«Cantare a casa è sempre un onore, ma anche un onere. C’è l’aspettativa delle persone care, ma anche un po’ di campanilismo». Così il soprano catanese Daniela Schillaci spiega l’effetto del fattore emotivo sul suo debutto (stasera 1 dicembre) al Teatro Massimo Bellini di Catania nel ruolo di Violetta in una messa in scena a firma del regista tedesco Henning Brockhaus. Un ruolo, quello della protagonista della “Traviata”, che la cantante ha interpretato tante volte in importanti teatri italiani ed internazionali.

«Negli ultimi quindici anni – racconta – ho avuto esperienze diverse: da quelle con regie molto statiche ad altre più dinamiche. Ad esempio, a Catania qualche anno fa tiravo calci e pugni ai bicchieri durante la cabaletta. La chiave di lettura di questa mia “ultima Violetta” è il mio bagaglio personale. Ogni soprano ne dà una lettura diversa sulla base della propria vita. Se queste opere, rappresentate ripetutamente da oltre cento anni, continuano a mantenere la loro magia è perché i personaggi crescono insieme agli interpreti». Schillaci spiega anche come alcuni cambiamenti alla propria tecnica vocale abbiano influito il suo approccio alle pagine verdiane: «Sono passata dal repertorio del lirico giovane a un drammatico di agilità, quindi è cambiato il mio modo di affrontare le asperità della prima aria: se prima le affrontavo con leggerezza, oggi con drammaticità». Un’enfasi ulteriormente accresciuta dalle scelte musicali del direttore José Cura: «Tutta la sua lettura – racconta ancora la cantante – fa trasparire l’emozione e la tensione dei personaggi. Sentirete un’orchestra con dei colori meravigliosi. Anche i tempi sono un po’ più serrati, perché Cura ha voluto ripulire l’opera da troppa tradizione, quindi magari abbiamo qualche rallentato in meno, ma sempre in un rispetto profondo per il volere verdiano». Una visione condivisa anche da Brockhaus: «È la Traviata più romantica degli ultimi quindici anni», afferma il soprano. Una regia che appassionerà gli amanti delle messinscene tradizionali. «Mi piace l’idea di fare una Traviata e non dover morire sulla panchina di una stazione. Ho visto produzioni del genere che vengono definite “moderne” ma, secondo me, perdono di poesia». 

Una lettura fedele che, secondo la cantante, riesce comunque a trascendere il contesto storico dell’opera verdiana e a parlare al pubblico odierno di temi attuali.  «Ci troviamo di fronte a un femminicidio morale – afferma Schillaci -:  Violetta è una vittima della società parigina, una vittima del sistema. D’altronde, chi non lo è? Anche oggi lo siamo tutti». Così si spiega la scelta di proporre un allestimento ormai divenuto “classico”. A dominare la scenografia, ideata per la prima volta nel 1992 da Josef Svoboda per uno spettacolo a Macerata firmato dallo stesso Brockhaus, ci sarà uno specchio che riflette il pubblico e simboleggia la società che crudelmente ha ucciso Violetta. «Pensiamo di esserci evoluti – prosegue – ma io non ne sono tanto convinta. Se un ragazzo prova a portare a casa una prostituta, come reagiscono i suoi genitori?». 

A gennaio, Schillaci sarà protagonista dello spettacolo che inaugurerà la Stagione 2024 del teatro etneo: «Prossimamente sarò Turandot, un personaggio completamente diverso da Violetta: forse Turandot è più moderna, perché la donna di oggi ha molta più paura di lasciarsi andare nei sentimenti, perché la società ci impone di stare più attente».

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