Si dice proprio così, “Un’immagine vale più di 1000 parole”. Nessuno sa se sia un modo di dire generico, oppure faccia riferimento a qualcosa scritto veramente da qualcuno nel passato.

Gli amanti delle ricerche storiche in effetti hanno trovato una frase risalente a Confucio che recita all’incirca così “Vedere una volta è meglio che sentire cento volte!”. E gli amanti dei bit hanno valutato che una parola contiene in media 5 bytes, mentre ogni singolo pixel di un’immagine a colori richiede in media 3 bytes. Ma le immagini che oggi produciamo con la fotocamera del nostro cellulare contengono diversi milioni di pixel (il che spiega perché la memoria di ogni cellulare, per quanto di qualità elevata, si riempia rapidamente!). Sembrerebbe dunque che un’immagine valga non appena 1000 parole, ma alcuni milioni di parole, almeno in termini informatici. Che il modo di dire iniziale sia stato enormemente sottostimato?

È certo, tuttavia, che il potere delle immagini supera enormemente quello delle parole dette o scritte, nel presentare l’evidenza di un fatto, di un aspetto della realtà. Un’immagine sintetizza spesso una conoscenza complessa, che sarebbe estremamente difficile ridurre ad una descrizione – per quanto dettagliata – dell’oggetto stesso. E questo vale per le immagini scientifiche, come quelle che il nuovo telescopio James Webb sta iniziando a regalarci, ma anche per le immagini tipiche della diagnostica medica, come ad esempio una TAC, o per le opere d’arte pittoriche.

Se volessimo provare a descrivere – usando solo le parole – la “Gioconda” di Leonardo, o l’immagine del residuo dell’esplosione di una supernova, non daremmo, pur usando centinaia di pagine, che una pallida idea della realtà complessa di questi due affascinanti, per quanto diversi, aspetti della realtà.

L’immagine, dunque. È proprio sul ruolo dell’immagine nella conoscenza scientifica che è centrata la Mostra In Oculis Facta, realizzata quest’anno dall’Associazione Euresis e che sta per essere esposta dal 20 al 25 Agosto in occasione dell’edizione 2022 del Meeting di Rimini, dal titolo emblematico Una passione per l’uomo. Una Mostra che si rifà alle parole di Teilhard de Chardin: «La storia della scienza naturale può essere riassunta come l’elaborazione di occhi sempre più perfetti entro un cosmo nel quale c’è sempre qualcosa di più da vedere».

La dinamica del cammino scientifico, negli ultimi decenni in particolare, ha generato immagini sempre più accurate e dettagliate della realtà, che hanno svelato ai nostri occhi aspetti della natura prima inaccessibili, sia nel mondo microscopico che in quello macroscopico, e che hanno consentito in molti casi anche interpretazioni e comprensioni nuove di quel frammento di realtà che l’immagine ci presentava. Le immagini sono divenute così una componente essenziale della conoscenza scientifica, tanto da richiedere metodi, algoritmi, tecniche specifiche per la realizzazione dell’immagine stessa, poi per la sua elaborazione e per la sua corretta interpretazione.

Due in particolare, e non a caso, i settori su cui si è puntata l’attenzione dei curatori di questa Mostra: quello dell’universo – nel suo duplice aspetto microscopico, delle particelle elementari, e macroscopico, della struttura astronomica su grande scala del cosmo – e quello del corpo umano, con la sua stupefacente complessità, di cui le immagini, dalle singole cellule all’imaging dell’intero organismo, ci lasciano appena intravedere qualcosa che si rivela sempre più profondo.

Questa in fondo la domanda che permane, anche dopo aver compreso e valorizzato l’enorme potere delle immagini: se l’immagine di un frammento di realtà sia esaustiva dell’intera realtà di quell’oggetto o se anch’essa si rivela provvisoria e frammentata, rimandandoci a qualcosa più in profondità, che neppure la più perfezionata delle immagini riesce pienamente a cogliere.

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