese anche la prof.ssa Lina Maria Ugolini, scrittrice, drammaturgo e musicologa. Tra una relazione e l’altra, spazio alle letture dell’attore e regista Gianni Salvo. Nel corso del dibattito è previsto anche un intermezzo musicale a cura del violinista Isidoro Cavallaro. A conclusione della serata, una visita guidata al museo della Società Storica Catenese.

Il nostro impegno è offrire contenuti autorevoli e privi di pubblicità invasiva. Sei un lettore abituale del Sicilian Post? Sostienilo!

Print Friendly, PDF & Email