Dolore d’artista, sguardo da guerriera: a Palermo Frida Kahlo in cento scatti

Frida Khalo è stata un’artista mai banale. Intellettuale sofisticata, brillante, politicamente impegnata, bisessuale, libera, ribelle e profondamente legata alle sue radici. Ripercorrere la sua vita è un’operazione tutt’altro che semplice. La mostra fotografica Frida Kahlo. Una vita per immagini – a cura di Vincenzo Sanfo,  promossa dal Comune di Palermo e organizzata da Civita Sicilia in collaborazione con Rjma Progetti Culturali – visitabile alla GAM di Palermo fino al prossimo 3 marzo 2024, si propone di farlo attraverso un centinaio di scatti. Un “album fotografico” di altissimo livello che ripercorre la vita intera della straordinaria artista attraverso i suoi frammenti più significativi. Dall’infanzia e la giovinezza, ritratte dal padre Gulliermo, alle varie fasi della sua vita, immortalate da alcuni maestri della fotografia del primo Novecento: Leo Matiz, Imogen Cunninghan, Edward Weston, Lucienne Bloch, Bernard Silbertein, Manuel e Lola Alvarez Bravo, Nickolas Muray e altri ancora.

Il dolore immortalato. Nella generosa produzione pittorica dai contenuti autobiografici,  Frida Khalo non risparmia di mostrare il dolore senza veli del suo corpo, e la fragilità che questo umanamente suggerisce. Un corpo martoriato dalla poliomielite nell’infanzia, dal terribile incidente nella sua adolescenza e dagli innumerevoli interventi chirurgici, fino dall’amputazione di una gamba, nella sua età adulta. Un dolore che non ha mai paralizzato il suo spirito o la sua creatività, neppure nei lunghi periodi in cui l’artista era costretta a letto.  Ha dipinto anche da quella posizione con l’ausilio di uno specchio, ha decorato i busti di gesso che le costringeva il petto, ha partecipato alla sua prima mostra personale in Messico facendosi trasportare su un letto. Di questa indole guerriera sono emblema gli scatti del padre Guillermo Frida Khalo, negli scatti del padre Guillermo, con lo sguardo duro e fiero per mostrare al mondo la sua essenza di guerriera.

In alcune delle foto esposte la vediamo con indosso il Rebozo, tipico scialle delle contadine combattenti nella rivoluzione messicana, o con il velo tehuana, tipico dell’etnia zapoteca

Il Messico di Frida Khalo. Particolarmente intenso il rapporto con il suo Paese. Cresciuta nel mito di un Messico rivoluzionario, Frida Khalo ha raccontato spesso di essere nata nel 1910, anziché nel 1907, per rendere omaggio ad una data fondamentale per la storia della sua terra, la cui tradizione entra prepotentemente nei suoi autoritratti. E così anche in alcune delle foto esposte la vediamo con indosso il Rebozo, tipico scialle delle contadine combattenti nella rivoluzione messicana, o con il velo tehuana, tipico abbigliamento dell’etnia zapoteca, o con lo huipil e la lunga gonna bordata di bianco con la riproduzione di fiori coloratissimi e impreziositi da gioielli unici, spesso da lei realizzati con reperti archeologici pre-colombiani. Un’immagine di sé, molto amata dal marito Diego Rivera, che Frida dava al mondo e che non voleva essere semplicemente una esperienza estetica.

Non solo bianco e nero. L’ambizione di questa mostra tuttavia, va ancora oltre. Per dirla con le parole del curatore Vincenzo Sanfo si prefigge di raccontare «le sue esperienze di vita, i suoi amori, le sue passioni, la sua fierezza di donna indomita, che combatte in egual misura le sue malattie, le sue infermità i suoi amori. Che ci mostra una donna che lotta per affermare la sua identità e la sua autonomia, sia umana che intellettuale (…) in cui il suo volto, ci parla, ci attrae, raccontandoci dei suoi umori, delle sue passioni, della sua eleganza e della sua visione della vita”». Ecco allora susseguirsi una sequenza di scatti in bianco e nero dai rivoluzionari messicani del 1910 alla morte dell’artista nel 1954. Ma anche esplosioni di colori, quelli di Frida, saturi di radici, anima, passione, rabbia, dolore, vita… i colori di casa cazul, la casa dove l’artista visse più a lungo, oggi museo per volontà di Diego Rivera. 

La nudità dell’autentico, senza possibilità di posa alcuna. Due fotografie in particolare esaudiscono, laddove ci sia, il disperato desiderio di “spontaneo”.  La terzultima del percorso espositivo, scattata da Hector Garcia nel 1950, dove Frida tradisce una impercettibile smorfia di dolore che le disegna una umana riga di espressione sulla fronte. E l’ultima, quella che Àlvarez Bravo ha voluto scattarle ormai esanime sul suo letto di morte, la nudità dell’autentico, senza possibilità di posa alcuna.  Ad impreziosire l’esposizione, infine, un gruppo di piccole fotografie molto intime di Frida, scattate dal gallerista Julien Levy e Friduche, una scultura luminosa di Marco Lodola in omaggio a Frida Kahlo.


EVENTI SPECIALI

Domenica 7 gennaio alle 10:30 Visita gioco su prenotazione per bambini dai 6 ai 10 anni dal titolo Ri-leggendo Frida! Lettura di un libro illustrato su Frida a cui far seguire una visita a misura di bambino della mostra, per finire con la realizzazione di un colorato collage materico ispirato alla grande artista messicana. Durata 60 minuti.

Domenica 7 gennaio alle 11:30 e alle 12:30 Visita guidata su prenotazione alla mostra Frida Kahlo. Una vita per immagini. Un suggestivo viaggio nel Messico rivoluzionario, culla dell’indomito spirito di Frida Kahlo e delle istanze artistiche che ha rappresentato e che ancora rappresenta per noi: attraverso oltre cento scatti d’epoca, realizzati dal padre e dai più grandi fotografi del suo tempo, ripercorriamo le vicende di un’artista straordinaria. Durata 60 minuti.

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